Giovedì 2 marzo a Napoli si è svolta la riuscita assemblea cittadina contro la repressione. Circa 70 i partecipanti tra singoli attivisti e rappresentanti di organismi di lotta politici, sindacali e di movimento. Tra i partecipanti anche compagni/e provenienti da Roma e Torino.
Nello stesso tempo proprio a Napoli si riuniva il massimo livello dei rappresentanti degli apparati repressivi che costituiscono il Comitato per l’ordine e la sicurezza locale (Il Ministro degli interni Marco Minniti, il capo della Polizia Franco Gabrielli, il nuovo Questore di Napoli Antonio De Ieso, il Prefetto Carmela Pagano, il Sindaco e il Presidente della Regione Campania). Lo scopo della riunione è stato chiaramente l’attuazione, nell’area metropolitana di Napoli, delle nuove misure repressive varate dal governo Gentiloni su “sicurezza urbana e controllo dei flussi migratori”.
I 15 interventi che ci sono stati e il dibattito ricco che ne è conseguito è stato preceduto dagli interventi dei promotori dell’iniziativa (Laboratorio Politico Iskra, Rete dei Comunisti e Laboratorio Comunista Casamatta). Questi hanno bene evidenziato la repressione come fattore intrinseco alla lotta di classe e in quanto tale strettamente connesso allo sviluppo della crisi del sistema capitalista e di contro alle lotte politiche e sociali che ne derivano.
E’ stato rimarcato che l’assemblea non è stata concepita e costruita come evento episodico, come qualcosa che nasce sull’onda emotiva degli ultimi avvenimenti repressivi gravi che si sono verificati nel nostro paese (atti repressivi di poche settimane fa relativi al SI Cobas di Modena e agli studenti universitari di Bologna ma è in tutto il paese che si registra un aumento di provvedimenti ed interventi atti a criminalizzare tutte le espressioni di dissenso e conflitto)
Questa assemblea scaturisce invece dalla riflessione maturata tra più soggetti sulla situazione generale e dalla necessità di affrontare e assumere in modo stabile e continuativo la lotta alla repressione come un terreno della lotta di classe che mano a mano va evolvendosi in relazione alla crisi del sistema economico e sociale borghese.
La situazione è tale che occorrono risposte unitarie a tutto campo. La repressione non può essere affrontata in condizioni di divisioni interne al movimento, in modo sporadico e isolatamente. Al contrario le azione repressive vanno assunte in termini di contrattacco politico collettivo, con prese di posizioni pubbliche articolate su vari livelli, a partire dalle aule dei tribunali, nelle piazze e con ogni mezzo di comunicazione di massa. È stato evidenziato come l’attenzione e il monitoraggio degli appartati dei servizi segreti (vedi anche l’ultima relazione annuale) si concentra sulle lotte sociali e le aree politiche e sindacali che sostengono e promuovono il conflitto di classe così tanto temuto dai poteri forti che non vogliono perdere il controllo della situazione.
In termini propositivi le strutture che hanno organizzato l’assemblea avanzano proposte per costruire un fronte comune di lotta articolando la mobilitazione contro la repressione in tutti i posti di lavoro, nei territori e nell’intera società. Occorre, quindi, seguire ogni processo giudiziario in cui sono coinvolti attivisti, militanti, avanguardie o semplici partecipanti alle lotte sociali e politiche per dare il massimo del sostegno politico e pratico. Occorre un costante monitoraggio degli episodi repressivi e di tutte le misure liberticide che si mettono in atto. Nel contempo – rompendo il pesante silenzio che esiste su queste questioni – occorre assumere una posizione critica chiara contro le misure repressive massime come la tortura dell’isolamento carcerario rappresentata dal 41 bis e sulla scandalosa mancanza di una legge che punisce chi pratica la tortura. Bisogna rilanciare la rivendicazione che impone l’obbligo del numero identificativo degli agenti di polizia in tenute antisommossa i quali, come è noto, sono liberi di perpetrare impunemente pestaggi contro i manifestanti.
