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Roma. “Operazione via Rasella”, dal 23 marzo verso e oltre il 25 aprile

Sono passati quasi 80 anni da quando i nazifascisti occuparono Roma, colpendo con quotidiane rappresaglie e rastrellamenti i quartieri popolari di questa città ribelle e mai domata. Operazioni costantemente contrastate da una forte e diffusa resistenza, promossa e organizzata dalle forze partigiane, nel centro come nei quartieri popolari.

Fra le tante azioni che colpirono i reparti del Terzo Reich e dei collaborazionisti fascisti il culmine avvenne il 23 marzo 1944, nell’attacco di via Rasella contro un battaglione di tedeschi che marciava, come ogni giorno, nelle vie del centro, a sottolineare alla popolazione romana che erano degli occupanti e che non esisteva alcuna città aperta.

Con quell’azione la resistenza, in particolare organizzata nei reparti dei Gruppi di Azione Patriottica, si assunse l’onere e l’onore di dare una lezione agli occupanti, col fine di dare un segno tangibile che il loro potere, fondato sul terrore e l’occupazione militare, non sarebbe durato a lungo e che i conti con i fascisti erano vicini.

Fu, a tutti gli effetti, un’operazione di guerra contro un nemico occupante. L’azione ebbe un’eco in tutto il paese e la reazione dei nazisti è a tutti ben nota: le fosse Ardeatine e i 335 uomini trucidati in gran segreto nelle cave dismesse sull’Ardeatina il giorno dopo l’azione di via Rasella.

Tuttavia, se per le vittime delle fosse Ardeatine la memoria collettiva e “istituzionale” è stata mantenuta e ravvivata ogni anno in occasione della sua ricorrenza, lo stesso non si può dire dell’azione di via Rasella, realizzata coraggiosamente dai partigiani ma spesso (intenzionalmente) dimenticata.

La necessità di costruire una “memoria condivisa” a livello istituzionale nel dopoguerra – che, quindi, andasse bene per la sinistra come per la destra – ha portato infatti a focalizzare l’attenzione sul ricordo degli eccidi e delle vittime.

Molto meno, invece, è rimasto della memoria dei combattenti partigiani che con le loro azioni, anche militari, hanno tenuto sotto scacco interi reparti nazisti: «Roma è stata la capitale che ci ha dato più filo da torcere», lasciò scritto Eugen Dollmann, colonnello delle SS e rappresentante di Himmler in Italia.

Quello che dovrebbe essere un motivo di orgoglio viene quindi spesso dimenticato, quando non proprio ostracizzato strumentalmente (dalla destra ma non solo), arrivando a sostenere che le azioni armate dei partigiani siano state irrilevanti o, peggio, controproducenti nei confronti di una “zona grigia” di popolazione che sopravviveva in una “guerra civile” fra rossi e neri.

La Roma antifascista non intende però rinunciare al suo orgoglio partigiano: ricordare ogni anno la lotta di resistenza del popolo romano contro il nazifascismo e in particolare l’azione di via Rasella ha un significato profondo che si rinnova costantemente nella coscienza di coloro che lottano contro lo sfruttamento e le disuguaglianze di oggi. Via Rasella ci dice infatti che è possibile e necessario combattere e ribellarsi alla barbarie, ieri come oggi.

Quei partigiani ci hanno lasciato questo testimone: se non vogliamo limitarci alla retorica e alla testimonianza, dobbiamo fare nostra la storia della resistenza che ci insegna che i carnefici erano solo da una parte, che non c’erano due parti in lotta con le loro ragioni, ma c’era da una parte un regime nazifascista che depredava, rastrellava e uccideva e dall’altra c’era la lotta giusta e sacrosanta del popolo che combatteva con ogni mezzo necessario l’occupazione e gli odiati traditori fascisti.

Abbiamo assistito per troppi anni a una vergognosa campagna bipartisan che accomunava il centro sinistra e il centro destra in riabilitazioni e revisionismi su una presunta pace storica da ratificare tra repubblichini e partigiani.

Non è mai superfluo ricordare il discorso di insediamento che fu fatto nel 1996 dal Presidente della Camera dell’ex PCI-DS-PD Luciano Violante che si lanciò per la prima volta pubblicamente nel tentativo di riconoscimento delle “ragioni dei vinti”, operazione politica che ha dato la stura, in questi decenni, a un imponente revisionismo storico e a una campagna ideologica di equiparazione del comunismo al nazifascismo culminata nella risoluzione del Parlamento europeo del 22 settembre 2019, a ottanta anni dallo scoppio della seconda guerra mondiale.

Il carretto da spazzino “protagonista” dell’operazione.

Un insulto ai milioni di partigiani che in Unione Sovietica e in tutta Europa hanno combattuto, morendo contro il nazifascismo e per una società diversa.

Ecco, anche per questi motivi vogliamo ricordare, ma principalmente attualizzare, gli insegnamenti della lotta partigiana. Non basta solo il ricordo, la memoria e la testimonianza. Perché se ci limitassimo a questo faremmo solo una parte del nostro lavoro: il senso più profondo è raccogliere il testimone, prendere parte, studiare e organizzarsi, costruire una nuova resistenza contro la barbarie del mondo moderno capitalista.

Come i partigiani, spesso giovanissimi ragazzi e ragazze, scelsero la strada dura e piena di ostacoli della lotta senza tregua contro il nemico invasore e traditore, così noi oggi siamo chiamati alle sfide di un mondo dove il sopruso, lo sfruttamento e la repressione avanzano e a cui non si può rimanere inerti e passivi.

Già l’anno scorso una partecipata passeggiata a via Rasella si è mossa per rivivere e riportare quell’azione partigiana alla memoria viva della Roma antifascista, popolare e resistente. Quest’anno vogliamo continuare questa “operazione”, tornandoci insieme il 23 marzo e immaginando qualche passo in più, che ci accompagni al 25 aprile.

Coscienti che la nostra memoria, la memoria della resistenza, vada coltivata e condivisa affinché rimanga memoria collettiva e che questo non possa che partire dai rivoluzionari, resistenti e ribelli di oggi.

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