Si sta ormai palesando in modo sempre più lampante la gravità delle inchieste sull’urbanistica milanese, che hanno smascherato il modo in cui il governo della trasformazione urbana della città guidata dal centrosinistra sia stato di fatto consegnato nelle mani di un manipolo di affaristi e speculatori vari, che l’hanno gestito secondo i propri privati interessi e appetiti speculativi e che ha portato per ora all’indagine dello stesso sindaco Sala e alle misure cautelari per 6 persone, tra assessori, membri della commissione paesaggio, architetti e costruttori.
Di fronte a questo, vale la pena soffermarsi su quella che è stata la reazione da parte di alcune realtà cittadine che da tempo denunciano un modello di città ormai piegato agli interessi della speculazione immobiliare e sulle possibilità, a partire da una mobilitazione cittadina, di invertire la rotta verso una concezione del governo pubblico radicalmente opposta rispetto a quella rappresentata dalla giunta Sala; un governo pubblico che non sia più comitato di affari di chi deve speculare sullo spazio urbano, producendo sistematicamente sofferenza sociale economica e ambientale per la maggioranza degli abitanti, ma governo al servizio dei cittadini e a tutela dei loro diritti, a partire da quello ad un’abitazione dignitosa a prezzi sostenibili che in questi anni è stato sistematicamente negato.
È una sfida di cambiamento radicale che si proietta ben oltre Milano, se si pensa che la città è apripista e laboratorio di questo modello di sviluppo urbano distorto che viene poi sperimentato in tante altre aree metropolitane italiane, in particolare quelle governate dal campo largo del Centro sinistra come Bologna e Roma.
Un primo segnale chiaro di opposizione militante di fronte a queste vicende è arrivato dalla mobilitazione quasi immediata di Potere al Popolo, che ha aperto le danze con la richiesta di dimissioni della giunta Sala sotto Palazzo Marino in concomitanza con il consiglio comunale nel quale il Sindaco, forte del sostegno già garantito nelle ore precedenti dalle dichiarazioni di tutto l’arco parlamentare del partito unico degli affari, da Schlein a Meloni, ha avuto invece gioco facile a sottrarsi alle dimissioni.
Un sostegno bipartisan per lo più giustificato con la scusa del “garantismo”, eludendo completamente il nodo della responsabilità politica di chi ha fatto prosperare un sistema di malaffare tra pubblico e privato. Tutto questo al di là dell’esito giudiziario difficilmente prevedibile, vista la capacità difensiva in termini legali di chi muove miliardi.
Nessuno sconto poi è stato fatto al centrodestra e a Salvini che è stato contestato pochi giorni dopo da Potere al Popolo nella sua passerella elettorale in un convegno che si proietta già verso le elezioni comunali del 2027 dal titolo “costruiamo insieme Milano”.
In questa occasione Salvini è stato indicato come l’altra faccia del Modello Milano; è evidente infatti che in tutti i momenti decisivi per la tenuta del modello di città eventificio e parco giochi per ricchi basato sul servilismo alla speculazione privata il centrodestra ha sempre dismesso i panni dell’”opposizione” a Sala, ricompattandosi col centrosinistra.
Un esempio chiaro è stato l’iter del decreto Salva Milano, prodotto della convergenza di interessi tra il centrosinistra bisognoso di paralizzare le indagini e il centrodestra sempre pronto a difendere le colate di cemento dei palazzinari e a invocare drammaticamente la necessità di “sbloccare i cantieri”.
Non è mancata anche la mobilitazione da parte degli studenti di Cambiare Rotta Milano rispetto al fatto che anche il diritto allo studio e il bisogno di studentati è diventato per la classe politica e per i signori del mattone un terreno di speculazione, facendo leva sulla possibilità di utilizzare fondi pubblici, soprattutto grazie al PNRR, per costruire studentati a gestione privata.
La denuncia delle responsabilità politiche della giunta Sala e la rivendicazione della città pubblica come alternativa possibile e necessaria per Milano è proseguita poi con volantinaggi anche a Corvetto, uno di quei quartieri particolarmente emblematici delle logiche di gentrificazione ed espulsione finalizzate alla costruzione della città dei ricchi.
Momenti di mobilitazione che hanno avuto la lucidità non solo di mettere in luce le contraddizioni della città, che ormai da più parti vengono evidenziate, soprattutto in termini di emergenza abitativa, ma di essere conseguenti nei punti di rivendicazione politica, a partire dalla richiesta di dimissioni della giunta.
È infatti proprio il livello di contraddizioni raggiunto in città in questi anni in termini di diseguaglianza, di erosione del potere d’acquisto e di vivibilità, che fa luce su un elemento politico ineludibile: la Giunta Sala è il Modello Milano e quello che le inchieste hanno scoperchiato non è un incidente di percorso ma è il disvelamento dei meccanismi e delle logiche alla base del modello di sviluppo della città, voluto e perseguito dalle giunte di centrosinistra che governano la città da quasi 15 anni.
Agitare lo slogan della Milano città pubblica senza individuare le responsabilità politiche e le rivendicazioni conseguenti rischia di relegare all’inconsistenza o peggio, prestare il fianco ai tentativi già in atto di ripresa del PD sui temi sociali; le mancate dimissioni di Sala e il sacrificio dell’ormai ex assessore Tancredi unite alle promessa di una svolta sull’urbanistica mirano a dare la parvenza del cambiamento mentre stanno in realtà garantendo la continuità del sistema.
Per non parlare del fatto che già stanno emergendo le prime iniziative da parte dei giganti del mattone, Assoedilizia in testa, per una legge nazionale che costituisca di fatto un Salva Milano – bis.
Questi elementi non possono essere ignorati per chi vuole mettere in campo un’opposizione che non faccia solo testimonianza ma si doti di strumenti adeguati e di una piattaforma rivendicativa chiara per mettere in discussione il sistema, oltre che di un’attitudine militante e conflittuale capace di rompere l’asfittico clima politico di consociativismo tra centrodestra e centrosinistra.
Un sistema che è certamente tentacolare e pervasivo, che può contare sul sostegno bipartisan, ma che al contempo ha prodotto un livello di contraddizioni tale da mostrare crepe sempre più importanti. Anche l’aver limitato di fatto la partecipazione dei cittadini al consiglio comunale in cui si attendeva il discorso di Sala, con le sale disponibili riempite dagli esponenti amici della giunta, oltre all’ingente dispiegamento di forze di polizia schierate per impedire l’ingresso ai manifestanti, è un elemento in piú che dimostra quanto il sistema abbia paura di una mobilitazione determinata in città.
Si aprono dunque gli spazi per mettere in campo una vera alternativa; ci vogliono però soggettività che sappiano coglierli e su questo bisognerà verificare a partire da settembre quale sarà la disponibilità di comitati, realtà politiche e sociali. È chiaro infatti che le mobilitazioni promosse da Potere al popolo sono state un segnale chiaro e una promessa di opposizione, ma l’obiettivo è ambizioso e necessita di un ampio raggio di forze che si vogliano misurare su questo terreno.
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