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Procura e scienza confermano il legame tra la diffusione dei tumori e smaltimento illegale dei rifiuti

Anni? Almeno due decenni che i comitati parlano di questa verità. Poche le circostanze in cui tali rivendicazioni hanno avuto supporto scientifico. Ciò che ha mosso però negli anni tantissime persone verso una spinta organizzativa in difesa della salute è sempre stata una dannata consapevolezza popolare, figlia dell’esperienza vissuta sulla propria pelle, dai propri concittadini, dai conoscenti, dagli amici, dai parenti.

Dallo studio condotto dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, non emergono novità, se non prese d’atto di una situazione che di fatto ha già realizzato innumerevoli vittime, e che in diritto poco o nulla ha prodotto in risposta alle esigenze di vita di un bacino di centinaia di migliaia di persone.

I numeri parlano chiaro: 2767 siti di smaltimento illegale dei rifiuti in 38 Comuni. Più di un cittadino su tre, circa il 37% dei 354mila residenti nei 38 centri, vive ad almeno cento metri di distanza da uno di questi siti, dai quali si generano rilascio ed emissioni di composti chimici pericolosi per la salute.

Sembra quasi un’ammissione di colpe da parte di chi non ha mai indagato abbastanza ma avrebbe dovuto, che probabilmente genererà un precedente storico per la nostra terra: c’è una “relazione causale” tra la presenza di siti di rifiuti sfuggiti a ogni controllo e patologie quali tumore, leucemia, asma, malformazioni congenite.

Una presa d’atto che dovrebbe riscrivere l’agenda politica di Stato e Regione tale da consentire un investimento massiccio e sistematico su sanità, screening e bonifiche. Aspetti su cui i comitati campani da anni insistono, rivendicando una ristrutturazione ecologica che sottragga i nostri territori all’inquinamento.

Un intervento scevro dai più ingestibili meccanismi di mercato, ma nulla di veramente utile alla collettività è stato finora realizzato. Per converso, ogni anno assistiamo ad un allargamento del fenomeno “terra dai fuochi”, con cui la sommersa industria di smaltimento di rifiuti controllata dalla camorra fa affari, brucia rifiuti e produce diossina in ogni angolo della Regione.

Dallo studio emerge che i due comuni più esposti alla relazione inquinamento/patologie sono Giugliano e Caivano. E viene da ridere se si pensa che proprio in questi due comuni verranno costruiti, in base a quanto previsto nel piano regionale varato dalla giunta De Luca, due impianti per lo smaltimento delle “ecoballe” stazionate da anni a Taverna del Re, tra i più grandi ecomostri, nati dai più criminali ecoreati, che questa fetta di territorio nazionale potesse ospitare.

Ora ci dovrebbero raccontare come intendono risolvere la contraddizione: lo studio condotto scientificamente accenna alla non più procrastinabile realizzazione di bonifiche, che servono qui ed ora. Come si sposa, quindi, questa esigenza scientificamente riconosciuta con i 212 milioni di Euro di appalto affidato alla A2a per la realizzazione degli impianti e lo smaltimento delle ecoballe nei due comuni più bisognosi di ristrutturazione ecologica?

Certo, ci diranno che questi sono impianti a norma e che nulla hanno a che vedere con le discariche e i siti di smaltimento illegale.

Certo, andrebbe bene se solo non fosse accaduto nella storia della gestione dei rifiuti di questa Regione che finanche gli impianti a norma divenissero terreno fertile per l’espansione degli affari criminali sui rifiuti; se solo ci fornissero di relazioni scientifiche sulla totale assenza di danno ecologico nella rimozione delle balle da Taverna del Re e nel trasporto delle stesse ai futuri impianti di Giugliano e Caivano; se solo ci fornissero di relazioni scientifiche circa la totale ininfluenza delle operazioni di smaltimento delle ecoballe sull’ambiente; se ci fornissero, poi, di prove tecnico-scientifiche circa la bontà del combustibile solido secondario (CSS) che da questi impianti verrebbe prodotto con destinazione cementifici, discariche e alti siti di smaltimento.

Ma, ancor più necessario, ci dicessero perché, seppur fosse accertata la totale bontà ecologica di questi impianti, per quali ragioni tecniche la loro realizzazione non sia stata predisposta nello stesso sito di Taverna del Re, evitando così di insistere sui due comuni più devastati della Regione.

Seguono poi, da quanto emerge sempre dallo studio condotto da Procura e ISS, nella scala di pericolosità i comuni di Villaricca, Mugnano, Casoria, Aversa, Qualiano, e così via. Proprio quei comuni in cui, insieme agli altri citati nel rapporto, non a caso, negli ultimi due decenni si è prodotta una forte mobilitazione popolare, caricata dall’esasperazione collettiva di una condanna socio-sanitaria, un male con il quale ognuno di noi ha purtroppo imparato a convivere.

È solo in quella forza popolare che, personalmente, nutro fiducia per una concreta inversione di rotta. È in quelle persone che negli anni non sono rimaste ad osservare la macelleria ambientale che ci hanno propinato, che hanno condiviso discussioni, riflessioni, presidi, manifestazioni.

Ma bisogna avere fiducia anche in quelle persone che, sono certo, cominceranno a fare altrettanto da domani in poi per poter restituire dignità a questa terra e al suo popolo.

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