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La scienziata che ascolta i buchi neri è italiana, ma lavora in …Germania

Premiata per la prima volta un’italiana, Alessandra Buonanno, con la medaglia Dirac per gli studi sulle onde gravitazionali.

Lureata in fisica teorica all’Università di Pisa nel 1993, dopo un breve periodo al CERN, nel 2014 è stata nominata co-direttrice dell’Istituto Max Planck per la fisica gravitazionale (Albert Einstein Institute) di Potsdam, dove dirige il Dipartimento di Relatività Astrofisica e Cosmologica.

È docente presso l’Università del Maryland dal 2005, e, dal 2017, ha cattedre onorarie presso l’Università Humboldt di Berlino e l’Università di Potsdam.

Le sue ricerche sui modelli di relatività analitica e relatività numerica sono state impiegate dall’osservatorio LIGO per osservare per la prima volta, nel 2015, le onde gravitazionali prodotte dall’unione di un sistema binario di buchi neri, deducendo le loro proprietà astrofisiche e cosmologiche.

Per tali ricerche ha ottenuto nel 2021 la medaglia Dirac, assieme ai fisici Thibault Damour, Frans Pretorius e Saul Teukolsky: per la prima volta tale premio viene assegnato ad una donna italiana, nonché seconda donna in assoluto.

L’Italia ha perso nel 2020 circa 30.000 ricercatori mentre alla stessa data ne sono importati solo 3.000. D’altronde il programma “Rientro dei cervelli” (D.M. 13/2001) nato nel 2001 per facilitare il ritorno dei ricercatori italiani dall’estero e per incoraggiare quelli stranieri a lavorare in Italia è stato un vero fallimento.

I nostri ricercatori che lavorano all’estero utilizzano meglio il titolo di studio, ottenendo più spesso posti di lavoro permanenti e incarichi migliori, di solito in università e istituti di ricerca, e ricevendo uno stipendio mensile netto mediamente superiore.

Inoltre, sono molto soddisfatti per il prestigio ricevuto dal loro lavoro, le opportunità di carriera, il salario, il tipo di contratto, il senso di indipendenza e libertà. Non sorprende, quindi, che più del 50% dei giovani laureati emigrati all’estero non intenda tornare più in Italia.

Ora ci sarebbe il famoso Piano Nazionale di Resilienza e Rilancio, che, tuttavia, andrebbe meglio indicato come il piano di restaurazione nazionale della ricerca baronale e asservita all’impresa. Si, perché altro non è che la riproposizione di politiche vecchie ma con molte più risorse.

Nel PNRR qualsiasi misura è rivolta a favorire lo sviluppo tecnologico e l’innovazione nell’impresa. Le stesse istituzioni pubbliche della ricerca, atenei ed EPR, vengono messe totalmente al servizio della ricerca privata.

Siamo di fronte al progetto di totale estinzione della ricerca pubblica rivolta al bene comune.

Non è bastata l’esperienza della pandemia che stiamo pagando carissimo, prima di tutto per una sanità tagliata, privatizzata e regionalizzata, e poi perché ostaggio delle industrie farmaceutiche e dei loro brevetti su vaccini realizzati peraltro con l’importante sostegno di fondi pubblici. Esempio chiarissimo di come la ricerca privata non abbia mai ricadute positive per la popolazione.

Intanto, a fine luglio, il ministro Messa ha predisposto l’espulsione di più di 500 stabilizzandi. Sono stati così scippati 12,5 milioni ai fondi votati dal Parlamento

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1 Commento


  • Andrea Bo

    Subiamo le scelta di gente squallida.

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