Ci siamo. Ancora un paio di mesi e si aprirà la Porta Santa per il Giubileo convocato nel nome delle “persone povere”, della “misericordia” e della “carità”.
Nel frattempo, però, si chiudono le possibilità di accesso ad un affitto sostenibile per migliaia di famiglie e single che vivono nella nostra città; aumentano gli sfratti per finita locazione e per morosità dovuta al rincaro dei canoni o alla volontà dei proprietari di rimpiazzare l’inquilinato di lungo periodo con sistemazioni turistiche e affitti brevi; diminuisce la possibilità di risiedere a Roma per studenti e studentesse che vogliano frequentare le università della Capitale.
Il Comune di Roma ha varato un Piano Strategico per l’Abitare più di un anno fa, impegnando per il 2023 i primi 220 milioni, ma le sue procedure e i suoi investimenti sono lenti e parziali.
Il bando per le manifestazioni di interesse dei privati a vendere i propri stabili al Campidoglio ancora non ha chiarito le disponibilità esistenti e i tempi di acquisto, con il rischio di ripensamenti e passi indietro, nonostante le sollecitazioni provenienti dalla Prefettura cittadina.
È in via di approvazione, dopo forti ritardi, il bando E.R.S. (edilizia sociale) rivolto alla tutela degli inquilini degli Enti previdenziali e assicurativi (e dei loro fondi) che non hanno potuto acquistare gli alloggi messi in dismissione perché non hanno avuto l’accesso ai mutui bancari e molti dei quali sono sotto sfratto per finita locazione o perché gli affitti sono diventati insostenibili.
Inoltre, i continui riferimenti della Giunta alla assoluta necessità di “contemperare interessi diversi” (sic!) e favorire la partnership tra pubblico e privato nel modellare l’offerta abitativa e l’economia urbana si traducono in diversi effetti nefasti.
In primis, in una continua cessione di pezzi interi di città (da ultimi la Fiera di Roma e l’area del Complesso Boncompagni) a fondi immobiliari e di investimento che tutto hanno a cuore meno che le sorti di chi abita la città.
In secondo luogo, in nessun tentativo di regolamentare la piaga della turistificazione che ha già trasformato il centro storico in un parco giochi per turisti, e che sta spingendo per saturazione alla proliferazione degli affitti brevi ormai in tutte le parti di Roma. I
n terzo luogo, in un mancato argine alla arroganza con cui ex-enti pubblici e previdenziali continuano a sfrattare indisturbati (e in sprezzo alla loro mission iniziale di tutela sociale) per collocare gli alloggi vuoti nei fondi immobiliari, senza che nessuno li obblighi a mettere a disposizione il proprio patrimonio e approfittando della timidezza prefettizia nell’imporre una moratoria degli accessi degli Ufficiali Giudiziari.
Infine, non possiamo dimenticare come in nome del Giubileo si stiano invocando interventi di “rigenerazione urbana” (ancora una volta in partnership tra pubblico e privato), “ripristino del decoro” e “lotta al degrado” che si realizzano militarizzando lo spazio pubblico, acquistando migliaia di telecamere con AI inclusa (con la scusa di proteggerci dai borseggiatori) e realizzando interventi di architettura ostile (vedi il montaggio di cancellate e recinti a piazza della Repubblica, a piazza Pepe e viale Pretoriano per impedire l’insediamento di coloro che hanno l’imperdonabile colpa di non avere un tetto sopra la testa).
La sicurezza urbana è d’altronde il mantra che ascoltiamo sovente, e che viene invocato da sedicenti comitati di cittadini contro il degrado o da star mediatiche come don Coluccia e simili.
Intendiamo prendere parola, per affermare che la cosiddetta città di sotto, termine coniato ai tempi di Mafia Capitale, esiste, si è allargata e si rifiuta di essere il capro espiatorio dei problemi sociali ignorati in questa città.
Sono sempre più le persone che vivono a Roma e sono strozzate dalla tenaglia del carovita, dei tagli ai servizi causati dall’economia di guerra, da affitti più proibitivi persino di rate dei mutui che sono però del tutto inaccessibili per le giovani generazioni e per le persone precarie dal punto di vista lavorativo. Riteniamo quindi non più rinviabile una presa di posizione forte che sappia rivolgere le proprie richieste a tutte le istituzioni coinvolte.
Alla Regione Lazio di smetterla di stare a guardare e di pensare che l’unica cosa da fare sia modificare la legge 12 che regola la gestione e l’accesso alle case popolari. Al Comune di Roma di muoversi con maggiore decisione e più autorevolezza nell’attuazione del Piano Strategico per l’Abitare, e di non pensare all’urbanistica come mero strumento di valorizzazione da parte della rendita.
Lo stesso sindaco, d’altronde, in un recente incontro pubblico ha chiosato che Roma non si possa ritenere una città europea per il numero assolutamente insufficiente di alloggi di edilizia residenziale pubblica, anche a fronte della percentuale già desolante che caratterizza tutto il territorio nazionale (3,8 percento sul totale degli immobili definiti).
Infine, chiediamo al Prefetto di intervenire in maniera risoluta verso il Governo che è completamente assente in termini di politiche abitative pubbliche, e la cui unica preoccupazione è realizzare indisturbato grandi opere inutili e dannose come il Ponte sullo Stretto di Messina, come ben illustra la stretta repressiva incistata nel disegno di Legge 1660 approvato in questi giorni alla Camera dei deputati che vuole colpire con dure condanne penali ogni forma di dissenso, di confitto e di solidarietà nei confronti di chi reclama diritti.
Ne parleremo insieme in una assemblea pubblica a Cinecittà il 24 settembre alle h. 17.30 presso la Sala parrocchiale di San Gabriele dell’Addolorata in via Ponzio Cominio 101.
Sono stati invitati a partecipare:
Tobia Zevi, assessore alla casa di Roma Capitale; Yuri Trombetti, Presidente della Commissione casa di Roma; F. Laddaga, Presidente del VII Municipio; A. Ciaccheri, Presidente dell’VIII Municipio; Luca Montuori, Università Roma Tre
Asia-Usb
Movimento per il Diritto all’Abitare
Cambiare Rotta
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