Amazon ha annunciato che costruirà un nuovo centro di smistamento a Spilamberto, provincia di Modena. Si tratta del secondo centro di smistamento in territorio emiliano romagnolo, il primo è quello di Castel San Giovanni, provincia di Piacenza. Insieme al centro nel modenese, Amazon programma di aprirne uno anche in provincia di Novara.
Il comunicato trionfale dell’azienda di Jeff Bezos, ripreso come oro colato dai media, parla di 1.100 nuovi posti di lavoro in tre anni e di 1.720 KW generati grazie agli impianti fotovoltaici.
Ma che lavoro porta davvero Amazon? Secondo stime un po’ più realiste, a Spilamberto lavoreranno duecento persone. Le condizioni di lavoro dentro il colosso della logistica ormai le conosciamo bene, il lavoratore licenziato per aver osato raccontare la vita precaria in un camper di fianco ai magazzini non è l’eccezione, è la regola.
E il problema non è solo la condotta anti sindacale di una singola azienda, il problema è che l’Emilia Romagna sta costruendo il suo “modello di sviluppo” su questo tipo di logistica, su questo tipo di progetti che sono inevitabilmente legati al super sfruttamento della manodopera.
Per dirla con le parole di Gramsci: un settore strategico basato sui salari di merda!
Mentre le istituzioni locale i sindacati concertativi firmano “patti per il lavoro” in cui si spendono parole bellissime sulla qualità e la dignità del lavoro, nella realtà favoriscono in ogni modo questi progetti in cui si attirano le peggiori aziende anti-sindacali.
Il perché è semplice, e lo spiega direttamente al Corriere della Sera il sindaco di Spilamberto: nel modenese non sono ancora stati recuperati i livelli occupazionali pre crisi del 2008. E ci permettiamo di aggiungere, i posti di lavoro nominalmente recuperati sono a meno ore, con meno salario, meno qualità del lavoro e di vita.
Un ultima nota va fatta sulle promesse “ambientali” di Amazon. Una nuova colata di cemento sulla pianura non può essere compensata con un progetto di impianti fotovoltaici che, secondo l’azienda, dovrebbe portare (nel 2040!) alle emissioni zero.
Il trucco è ovviamente che in questi progetti si parla di emissioni zero per il singolo magazzino e non per tutto quello che gli ruota intorno.
Inoltre, il centro logistico sarà l’ennesima occasione di cementificazione in una regione come l’Emilia-Romagna che nella sua legge urbanistica regionale parla di “consumo di suolo zero” ma poi fissa un sistema di eccezioni che si traduce in via libera alle cordate di costruttori, che spesso sono poi le cordate delle “cooperative” amiche di chi siede nei palazzi.
E non potrebbe essere altrimenti, visto che si è deciso di far diventare la pianura padana un grande hub di logistica, in barba alla qualità del lavoro e alla qualità dell’aria!
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