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L’esperienza delle mobilitazioni degli ex-percettori napoletani del reddito di cittadinanza

In quest’articolo cerchiamo di trarre primi elementi di bilancio su un’esperienza di lotta che, in alcuni momenti, ha avuto un’eco che è andata aldilà del territorio napoletano evidenziandone motivazioni strutturali e criticità manifestatesi sinora per tentarne un rilancio in avanti che, per quanto difficile nelle condizioni date, è ancora possibile.

Sommario: a) Alcuni dati d’inquadramento della situazione campana e napoletana nel contesto nazionale.

b) Sei elementi di riflessione per un primo bilancio.

c) Conclusioni provvisorie e stato dell’arte.

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a) Alcuni dati d’inquadramento della situazione campana e napoletana nel contesto nazionale.

L’esperienza campana – in particolare quella napoletana – almeno in parte, si discosta dalle altre e ciò si spiega anche con dei dati di partenza che hanno una loro intrinseca rilevanza per comprendere il perchè di una maggiore persistenza nella costruzione di una mobilitazione sociale contro lo smantellamento del reddito di cittadinanza.

Già coi dati di fine dicembre dello scorso anno, si è avuta la conferma che, in seguito al taglio dei circa due miliardi per il contrasto alla povertà e ai criteri più restrittivi dell’assegno di inclusione, ci sarebbe stata una sensibile riduzione della platea dei beneficiari.

Infatti a livello nazionale nel 2022, l’ultimo anno di erogazione completa del reddito di cittadinanza, i nuclei percettori a cui è stata corrisposta almeno una mensilità, dai dati dello specifico Osservatorio statistico INPS, sono stati 1.533.471, ridottisi a 1.251.881 a fine 2003 anno che nella seconda metà ha già visto operare i tagli dovuti al “decreto-lavoro” del governo Meloni;

a livello di persone coinvolte, per il medesimo raffronto temporale, si è passati da 3.493.653 a 2.722.299, quindi una diminuzione di 771.354 persone.

A fine gennaio, con la disponibilità dei dati della nuova misura ADI, le domande pervenute sono state 651.665, decisamente di meno quelle per il Supporto Formazione Lavoro attestatesi sulle 165 mila di cui solo 55.297 provenienti da ex percettori e ciò significa che uno degli obiettivi non dichiarati dal Governo, ma effettivamente realizzato, è stato, per buona parte, il ritorno al lavoro nero sicuramente più remunerativo dei 350 euro mensili erogati soltanto se si frequentano corsi di formazione che, soprattutto nelle Regioni meridionali, difficilmente trovano un reale sbocco occupazionale, purtroppo c’è anche una parte di ex- percettori che è restata esclusa da entrambe le nuove misure di contrasto alla povertà.

Il riflesso di questa situazione in Campania è stato particolarmente forte perchè si tratta della Regione che dall’aprile 2019 al dicembre 2023 è stata sempre al primo posto per numero di beneficiari con una media di quasi il 20% dei percettori a livello nazionale.

Pertanto, per comprendere meglio le attuali drammatiche dimensioni del taglio avvenuto nella realtà campana, occorre fare un passo indietro e raffrontare il dato di giugno 2023 (l’ultimo mese di erogazione precedente la scadenza dei sette mesi per il primo blocco di percettori secondo quanto previsto dalla legge di bilancio per lo scorso anno) con quello di dicembre 2023 e si noterà che i beneficiari sono passati da 533.299 a 384.684, ossia più di 148.000 persone hanno subito il taglio del reddito corrispondente ad una popolazione superiore a quella di Comuni capoluogo come Salerno che, dai dati ISTAT, a fine 2023 contava circa 130 mila abitanti o equivalente alla popolazione di Cagliari che ha poco più di 148 mila abitanti;

nella sola area napoletana, invece, si è passati, col medesimo raffronto temporale, da 357.896 beneficiari a 264.100 con l’esclusione, quindi, di quasi 94 mila persone e, restando sempre nella medesima area territoriale, c’è da notare che a Napoli risultano 43.754 persone “indigenti continuativi”1.

Alla sensibile riduzione dei beneficiari – già registratasi, come visto, a fine 2023 – occorre aggiungere quella in atto con l’entrata in vigore dal 1° gennaio 2024 dell’ ADI:

le domande accolte per la nuova misura a fine gennaio in Campania risultano 83.355 sulle 170 mila pervenute, quindi, al momento, restano esclusi 86.645 nuclei equivalenti a più del 50% dei richiedenti, percentuale sensibilmente superiore alla media delle domande respinte o sospese a livello nazionale.