Tutti gli interventi che sono seguiti si sono mossi in questo quadro. Essi hanno arricchito l’esposizione con ulteriori argomentazioni che per la maggior parte dei casi si integravano tra loro.
Alfredo del Centro di documentazione e lotta Rosso 17 ha presentato la Campagna politica nazionale “Rafforzare e estendere Resistenza” (https://www.facebook.com/notes/rafforzare-ed-estendere-resistenza/rafforzare-ed-estendere-resistenza/257623497981484).
In particolare il compagno ha messo in risalto l’importanza della resistenza alla repressione come presupposto necessario per l’avanzamento delle stesse lotte. A questo proposito Alfredo ha sostenuto che sono stati esemplari i casi di Nicoletta Dosio e degli anarchici torinesi che hanno violato le misure restrittive delle libertà personali ottenendo il risultato di revoca del provvedimento giudiziario. Va da se che queste forme di resistenza alla repressione hanno possibilità di riuscita se hanno un reale legame con le lotte di massa come in questo caso quella relativa al NO TAV. Il compagno ha sottolineato pure l’importanza del legame che esiste e bisogna sforzarsi di intravedere tra la repressione delle lotte odierne con la realtà dei prigionieri politici storici che a loro volta rappresentano nella loro lunga resistenza carceraria importanti esperienze dei decenni passati.
Notevoli i contributi degli avvocati Alfonso Tatarano e Caterina Calia che da sempre sono impegnati nella difesa legale di militanti e attivisti colpiti dalla repressione. Il primo si è concentrato sulle novità del “Pacchetto Minniti”, in particolare sull’estensione della misura del Daspo contro i promotori e i partecipanti delle lotte sociale e politiche. Altrettanto interessante la riflessione di Alfonso a proposito di non ridurre la difesa degli imputati a mero aspetto tecnico legale, bensì creare sempre un movimento di massa di appoggio e rivendicazione delle ragioni sociali delle mobilitazioni attorno agli imputati.
Dall’altro lato la compagna Calia ha illustrato la situazione grave del permanere dell’uso del 41 bis per i detenuti politici. Tale misura repressiva massima è tesa all’annientamento dell’identità politica del prigioniero da un lato e dall’altro è di fatto una misura repressiva pesante usata come possibile deterrente contro i protagonisti dell’odierno conflitto sociale. La compagna ha dunque messo in chiaro che non è vero quanto dicono alcuni che la repressione attuale contro i movimenti non ha nulla a che vedere con la questione del 41 bis. Di fatto esiste un filo diretto tra le lotte sociali e la misura drastica dell’isolamento carcerario che il magistrato applica dopotutto anche in violazione dei principi costituzionali ancora vigenti. Vige quindi un uso dell’isolamento carcerario assoluto tutto politico. La via per contrastare tale abuso non è – esclusivamente – quella legale come dimostrano, purtroppo, i ricorsi falliti ma è, necessariamente, principalmente la mobilitazione popolare e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica.
In merito, poi, al “Pacchetto sicurezza” di Minniti che coinvolge in modo reazionario ancora di più i sindaci delle città, la compagna Calia dice che sarebbe interessante fare scoppiare contraddizioni con sindaci (come a esempio De Magistris) che presentano un profilo democratico e progressista.
Il compagno Mimmo della USB di Napoli ha contribuito al dibattito testimoniando come nel corso delle lotte sindacali i lavoratori e gli stessi sindacalisti combattivi sono oggetto di repressione. E come pure la repressione può presentarsi nell’operato dei sindacati che collaborano con il padronato ai danni dei lavoratori. Inoltre, il compagno dell’USB, ha ricordato che nei prossimi mesi ci saranno alcuni processi a Napoli dove sono imputati sia attivisti sindacali che compagni dei vari movimenti di lotta.
