Le polemiche sorte per la manifestazione pro Palestina per il 30 novembre hanno evidenziato quanto il problema del sionismo coinvolga non solo i palestinesi che vivono tra noi, ma anche la sinistra italiana.
Specularmente, anche se poco discusso, il sionismo mette a nudo le contraddizioni del mondo ebraico italiano, ma anche di chi è italiano ma non è israelita.
La manifestazione del 30 novembre avverrà, inoltre, subito dopo il mandato di arresto per genocidio a Netanyahu e Gallant, mandato rifiutato dai leader occidentali, i quali mettono in mostra davanti al mondo il loro falso e ipocrita doppio standard sulla giustizia e che accelera, di conseguenza, l’implosione dello Stato razzista dei sionisti.
Inizio per primo a discutere riguardo i palestinesi e le loro divisioni, per gli ebrei italiani ne parlo in una seconda parte successiva.
Lo scheletro nell’armadio dei palestinesi in Italia è quale considerazione dare alla ANP per il suo ruolo in West-banck e quindi quale rapporto avere con i palestinesi che nel nostro paese fanno riferimento ad esso.
L’accusa grave e velenosa mossa dalla fazione opposta all’ANP è quella che la ANP è collaborazionista in Cis-Giordania con i genocidi sionisti (e quindi di reprimere la resistenza) e di conseguenza tale parte è visceralmente contraria agli “accordi di Oslo”.
Riguardo agli “accordi di Oslo”, io penso che essi siano morti e sepolti insieme a Ytzach Rabin, assassinato da un sionista (anche Arafat, assassinato probabilmente con il polonio): la formula “due stati per due popoli” è una menzogna diplomatica perché sono i sionisti i primi a non volerla.
Perché, allora, la ANP reprime i resistenti?
Vi possono essere varie spiegazioni, quella maligna è che la ANP vuole mantenere i suoi piccoli previlegi e guadagni economici mantenendo uno status-quo di sudditanza rispetto ai sionisti, oppure che nel mantenere un odio competitivo con Hamas preferisca appoggiarsi e farsi sostenere dai sionisti; in alternativa la dirigenza ANP non vuole dare alcun pretesto ai genocidi sionisti per implementare in West-bank quello che è attuato ampiamente a Gaza (un genocidio) e di conseguenza ha scelto di arrestare e impedire atti di resistenza che tale pretesto permetterebbero.
Che vi sia la possibilità di un pretesto dei sionisti per attuare il genocidio in Cis-Giordania è già evidente, dopo le notizie che il governo Netanyahu sapeva mesi prima dell’azione di Hamas attuata il 7 ottobre 2023, ampliata volutamente con la “direttiva Hannibal” proprio per presentarsi come vittime e poi attuare il genocidio.
La mia valutazione è che comunque i sionisti avrebbero costruito una provocazione per attuare il genocidio a Gaza e quindi i palestinesi, comunque, devono attrezzarsi per difendersi dai sionisti, condizione che comunque arriverà anche in West-banck e di cui ANP deve essere ben consapevole: sono sicuro che i sionisti hanno già piani strutturati per eliminare fisicamente i gendarmi dell’ANP, per loro un pericolo, e come si preparano per tempo per questo, come è successo per i walkie-talkie e i cercapersone di Hezbollah, che evidentemente è stata organizzata molti anni prima.
I palestinesi in Italia, invece di accapigliarsi tra loro, devono esortare chi è in Cis-Giordania a organizzarsi per opporsi e a ricomporsi a un prossimo e sicuro atto genocida dei sionisti.
Credo che parte della rabbia tra i gruppi palestinesi, ma anche degli aderenti di sinistra che criticano con livore la ANP, sia legata alla rabbia di assistere impotenti al genocidio dei gazawi, ma la rabbia è una cattiva consigliera perché porta a prendersela con soggetti diversi che i genocidi sionisti.
L’altra faccia del problema in Italia sono i vari gruppi politici.
Del sostegno senza se e senza dei post-fascisti e razzisti vari ne parlo in una seconda parte in merito al rapporto con il nostro ebraismo.
I gruppi politici di sinistra possono essere divisi in due grandi fazioni.
Gli “istituzionali”, come gli atlantisti PD e i socialdemocratici di AVS, nel loro atteggiamento “buonista” respingono come inaccettabile ogni azione attuata da Hamas (e avere orrore di un appoggio di Hamas) quasi che i palestinesi dovessero allo stesso momento difendersi da sionisti e Hamas e così, di fatto, negare ai resistenti di Gaza una possibilità di difendersi, e quindi appoggiare e dichiarare legittimo solo la ANP e i suoi rappresentanti.
Nel campo della sinistra antagonista esiste un miscuglio di posizioni barcollanti tra il volere essere in rapporto con la ANP e/o con le posizioni e gruppi filo-Hamas, con la conseguenza di vedersi tirati verso una fazione o l’altra.
Credo che queste contraddizioni nella sinistra conflittuale nascano da una non compiuta analisi di cosa sia in atto nella guerra di resistenza palestinese.
Sfortunatamente noi italiani, anche se comunisti e marxisti, scontiamo l’essere invischiati nelle ideologie “occidentali” e le loro certezze: noi il bene e gli altri che non lo seguono sono barbari (Borrell va ringraziato per la sua frase che esprime il limpido razzismo dei leader occidentali e di cui dobbiamo emendarci).
Io penso che dobbiamo fare delle distinzioni a priori: esiste la “lotta di liberazione” che è quella promossa dai comunisti (società socialista, laica, tollerante, eccetera) e poi la lotta di decolonizzazione, che vuole interrompere un regime coloniale.
Le due lotte possono essere coincidenti (Cuba, Viet-Nam), parzialmente miste (Algeria) o solo di decolonizzazione (Iran).
I palestinesi tramite Hamas, la mia opinione, è lotta di decolonizzazione, ma non per questo con meno dignità e per tale va riconosciuta.
Il 7 ottobre 2023, comunque, è stato un evento fondamentale non solo per la resistenza palestinese ma anche per noi (e anche per me) perché ha rotto molti non detto e molte visioni ideologiche standardizzate, mostrando i sionisti nella loro vera natura di genocidi e razzisti assoluti.
La morte eroica di Yahya ha permesso (anche a me) di conoscere chi era veramente e la sua dignità, per nulla fanatico ma resistente, del suo pensiero: a farlo diventare un esempio eroico ci hanno pensato stupidamente gli stessi sionisti filmandolo come sino alla fine ha resistito e nel fargli l’autopsia scoprendo che non mangiava da 72 ore: i commenti sionisti erano spavaldi perché si vantavano che i palestinesi affamati fossero vicini a soccombere, mentre invece Sinwar è morto combattendo nonostante la fame e senza privilegi, senza sottrarre cibo alla popolazione gazawi.
Questa analisi non fornisce soluzioni ma spero serva per sostenere meglio la lotta dei palestinesi.
In un successivo articolo valuterò circa gli ebrei italiani e il loro rapporto con il nostro e loro paese.
* Collettivo Palestina Roma-Trullo
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