È in corso una verifica sulle domande respinte ma il dato, orientativamente, con gli attuali criteri non può cambiare molto e l’eventuale revisione di alcuni di essi da parte del Ministero competente ha, da un lato, un sapore elettorale per l’avvicinarsi della scadenza delle europee, dall’altro mira esclusivamente a raggiungere la platea prevista dal Governo che è intorno ai 700 mila beneficiari mentre allo stato si è addirittura al di sotto del pur limitato obiettivo programmato.

b) Sei elementi di riflessione per un primo bilancio.

Dagli inizi di agosto ad oggi ci sono state almeno 7 mobilitazioni, sotto forma di cortei e presidi, degli ex-percettori del reddito di cittadinanza con una partecipazione a volte abbastanza buona, altre volte decisamente scarsa.

Innanzitutto va evidenziata la data in cui si è svolto il primo corteo, il 2 agosto, perchè ha un suo chiaro significato politico consistente nel fatto che l’avvio delle proteste è partito soltanto dopo l’invio del primo blocco di SMS in cui l’INPS, negli ultimi giorni di luglio, avvertiva dello stop al sussidio.

Ciò, ovviamente, evidenzia il fatto che le prime rilevanti proteste sono partite soltanto difronte al fatto compiuto mentre i tentativi, seppur abbastanza deboli, di avviare delle mobilitazioni dopo il “decreto-lavoro” di maggio sia nazionali che locali hanno avuto poche adesioni.

In quest’ultimo caso, ci riferiamo sia all’attività del Comitato di scopo per l’istituzione di una Misura Integrativa Regionale di sostegno al reddito (M.I.R.) che al Comitato di difesa ed estensione del reddito di cittadinanza, i due organismi che – pur con punti di vista non del tutto coincidenti – hanno cercato di intercettare la drammaticità della situazione sociale venutasi a determinare.

Il Comitato di scopo regionale è un’aggregazione plurale di spezzoni della sinistra sociale, sindacale e politica;

il Comitato di difesa ed estensione del reddito di cittadinanza è espressione di una rete cittadina che ha il suo luogo d’incontro in uno degli “spazi liberati” napoletani una delle eredità positive della prima giunta De Magistris.

Il ritardo con cui è partita la mobilitazione sociale contro il taglio operato dal governo Meloni è un primo elemento di riflessione che si accompagna ai limiti mostrati dalla sinistra di classe napoletana che, nella sua maggior parte, non ha compreso la centralità di questa battaglia soprattutto per Napoli e il Meridione.

In altri termini, le mobilitazioni napoletane sono state “significative” soltanto se paragonate ad un’insufficienza ancora maggiore delle iniziative svoltesi in altre parti del Paese comprese altre città meridionali.

Un secondo elemento di riflessione – ormai abbastanza acquisito per la sinistra di Movimento e che serve anche a spiegare il già richiamato ritardo delle mobilitazioni – è che il provvedimento normativo istitutivo nel 2019 del reddito di cittadinanza non è stato il frutto di mobilitazioni e di lotte ma la realizzazione del programma elettorale di una forza, i Cinque Stelle, che, seppur con limiti, ha concretizzato una misura di contrasto alla povertà con caratteristiche universalistiche, quindi il ruolo delle classi subalterne si è quasi del tutto esaurito premiando elettoralmente il Partito che aveva proposto e realizzato il reddito di cittadinanza tanto che, restando al caso napoletano, i Cinque Stelle in alcuni quartieri periferici hanno raggiunto quelle percentuali di consenso che, comunemente, si definiscono “bulgare” per l’elevata entità delle stesse.

Il fatto che la “conquista” del reddito di cittadinanza non sia stato il risultato di una battaglia sociale generatrice di un più elevato livello di coscienza di classe ha, ovviamente, influito sull’efficacia della risposta al suo taglio per cui non sono mancati casi in cui dei percettori – prima della verifica sulla propria pelle degli effetti concreti delle nuove misure – si sono dichiarati a favore dello smantellamento del reddito nell’illusione che in questo modo avrebbero avuto “o lavor’” , inoltre non mancano, tuttora, situazioni di divisioni interne in alcuni casi col chiaro intento di boicottare le mobilitazioni per motivi politici per la maggior parte, invece, in buona fede perchè, come scrive la ricercatrice ed economista Mariastella Cacciapaglia riferendosi ai percettori, a volte, “sono gli stessi beneficiari a condannare gli altri beneficiari, giudicandosi tra loro stessi pigri, immeritevoli, irregolari, delinquenti o approfittatori” perchè “i poveri condividono una condizione di svantaggio sociale nella società, ma non necessariamente sviluppano una identità comune”2.