Il compagno Giacomo di Critica Comunista ha ripreso il ragionamento della lotta alla repressione che si esprime anche sviluppando la solidarietà con i prigionieri politici e a proposito del 41 bis ha ribadito che tale misura non è altro che tortura. Il compagno ha inoltre messo a fuoco la repressione che nei quartieri popolari si abbatte in particolare verso gli strati sociali extra legali impegnati per la loro sopravvivenza i quali non sono legati alle organizzazioni criminali.
Valter attivista vicino al SI Cobas ha focalizzato l’attenzione sul fatto che vi è una certa inadeguatezza nella risposta alla repressione. In particolare il compagno ha focalizzato l’attenzione della repressione rispetto alle sacche proletarie più emarginate, a quelle degli immigrati sfruttati e sottopagati. Il compagno richiama sulla violazione della legalità in relazione alla legittimità, propone che quanti si occupano di repressione debbono raccordarsi tra loro, valorizzare i contributi degli avvocati, creare delle casse si soccorso.
Il compagno Renato di Roma, disoccupato e occupante casa, segnala come sia importante procedere anche nel campo della lotta alla repressione con un processo unitario. Attualmente c’è divisione nei movimenti e questo non può fare che comodo allo stato borghese (dividi et impera). Ribadisce che la repressione è in stretto nesso con la crisi capitalista che avanza e che secondo una ricerca produrrà nei prossimi anni in Europa almeno 25 milioni di disoccupati. La tendenza del sistema borghese per il compagno è quella che va verso la guerra. Propone di portare il ragionamento della lotta alla repressione in occasione della prossima manifestazione del 25 marzo a Roma.
Francesco Esposito, un ex operaio licenziato, ha riportato con il suo intervento alla questione delle lotte dei lavoratori nelle fabbrica. Il compagno ha parlato delle repressione padronale e si domandava come reagire ad essa specie quando persiste un basso livello d coscienza tra gli operai.
Il compagno Adriano del Comitato di lotta per la Salute Mentale ha mostrato come anche i trattamenti psichiatrici coercitivi sono altrettanto forme di repressione sui soggetti proletari che vanno contrastati.
Infine è intervenuto un lavoratore di origine africana iscritto alla USB che ha trattato della repressione che si abbatte sugli immigrati che scappano dai territori di guerra e di miseria.
In conclusione con questa prima assemblea si sono voluti tracciare alcuni aspetti della repressione che tutti i partecipanti nella sostanza dicono che deve essere combattuta in modo unitaria, strutturato e continuativo.
I vari interventi si sono dichiarati d’accordo nel proporre un percorso unitario di lotta a partire dai territori, dalle città per arrivare a un momento di confronto nazionale. Affrontare politicamente i processi contrattaccando gli accusatori affermando la legittimità delle lotte anche quando violano la legalità borghese. Occorre che nell’organizzarsi contro la repressione dello stato che vuole distruggere le lotte sociali, si stabilisca anche un legame forte con la resistenza dei prigionieri politici di lunga data e di recente carcerazione, che si dia, anche come obiettivo immediato, la fine del regime di tortura rappresentato dall’applicazione persecutoria del 41 bis nei confronti di alcuni di essi e facendosi promotori di campagne specifiche di lotta sui vari aspetti dell’ordinamento giuridico e penale liberticida ed antisociale.
Gli appuntamenti in cui sperimentare una ripresa della lotta comune contro la repressione sono:
– Il processo penale che si terrà a Napoli il 31 marzo contro alcuni attivisti del movimento disoccupati napoletano che per l’occasione imposteranno un presa di posizione politica contro i propri accusatori che li criminalizzano;
– La manifestazione nazionale del 25 marzo a Roma contro le politiche di austerità e guerra dell’Unione Europea e della NATO;
– Stabilire un prossimo incontro di coordinamento locale per provare a pianificare un lavoro comune di medio periodo che tocchi tutti gli argomenti trattati. Procedere in un processo che deve culminare con un appuntamento nazionale con tutti coloro che sono d’accordo nella costruzione di un fronte comune di lotta di resistenza contro la repressione delle lotte. Un possibile sviluppo positivo può essere dato dai compagni che hanno proposto la campagna “rafforzare e estendere resistenza”.
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