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Bergamo. Dopo la strage, lo sfregio

Tutti ricordiamo i camion militari che portavano via, in tarda sera, le bare dei morti per Covid, a Bergamo e provincia (la Val Seriana, con Nembro ed Alzano, mai chiusa per non dar fastidio alle industrie). Per quella strage, che continua anche ora, nessuno ha pagato e, forse, pagherà mai.

Ma chi protesta contro i responsabili, notissimi, di quella autentica mattanza che si è portata via parecchie migliaia dei quasi 30.000 morti nella sola Lombardia, rischia sempre più di loro.

Questa notizia, pensiamo, dice sulla follia della “classe dirigente” di questo Paese assai più di quel che a prima vista si può notare.

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La più completa solidarietà ai Compagni Pia Panseri e Gianfranco Fornoni per l’assurda, surreale, direi anche grottesca vicenda che li vede coinvolti. Indagati, si legge su L’Eco di Bergamo: «per le lettere minatorie spedite a giugno ai presidenti di Confindustria Lombardia Marco Bonometti e Confindustria Bergamo Stefano Scaglia e per la bomba carta recapitata a settembre al presidente di Confindustria Brescia Giuseppe Pasini. Le missive contenevano un proiettile calibro 6,35».

Lettere che recano la sigla di sedicenti Nuclei Proletari Lombardi. E questo è l’aspetto più grottesco dell’intera vicenda.

Gianfranco e Pia, rispettivamente 64 e 65 – lei anche membro della segreteria provinciale di Rifondazione, partito non certo noto per le sue spinte rivoluzionarie – avrebbero costituito una fantomatica “organizzazione proletaria armata” che manda minacce tramite proiettili e bombe carta per lettera. Dopo aver preso parte a vario titolo alla Lotta Armata Comunista da giovani! Viene da ridere se non ci fosse da piangere.

Oramai, come ho già scritto altrove, il livello di paranoia degli organi di sicurezza, delle forze di polizia e della magistratura, in questo paese sta toccando picchi inquietanti. La repressione si sta trasformando, a tutti gli effetti, in uno Stato di Polizia. Ed è la logica perversa messa su dagli inquirenti a confermarlo.

Pia e Gianfranco sarebbero, infatti, indagati per “associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico e minacce aggravate”, e questo perché hanno preso parte alle manifestazioni del Comitato popolare verità e giustizia per le vittime da Covid-19, orientato a sinistra e alternativo rispetto a quello più famoso.

Fra le iniziative organizzate, i sit-in di protesta all’ospedale di Alzano e quello davanti alla sede bergamasca della Regione in via XX Settembre a Bergamo, dove M. P. P. aveva preso la parola.

Ed è proprio quest’attivismo, spiega sempre L’Eco di Bergamo, a destare preoccupazione negli organi inquirenti. Scrive il quotidiano bergamasco: «È l’abbinamento tra un passato extraparlamentare con condanna per associazione terroristica e partecipazione a iniziative che hanno come oggetto anche la vicenda della zona rossa che ha portato gli inquirenti a casa dei due».

Insomma, kafkianamente, Gianfranco e Pia sarebbero colpevoli ad vitam e a prescindere. Perché, nonostante abbiano pagato con condanne, processi e carcere i la loro appartenenza a Prima Linea, oltre 40 anni fa, non avrebbero più diritto a contestare questo feroce ed iniquo sistema. Non hanno diritto, come tanti altri compagni che hanno preso parte a quella stagione rivoluzionaria, a fare politica. Neanche parlare possono.

Sono condannati ad una morte in esistenza. E di casi ne conosciamo tanti!

Solidarietà dunque, a Pia e Gianfranco!

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