Un terzo elemento di riflessione, meno acquisito del precedente, è che sia a livello nazionale che locale ci si è prevalentemente mossi su un’impostazione che, ad opinione di chi scrive, è stata troppo generale e poco vertenziale favorendo chi, nel lancio della pur condivisibile parola d’ordine del reddito universale di base ne ha fatto, invece, una sorta di “arma di distrazione di massa” evitando accuratamente di indirizzare le mobilitazioni su obiettivi più limitati ma più concreti, dati gli attuali e sfavorevoli rapporti di forza, come quelli scaturenti dalla possibilità di aprire una sorta di “fronte regionale” con la rivendicazione di redditi di cittadinanza regionali ripetendo, seppur in un contesto diverso, le esperienze di redditi regionali avutesi nel primo decennio degli anni 2000 che proprio in Campania hanno visto l’attuazione della misura di maggior durata restata in vigore dal 2004 al 2010 e che oggi ha un parziale esempio soltanto in Puglia che dal 2016 porta avanti tuttora l’esperienza del “reddito di dignità”.

Ovviamente il riferimento all’opera di sviamento non è rivolto a quei settori di Movimento che da anni in perfetta buona fede, ma in maniera schematica, perseguono l’obiettivo del reddito universale di base.

L’ aspetto della “distrazione di massa” ha contribuito a determinare un ritardo nelle mobilitazioni napoletane nell’assunzione della Regione come controparte e all’inizio si è oscillati tra cortei all’INPS o al Comune, naturalmente individuare la controparte regionale non significa ignorare le principali responsabilità che restano in capo al Governo Meloni, purtroppo solo dalla fine di agosto e gli inizi di settembre si è fatta largo l’idea di perseguire obiettivi più circoscritti ma più aggredibili.

Un quarto elemento di riflessione riguarda il comportamento di forze politiche come i Cinque Stelle e il PD (sulle posizioni della destra non ci si sofferma perchè già si conoscono le posizioni di contrarietà al reddito di cittadinanza).

Per i 5 Stelle si può rilevare un comportamento di “eccessiva prudenza” dimostrata sul territorio napoletano e regionale non essendo mai stati di stimolo alla mobilitazione quantunque alcuni tra i settori degli ex-percettori napoletani, come già accennato, ne siano simpatizzanti o votanti.

Il gruppo consiliare pentastellato formalmente è attestato su posizioni di “opposizione costruttiva” e – fatto abbastanza strano nella dialettica politico-istituzionale tra maggioranza e opposizione in una forma di governo presidenzialista come quella regionale a maggior ragione nell’interpretazione che ne dà Vincenzo De Luca – ha più di una presidenza di commissione consiliare e, prima della scissione Di Maio, aveva avuto anche la vicepresidenza del Consiglio regionale, da notare che nel Comune capoluogo di Regione sono in Giunta.

Infatti tra i pochi atti realizzati si può annoverare una conferenza stampa alla presenza di un loro big nazionale nell’agosto dello scorso anno in un proprio quartierie-roccaforte e, a livello politico-istituzionale il deposito da parte di un loro consigliere regionale di una mozione per chiedere “Misure a sostegno dei “percettori occupabili”del reddito di cittadinanza”, è da notare, tra l’altro, che la citata mozione consiliare è stata fatta dopo la consegna delle firme raccolte su una petizione popolare promossa dal Comitato di scopo per l’istituzione della MIR e indirizzata, ai sensi dello statuto regionale, al Presidente del Consiglio regionale campano per chiedere misure d’emergenza per gli esclusi dal reddito di cittadinanza in attesa di un più organico intervento legislativo di sostegno al reddito.

Forti riserve, inoltre, sono da esprimere sulla loro proposta di legge regionale presentata a novembre 2023 che sembra più un trasferimento monetario alle imprese private attraverso gli ex-percettori che una vera e propria proposta di legge sull’istituzione di una forma di reddito di cittadinanza regionale.3

Per quanto riguarda il PD ci si trova di fronte ad un atteggiamento ambiguo e contraddittorio perchè in questi mesi in Regioni come il Lazio e la Calabria4 ci sono stati consiglieri regionali di questo Partito che hanno presentato proposte di legge per l’istituzione del reddito di dignità, oltre al fatto che in una Regione come la Puglia a presidenza PD esiste da anni, come già ricordato, il reddito regionale.

In Campania, invece, il Presidente De Luca – che oggi si erge a paladino del Meridione – è sempre stato contrario al reddito di cittadinanza mentre è molto favorevole agli incentivi alle imprese e a forme di intervento assistenziale di tipo categoriale in linea con le posizioni della destra.

