Il 25 marzo è passato un anno esatto dal primo sciopero generale di USB in tempi di pandemia, che rivendicava il rispetto del diritto universale alla salute contro la mala gestione della crisi sanitaria.
Dopo un anno, nulla è cambiato: ancora i lavoratori della sanità, dai medici agli infermieri agli operatori sanitari e sociosanitari sono costretti a lavorare senza il giusto riconoscimento!
Nei giornali e nelle TV si continua a chiamarli eroi, ma gli eroi non vivono di gloria e di malattie, ma di retribuzioni eque e trattamenti dignitosi rispetto ai turni di lavoro, al riconoscimento degli straordinari, ai DPI che possano garantire la loro tutela. In altre parole: potenziamento della sanità pubblica, assunzioni stabili del personale, internalizzazione dei servizi sanitari e sociosanitari, un tempo fiore all’occhiello di questa Regione.
Dopo il presidio degli operatori sociosanitari di qualche giorno fa, ieri è stato indetto uno sciopero regionale di tutto il comparto sanitario e sociosanitario, con un presidio sotto la Regione Emilia Romagna, per chiedere un incontro con l’assessore alla sanità Donini, che dovrebbe avvenire il prossimo 8 Aprile.
Di fronte alla continua mala gestione della pandemia anche la scuola si mobilitata, proseguendo quel percorso che chiede a gran voce la riapertura delle scuole, la garanzia del diritto all’istruzione che deve venire prima dei guadagni delle grandi aziende che continuano a restare aperte e a incentivare focolai.
Ma non si è mobilitata solo la sanità in questa giornata! Anche i lavoratori dei trasporti sono scesi in sciopero per fermare il balletto degli appalti e subappalti che da anni sta giocando con la pelle dei lavoratori, attraverso gare continue la cui trasparenza non è nemmeno sempre assicurata.
Infine, anche i riders hanno parcheggiato le loro biciclette e incrociato le braccia. Dopo lo sciopero dei lavoratori di Amazon, anche questi lavoratori di “nuova generazione”, che durante questi mesi hanno attraversato in lungo e in largo le nostre città per farci sentire tranquilli nelle nostre case, alzano la testa e rivendicano i giusti diritti, a partire da quelli fondamentali uscire dalla condizione di lavoro precario e sfruttato, adeguamento dei salari e un insieme di tutele che riguarda ferie, malattia, trattamento previdenziale e contributivo, sicurezza e salute del lavoratore, fino alla manutenzione dei mezzi.
Non siamo ancora usciti dalla pandemia, e probabilmente non ne usciremo proprio prestissimo, ma virus o non virus, le mobilitazioni di ieri evidenziano che i lavoratori hanno meno paura di un anno fa, che non sono più disposti a fare da cavie ad un progetto di trasformazione del mondo del lavoro sempre più frammentato e isolante, né tanto meno resistere a questa crisi sanitaria in modo individuale e senza una programmazione sensata.
La giornata di ieri, forse, sta vedendo anche in Emilia Romagna la ripresa dei percorsi di lotta per invertire la rotta che in questi ultimi anni ha portato solo precariato, disservizio e sfruttamento.
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