Abbiamo ancora negli occhi l’immagine dello sciopero dei braccianti del 21 maggio scorso, in piena crisi Covid, che ci ha enormemente impressionato
Le rivendicazioni dei lavoratori agricoli hanno riportato alla luce questioni dirimenti: la regolarizzazione dei lavoratori stranieri, le condizioni inumane in cui vengono sfruttati i braccianti.
Ci ha sbattuto in faccia la realtà della vita nei campi e dello stato dell’agricoltura nel nostro paese, ad appena un anno dalla rivolta dei pastori sardi.
Come consumatori critici appartenenti ad un gruppo d’acquisto popolare, ci ha particolarmente colpito come, sia stata chiamata in causa la Grande Distribuzione Alimentare (GDA) attraverso lo sciopero degli acquisti degli ortaggi che è arrivato fino all’ingresso dei supermercati con le cassette vuote.
Crediamo che questo periodo, legato all’emergenza pandemica, abbia fatto emergere prepotentemente la condotta criminogena della GDA nella gestione del sistema alimentare nel nostro paese. Un’organizzazione, ormai globalizzata, che inizia con la distruzione delle foreste per recuperare terreni fertili (da sfruttare con il latifondo e la monocultura intensiva), prosegue sottopagando il prodotto sul campo con le aste al ribasso, riduce in schiavitù migliaia di braccianti.
Devasta l’ambiente con i fertilizzanti e trattamenti inquinanti, tortura milioni di animali negli allevamenti intensivi, contribuisce significativamente ad intasare la filiera del riciclo con il confezionamento rigorosamente in plastica e infine spreme come limoni i lavoratori dei supermercati con le aperture nei giorni festivi.
Nell’attuale situazione di crisi pandemica il settore che ha incrementato il fatturato di oltre il 30% è stato quello dell’agroindustria e della grande distribuzione alimentare. Oggi, con una situazione relativamente più calma, vengono annunciati aumenti dei prodotti di stagione, innescando così il carovita anche per gli altri generi di consumo.
Il motivo questa volta è la mancanza di braccia nei campi (Tg2); questo mantra ha portato a un fiorire di proposte che vanno dal lavoro coatto dei percettori del reddito di cittadinanza, ai pensionati, fino ad arrivare alla realizzazione nel comune di Roma di un mercato sociale dove si baratta il lavoro socialmente utile dei poveri con del cibo prossimo alla scadenza.
Tutte proposte a ben vedere che proseguono nel solco dello sfruttamento più bieco rendendo evidente la contraddizione che nei campi non mancano braccia ma diritti come denunciano i braccianti in sciopero.
Questi aumenti incideranno sulla possibilità di nutrirsi con cibo sano e variato oppure accontentarsi del cibo dei brand sottocosto, marchi della stessa GDA che primeggiano negli scaffali, la cui materia prima è reperita sui mercati globalizzati, con ingredienti che abbiamo incontrato spesso nelle inchieste sulle frodi alimentari.
Questo consumo squilibrato, per usare un eufemismo, incide di conseguenza su salute e aspettative di vita della popolazione, e la sovranità alimentare, intesa come cibo sano per tutti, acquista un ruolo importante.
La nostra scelta di consumo come Gruppo d’Acquisto Popolare, è stata quella di praticare un altro rapporto con la campagna fatto di filiera corta, prezzo equo concordato con il produttore e condivisione dei rischi attraverso rapporti diretti, con una prevalenza di produttori biologici.
I gruppi d’acquisto sono realtà diffusa in quasi tutta Italia e coniugano la pratica della sovranità alimentare con il sostegno all’agricoltura contadina, un agricoltura fatta soprattutto di piccole aziende che per impossibilità, più spesso per scelta, non intrattengono rapporti diretti con la GDA.
Questo rapporto diretto tra domanda e offerta abbatte i costi della filiera rendendo possibile un accordo su un prezzo equo che viene incontro sia al produttore che al consumatore.
Per quanto sia ancora una modalità diffusa ma ancora minoritaria, le reti dei GAS hanno sostenuto direttamente aziende in difficoltà, aiutato a formare cooperative di agricoltori. Nel nostro piccolo con la collaborazione dei produttori riusciamo a sostenere settimanalmente 20 cassettoni solidali da distribuire nel nostro quartiere, tutto questo noi lo chiamiamo consumo critico.
La necessità di uscire dall’attuale modello consumistico, per noi si è tradotta in questa pratica che è diretta, praticabile in ogni gruppo, collettivo, quartiere, condominio. Siamo consapevoli che la trasformazione ha dinamiche più complesse, e altrettanto consapevoli che il consumo alimentare e la sua produzione sono una parte importante di questa complessità.
L’alleanza tra produttori, lavoratori agricoli e consumatori è il primo passo per ridisegnare il rapporto città/campagna. Richiamare la GDA ad un comportamento più etico e socialmente responsabile è una cosa che possiamo fare insieme.
Prendiamoli alla lettera PERSONE OLTRE LE COSE.
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Francesca Anna Perri
Vero, anche questo è Salute! La dieta mediterranea poi è universalmente riconosciuta come la migliore, per la varietà dei prodotti, che contengono tutti i nutrienti di cui l’organismo ha bisogno. Ma siamo noi i primi che dobbiamo re-imparare a consumare i nostri prodotti genuini. Con la filiera corta e diretta possiamo aiutare gli agricoltori e tutti i lavoratori e noi stessi assicurandoci cibi di qualità, che mantengono tutti i principi nutritivi!
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