In sintesi, le mobilitazioni di questi mesi hanno confermato che nell’attuale Consiglio Regionale manca un’organica “sponda istituzionale” per i Movimenti di lotta tranne la buona e sincera volontà di una consigliera indipendente del Gruppo misto verso cui è iniziata una proficua interlocuzione.

Qui si inserisce un quinto elemento di riflessione relativo alle specificità della controparte campana sia nel suo livello esecutivo (la Giunta) che in quello legislativo (il Consiglio).

La caratteristica principale è quella dell’arroganza, del disprezzo delle regole che nel caso delle richieste di discussione su provvedimenti regionali di sostegno al reddito è stato sempre dilatorio oppure ostruzionistico sia quando si è trattato di richieste nascenti da iniziative di Movimento sia quando si è trattato di richieste provenienti da figure istituzionali.

Ad esempio, nel primo caso, a luglio il Comitato di scopo regionale per la M.I.R. ha presentato, come già accennato, una petizione popolare ai sensi di una precisa disposizione statutaria dove veniva richiesta una variazione al bilancio di previsione regionale per attuare dei primi e urgenti interventi di sostegno al reddito, a livello procedurale, dopo l’ammissibilità della stessa da parte del Presidente del Consiglio regionale, è prevista l’inserimento all’ordine del giorno dei lavori della commissione consiliare competente per la discussione.

Ad oltre sei mesi dall’assegnazione alla commissione politiche sociali, la petizione non è stata ancora calendarizzata nonostante vari solleciti sia formali che informali alla Presidente dell’organo consiliare in questione e al Presidente del Consiglio regionale.

Altri tre esempi, di cui due a livello di Movimento, riguardano la richiesta di un incontro con la Giunta regionale in seguito ad un corteo degli inizi di settembre e la consegna, sempre in seguito a corteo, di un documento rivolto al Presidente del Consiglio regionale e, per conoscenza, ai gruppi consiliari e agli organi di informazione il scorso 12 ottobre dello scorso anno dove, tra l’altro, si chiedeva, da parte del citato Comitato di scopo e di quello di difesa ed estensione del reddito di cittadinanza, una seduta monotematica dell’assise consiliare sugli interventi urgenti per gli ex-percettori e, successivamente, l’istituzione di una forma di reddito di cittadinanza regionale.

Nel primo caso, la Giunta non ha accettato alcun incontro con una delegazione dei manifestanti, nel secondo caso, allo stato, non si hanno ancora notizie da parte del Presidente del Consiglio Regionale Gennaro Oliviero.

Il terzo esempio riguarda, invece, un atteggiamento da “ostruzionismo di maggioranza”:

due mozioni di altrettanti consiglieri regionali iscritte all’ordine del giorno del Consiglio regionale del 26 ottobre miranti, seppur in maniera diversa, a chiedere interventi regionali di sostegno al reddito, dopo l’uscita dall’aula di vari consiglieri di maggioranza, si sono visti saltare la discussione sulle mozioni per mancanza del numero legale.

Questi comportamenti, sia sotto il profilo democratico che di sensibilità sociale e istituzionale, hanno un significato a dir poco provocatorio verso l’aggravamento della situazione socioeconomica regionale in seguito al taglio del reddito di cittadinanza.

Arriviamo, così, al sesto ed ultimo elemento di riflessione che, forse, è quello più spinoso perchè è tutto interno alle frange di ex-percettori che si sono mobilitati e che, in misura minore, stanno continuando a farlo:

il rapporto con gli organi di informazione e coi social.

Purtroppo questo rapporto, aldilà dei primi momenti di amplificazione delle mobilitazioni, è stato prevalentemente negativo perchè, in vari casi, ha oscillato tra la rappresentazione pietistica e pauperistica e quella leaderistica e folcloristica contribuendo a creare la figura dei “capipopolo senza popolo” con l’aggiunta di qualche imprenditore che, a favore di telecamera, ha, nei fatti, col pretesto di offrire qualche impossibile, per i requisiti richiesti, posto di lavoro cercato di rafforzare la solita e logora rappresentazione dei percettori come “divanisti”.

Cadere nella trappola della “società dell’immagine”, anche con tanto di video su Tik Tok e primi piani, ha potuto generare l’illusione che un’intervista in più o la partecipazione a qualche programma televisivo potesse, in qualche modo, sostituire l’importanza di mantenere l’unità del nascente movimento e la costruzione di una chiara piattaforma di lotta.

