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Milano. Musei Civici, lavoratori degli appalti ancora una volta in sciopero

Il 17 novembre  più di 60 lavoratori e lavoratrici degli appalti di sala e biglietterie dei musei civici di Milano sono stati, nuovamente, in sciopero davanti al Museo del ‘900 per rivendicare adeguamenti salariali immediati, oltre che salute e sicurezza sui posti di lavoro e contratto Federculture nelle prossime gare d’appalto.

Lunedì 18 novembre, dopo lo sciopero del giorno prima, il sesto nell’ultimo anno, i lavoratori e le lavoratrici dei musei civici di Milano sono entrati in consiglio comunale sollevando un tema centrale: quello dei bassi salari negli appalti comunali. 

Abbiamo ribadito che, se si continua ad applicare il contratto Multiservizi, l’unica cosa di cui si può vantare Milano è di essere la città simbolo dello sfruttamento. 

È il momento che il comune si prenda l’impegno formale di redistribuire la ricchezza nelle mani di chi la produce, applicando il Federculture nelle prossime gare d’appalto e adeguando i salari nell’attesa.

Dopo innumerevoli richieste di incontro alle quali non è mai arrivata risposta, nonostante gli accordi presi a luglio con gli Assessori alla Cultura e al Bilancio per un tavolo a settembre, prendiamo atto che l’amministrazione non vuole confrontarsi con i lavoratori e che lo fa solo se obbligata dalla presenza fisica in aula dei lavoratori stessi che la contestano.

Siamo stati dunque ricevuti dall’assessore alla cultura Tommaso Sacchi e dal presidente e vicepresidente della commissione lavoro. Ci hanno comunicato l’impegno del Comune che avrebbe stanziato a bilancio 210.000 euro verso il rinnovo dell’appalto delle biglietterie mentre mancano ancora le conferme tecniche rispetto l’adeguamento salariale per il personale di sala.

Siamo pronti e pronte a presenziare, se sarà necessario, a ogni consiglio comunale fino a natale per accertarci che le tante parole degli ultimi mesi diventino fatti. Ma non è questo che vorremmo. Quello che i lavoratori chiedono con tutti i mezzi che hanno a disposizione da un anno a questa parte, sono corrette relazioni sindacali e, come è normale, partecipare ai tavoli dove si decide del loro futuro.

Questa battaglia per pretendere salario e dignità prosegue ormai da più di un anno, un tempo in cui la voce di chi lavora si è fatta largo tra le sedie di palazzo Marino. Appena pochi mesi fa il Comune aveva garantito la sua disponibilità a considerare lo stanziamento di fondi per riconoscere un adeguamento salariale all’appalto in corso e all’uso del Federculture per gli appalti futuri.

Ad oggi però non c’è ancora stata una risposta formale e i lavoratori sono pronti a continuare la lotta, nella consapevolezza che il percorso di rivendicazione sarà ancora lungo.

La vertenza che sta caratterizzando i musei civici di Milano è rappresentativa della condizione di una parte importante della classe lavoratrice di questo paese: l’applicazione di un contratto povero come il Multiservizi, l’esternalizzazione tramite appalto e l’assoggettamento alla legge 146/90 sono solo alcuni degli ingredienti di un cocktail esplosivo di sfruttamento. In parallelo la legge Finanziaria stanzia un taglio lineare ai ministeri tra cui quello della Cultura, dove però gli scandali di palazzo sembrano sortire più interesse della sorte di migliaia di posti di lavoro.

Una vertenza d’esempio anche per il coraggio di lavoratori e lavoratrici che hanno scelto di non mollare e proseguire senza indugi verso il sesto sciopero, un segnale forte a un’amministrazione che spinge l’acceleratore sull’economia del turismo e dei grandi eventi, senza mai considerare il tema del lavoro povero e sottopagato, in una delle città dove l’affitto medio prende più della metà dello stipendio. Un percorso che ci auspichiamo il prima possibile venga intrapreso anche da altri lavoratori e lavoratrici in appalto.

Milano ha toccato record nel 2023 con 8,5 milioni di arrivi in città e 11.5 nell’area urbana, un’economia i cui guadagni continuano a diventare profitti, senza alcuni politica redistributiva nei confronti di chi quella ricchezza la produce.

La certezza è che non ci sarà battuta d’arresto fino a quando non avremo raggiunto l’obiettivo. Per questo continueremo a far sentire la nostra voce alla giunta e saremo in piazza il 13 dicembre per lo sciopero generale.

 

 

 

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