È una dura gara a chi urla più forte all’”antisemitismo” in questi giorni. La rincorsa delle dichiarazioni che stiamo leggendo in questi giorni nella loro assurdità però possono aiutarci a capire qualcosa in più di quello che sta succedendo.
La prima constatazione che dobbiamo fare è del rapporto fra Lepore e Piantedosi, un rapporto d’amore iniziato due anni fa con il “patto per la sicurezza”, continuato con la militarizzazione dei quartieri popolari, con la sperimentazione proprio a Bologna delle “zone rosse”, e ravvivato venerdì sera dalla violenta repressione contro il presidio che chiedeva giustizia e verità per Ramy.
In questo loro rapporto, momenti di tensione come le accuse dopo la manifestazione fascista di novembre o le timide critiche del PD al ddl 1660 sembrano più scaramucce che non reali differenze politiche.
Inoltre, Lepore per giustificare la repressione deve alzare il tiro, con attacchi sempre più pesanti a tutto quello che non è allineato con la sua linea. Lo stiamo vedendo con la questione di Villa Paradiso, per cui per la proiezione di un film si diventa nemici “antipatriottici”, ma non avendo leggi o regolamenti a cui aggrapparsi per revocare la convenzione con l’associazione, si arriva addirittura a chiudere completamente una Casa di Quartiere.
Lo vediamo proprio in questi giorni, in cui ha già iniziato a parlare di pene esemplari, e per cui bisogna screditare la giusta rabbia di tante persone, a partire dai più giovani, per l’omicidio di Stato di Ramy, e in questo caso l’accusa è il sempre utile “antisemitismo”.
Lepore ha parlato subito di “assalto alla sinagoga”, una vera e propria bugia, talmente palese che è stata smentita sia dal questore Sbordone, sia da De Paz, della Comunità Ebraica. Che però ne approfitta per rilanciare immediatamente: tutta Bologna è “antisemita”, la marcia della pace del 1 gennaio è “antisemita”, e infine pure Lepore è “antisemita” per la bandiera palestinese su Palazzo D’Accursio.
Ne traiamo due conclusioni semplici. Lepore parla a vanvera, cercando di alzare il tiro per giustificare il nuovo ruolo che si è assegnato di capo, a cui tutti devono obbedire. L’accusa di antisemitismo è ormai così vuota che anche chi la agita può diventarne presto vittima.
In generale, quello a cui stiamo assistendo è il fallimento di una intera classe dirigente – dal nazionale al locale – che è trasversalmente incapace di affrontare i problemi reali mentre crea narrazioni tossiche o vere e proprie bugie.
Quello che resta sono solo “chiacchiere e distintivo”.
Continuiamo a mobilitarci per rompere questo teatrino.
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