Tuttavia, di recente, sembra maturare una maggior coscienza su questo aspetto anche se, in alcuni casi, continua a prevalere un forma di protagonismo individualistico rispetto a quello sociale.

c) Conclusioni provvisorie e stato dell’arte

E ora, per concludere, giungiamo al classico “che fare?”.

E’ chiaro che le “conclusioni” non possono essere che provvisorie, di breve periodo in attesa di riflessioni più organiche e, soprattutto, non possono avere la pretesa di “dare la linea” ma possono/debbono avere l’obiettivo di crescere insieme in un percorso critico/autocritico.

In realtà, si tratta di fare un riepilogo di quanto sostenuto sinora:

a) individuare senza tentennamenti, oscillazioni e lentezze operative la Regione come principale controparte vedendo nella battaglia territoriale un momento di accumulazione di forze per riproporre, in momenti politicamente e socialmente più favorevoli, la lotta per una misura nazionale di contrasto alla povertà che ci avvicini realmente ad un reddito universale di base;

b) non cadere nelle citate “distrazioni di massa” come, ad esempio, il reddito di cittadinanza europeo che può servire a qualcuno per prepararsi la campagna elettorale per il voto di giugno perchè un simile obiettivo ha senso se è strettamente collegato ad un forte contrasto delle attuali politiche liberiste dell’Unione europea altrimenti verrebbe pagato dalle classi subalterne con ulteriori tagli al sempre più residuale welfare state;

c) nello specifico napoletano, superare l’attuale logica dei gruppi whatsapp su base leaderistica e indirizzarsi verso la costruzione di un unico Movimento di ex-percettori, percettori, precari, disoccupati e corsisti, in questo senso va approfondito il rapporto con settori di disoccupati come il “7 Novembre” cercando di individuare obiettivi di lotta comuni che vadano oltre la pur importante presenza comune in piazza come si è verificato in alcune circostanze;

d) continuare la battaglia anche sul piano politico-istituzionale facendo accelerare l’iter delle due proposte di legge regionale presentate negli ultimi mesi del 2023 con particolare riferimento a quella elaborata dal Comitato di scopo regionale per la M.I.R.5 ;

e) verificare se sono possibili analoghe esperienze di Movimento in altre Regioni.

Naturalmente questi obiettivi, per quanto limitati, sono molto impegnativi e richiedono un salto di qualità della sinistra di classe napoletana che oggi oscilla tra un malinteso e inconsistente ruolo di direzione dall’esterno, ridicoli atteggiamenti concorrenziali che ostacolano percorsi di convergenza e il disinteresse più totale.

Rosario Marra del Comitato di scopo regionale per l’istituzione della M.I.R.

Napoli 22/02/2024

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1Il dato è della Direzione Generale per la lotta alla povertà del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ed è riportato nell’avviso pubblico n. 1/2023 relativo alla sperimentazione del reddito alimentare.

2Cfr. Mariastella Cacciapaglia nel volume “Con il reddito di cittadinanza” Ediz. Meltemi pagg. 59-60

3Ci si riferisce alla proposta di legge regionale presentata il 23 novembre 2023 col n. di registro generale 335 contenente “Disposizioni urgenti per la dignità sociale e l’inclusione attiva in Campania. – Istituzione del reddito regionale di cittadinanza” dove si prevede, tra l’altro, di corrispondere all’ex-percettore assunto da un’impresa privata una somma di 400 euro che va ad alleggerire i costi dell’impresa nella formazione dello stesso. Insomma si va ben aldilà degli sgravi contributivi già previsti dalla legislazione vigente.- E’ probabile che i contenuti della proposta di legge regionale in argomento siano stati influenzati dal fatto che uno dei consiglieri regionali proponenti, quello che ha maggiormente contribuito alla stesura della proposta, è Presidente della Commissione consiliare Industria…..

4Ci si riferisce alle proposte di legge regionale presentate rispettivamente dalla consigliera Eleonora Mattia per il Lazio e dal consigliere Raffaele Mammoliti per la Calabria.

5Ci si riferisce alla proposta di legge regionale col numero di registro generale 343 del 20 dicembre 2023 dal titolo: “Istituzione della Misura Integrativa di sostegno al reddito e politiche per l’inclusione sociale attiva (M.I.R.)” elaborata dal Comitato di scopo regionale per l’istituzione della M.I.R. e depositata dalla Consigliera Maria Muscarà.

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1 Commento


  • Antonio Di Pinto

    Io sono convinto che la tua riflessione è più che esaustiva.
    vorrei solo sapere come è possibile che non si partecipa alle manifestazioni che sono mirate
    e possono essere concretizzate con una grande partecipazione.
    Posso essere ottimista per il futuro prossimo.
    Rosario grande manovale compagno di tutti.

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