Sabato 11 febbraio, in occasione della "giornata del ricordo" (che in realtà occorre il 10 Febbraio), per le vie della città di Siena, così come in numerosissime altre città italiane, si è svolta la consueta sfilata colma di bandiere tricolore. Sono oramai più di dieci anni che in questa data si svolgono in tutta Italia questo genere di manifestazioni, così pulite e patriottiche che secondo gli organizzatori si tratterebbe di momenti al di là di partiti e ideologie.
Ci si chiederà adesso dove stia il problema: è un problema se alcune persone, più più attente alle vicende dei propri connazionali di altre, decidono di manifestare in ricordo dei morti italiani della seconda guerra mondiale?Probabilmente no, ma purtroppo non è questa la vera funzione di questi eventi. Il problema non risiede nel voler esercitare la memoria ma nel perchè la si esercita e nel come la si esercita. Per spiegare quelle che sono le nostre criticità inerenti alla "giornata del ricordo" dobbiamo rovesciare la domanda: a chi serve una giornata in cui si manifesta sventolando tricolori e ricordando esclusivamente i morti italiani? L'occupazione fascista dei territori jugoslavi significò la morte di più di 100mila persone la cui unica colpa era di essere di etnia slava (le leggi razziali fasciste non risparmiavano nessuno). Bisogna ricordare cosa significò il ventennio mussoliniano per il popolo slavo per esercitare una memoria completa ed oggettiva.
Quello che avvenne in Istria ci insegna che l'odio chiama odio e che anni di imposizione linguistica, subordinazione sociale e campi di concentramento non potevano rimanere privi di conseguenze: come tante volte nella storia, la reazione all'oppressione si abbatte anche verso chi non ha avuto una responsabilità diretta. A cosa serve invece ricordare i soli italiani? Serve a raccontare una storia parziale e ideologica, a fare sciacallaggio politico sui morti. La "giornata del ricordo" è sempre stata una richiesta di gruppi politici che non hanno mai nascosto il proprio voler porsi in continuità con quella che fu l'ideologia che animò il ventennio mussoliniano: ricordare i soli morti italiani non impartisce nessuna lezione morale ma serve solo a nascondere le atrocità commesse dai fascisti e a costituire un sentimento di rivalsa nazionalista rispetto ad una vicenda complessa. Gli organizzatori della manifestazione dello scorso sabato possono anche dichiarare di voler "ricordare i nostri connazionali trucidati, qualsiasi fosse il loro ceto sociale e credo politico" come se questo significasse che la "giornata del ricordo" vada posta al di sopra delle dispute politiche e ideologiche o che comunque non debba essere materia di dibattito pubblico; tuttavia, va ribadito come l'impiegare barriere nazionali anche per discriminare i morti del passato significa esattamente fare politica e rivelare la propria natura di destra nazionalista e neofascista. I camerati di Casaggì e Fratelli d'Italia potranno anche lamentarsi se l'Anpi legittimamente chiede alle istituzioni di far rispettare la Legge Scelba e la Legge Mancino, ma urlando per le strade di Siena, sopratutto in Piazza del Campo, "boia chi molla" rivelano esattamente la loro natura di ratti fascisti che, in quanto tali, dovrebbero essere perseguiti dal nostro Stato, sulla carta, ancora costituzionalmente antifascista.
Ecco, è per tutti questi motivi che una Siena antifascista si è dovuta manifestare e mobilitare. Perché la memoria storica e la sua diffusione non può che essere antifascista. E' al grido di "NOI RICORDIAMO TUTTO" che le persone si sono riunite, per ribadire che per l'ignoranza non c'è spazio a Siena, che chi specula sull'assenza di memoria storica e sui morti non deve trovare nessuna legittimità. Ed è da questa data e incontro che siamo intenzionati a ripartire, per riportare nel territorio del comune di Siena e della sua provincia, ma anche in tutta la toscana e l'italia, un percorso aperto e orizzontale sull'antifascismo che possa coinvolgere chiunque non tollerì la ricomparsa di molteplici soggetti politici neofascisti (CasaPound, Casaggì, Forza Nuova).
Se le istituzioni non si caricano sulle spalle la responsabilità di fare antifascismo, vorrà dire che l'antifascismo ripartirà dal basso. Ed è lì che ci troverete!
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