Scuola di guerra in città di pace? Sembra proprio che a Napoli ciò sia possibile. Si perché la convenzione sottoscritta dal sindaco di Napoli De Magistris nel 2015, per la cessione della caserma Nino Bixio a Pizzofalcone al ministero della difesa permutandola con altro immobile ceduto dal ministero, sta entrando in fase operativa .
Il ministero già dal febbraio 2017 ha messo nero su bianco che in quella sede intende farci una scuola per ufficiali del nascituro esercito europeo ma ciò non ha impedito al sindaco qualche mese dopo, con tanto di voto del consiglio comunale, di dichiarare solennemente Napoli Città di Pace.
Una bella contraddizione a ben vedere. Soprattutto in un territorio come quello napoletano già soggetto a pesanti servitù militari. La grande base Nato presso il lago Patria a Giugliano fa già da comando operativo per l’intera europa.
Così ieri in una affollata assemblea pubblica presso Città del Sole a San Gregorio Armeno si è cercato di dipanare il filo di questa matassa.
Come è stato possibile tutto ciò? Invitato anche il sindaco per spiegare le sue ragioni ma De Magistris non si fa vedere. Sono presenti diversi consiglieri comunali di maggioranza e soprattutto Sandro Fucito ex rifondazione ora Sinistra Italiana, presidente del consiglio comunale ma soprattutto assessore al patrimonio nella precedente consiliatura.
Quello che salta subito agli occhi è l’approssimazione e la superficialità con le quali sono state condotte queste trattative col ministero. Da una analisi comparata dei testi della delibera di Giunta e di quella del consiglio comunale la frase “scuola ufficiali per esercito europeo” scompare. Una dimenticanza?, cattiva fede?
Ha in parte ragione Sandro Fucito quando ricorda che quella convenzione sia stata firmata nel periodo di maggiore difficoltà di De Magistris. Iter burocratico partito quando il sindaco addirittura era stato rimosso con atto prefettizio per la condanna al processo sull’inchiesta Why not. Trasformatosi in sindaco di strada e poi tornato al suo posto dopo l’accoglimento del ricorso.
Quello che però appare poco comprensibile è il perché così tardi ci si sia accorti del pasticcio combinato e perché non si è cercato di porre rimedio.
Sempre Fucito spiega che in fase di trattativa ci si è concentrati soprattutto sulle analisi di convenienza economica. Io do un immobile a te e tu dai un’immobile a me. Valutazioni di prezzo e valore hanno avuto la meglio sulle ricadute effettive che un’operazione del genere avrebbe prodotto.
La giunta comunale e il sindaco dichiarano la propria contrarietà a tale scuola bellica ma la frittata è fatta.
Appena alcuni giorni fa il neo ministro della Difesa, la grillina Trenta, ha esternato la propria gioia per l’operazione immobiliare e ha ribadito lo scopo di tale acquisto ministeriale.
La permuta è avvenuta e ha valore legale definitivo. L’unica cosa che si può fare per metterci una pezza è fare pressione sociale e politica per mutare la destinazione d’uso.
L’idea più gettonata nell’assemblea di ieri è quella di farne una scuola di mediazione diplomatica. Evitare i conflitti invece di guerreggiare insomma.
Ci sarà molto da fare nei prossimi tempi per il mondo pacifista e antimilitarista napoletano. Napoli è città di cultura e di pace e non deve essere città di guerra. In un periodo storico, tra l’altro, dove le aggressioni imperialiste nato si fanno ogni giorno più cruenti.
L’assemblea si chiude con l’indizione di un nuovo incontro a metà febbraio per decidere le conseguenti azioni di lotta.
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