Abbiamo ormai interiorizzato il sacro precetto che «lu piagne è mezza partita», ma forse, a quattro giorni dall’apertura delle urne e a due dalla fine della campagna elettorale, è giunto il momento di chiedersi quale sia l’altra mezza partita.
Nelle Marche la destra parte avanti. Di più, girano sondaggi riservati in cui la destra riuscirà a vincere in cinque regioni su sei al voto (si salverebbe solo De Luca in Campania, poi ci sarebbe la Valle d’Aosta ma nessuno se ne sta occupando).
Siamo alla famosa «ora dei cialtroni», cioè quando cominciano a girare voci pazzesche («Aveva segnato anche Zoff di testa su calcio d’angolo») e i pronostici si mischiano con il terrore, la paura di non farcela, la gamba che trema poco prima del calcio di rigore – scusate, è che le metafore calcistiche sono sempre sin troppo facili.
La verità è che nelle Marche c’è una vaghissima aria di rimonta del centrosinistra, non fosse altro perché la destra ha sostanzialmente smesso di fare campagna elettorale ormai da settimane (qualche giorno fa a sentire Salvini ad Ascoli c’erano meno di cinquanta persone, un fiasco clamoroso: il capitano è rimasto tre minuti e poi è fuggito via).
Il candidato di Fratelli d’Italia, Francesco Acquaroli, non parla da mesi – e quando lo fa i suoi sostenitori sperano sempre che finisca in fretta – pensa (vabbè, “pensa”, che parolone) che i suoi boss Meloni e Salvini siano abbastanza attrattivi da vincere solo perché esistono, crede che il Pd sia ormai bollito e che gli alleati non valgano niente. Tutto vero, però Maurizio Mangialardi la campagna elettorale la sta facendo per davvero, e questo comunque porterà qualcosa.
A voler fare gli espertoni, si può provare a calcolare qualcosa: ad Ascoli, Fermo e Macerata vincerà la destra, a Pesaro e Ancona invece prevarrà il centrosinistra. I due blocchi, numericamente, sono pari, cioè valgono lo stesso bacino di voti. Se la destra trionferà ad Ascoli, Fermo e Macerata e limiterà i danni ad Ancona e Pesaro, Acquaroli avrà vinto le elezioni. Se, viceversa, il centrosinistra trionferà ad Ancona e Pesaro e limiterà i danni ad Ascoli, Fermo e Macerata, Mangialardi sarà il nuovo presidente.
Tutto qui? Certo che no. Pensiamo alle giornate di domenica e lunedì: ai seggi sarà un casino. A causa del Covid potrà entrare soltanto un elettore alla volta, i militari dovranno controllare che non si creino assembramenti, anziani e donne incinte potranno saltare la fila, molti se ne andranno, altri saranno parecchio innervositi. Potrebbero volerci ore per riuscire a prendere scheda e matita, e sai che rottura…
Cosa significherà tutto questo non si sa, però è una porta aperta su scenari che nessuno aveva preso seriamente in considerazione. Bisogna porsi una domanda: chi è più motivato a votare? Chi non si farà scoraggiare dal solito caos italiano del giorno delle elezioni? In altre parole, se i sondaggi sbagliano quasi sempre, questa potrebbe essere la volta in cui non ci avranno preso per niente. C’è da capire, però: la situazione è così incasinata che mettersi a lavorare con la statistica è un’impresa più da stregoni che da laureati.
Ovviamente non siamo più alle questioni di merito – posto che in campagna elettorale non si parla mai di politica ma di aria fritta, e va bene così – e tutti i coinvolti, stremati e in preda a paranoie inquietanti, sono impegnati ad aspettare e sperare, a far di conto e a bere per dimenticare o per non pensare.
Noialtri osserviamo la vita passare in questa strana campagna elettorale estiva, con la serena consapevolezza che in fondo non gliene frega niente a nessuno di quello che accadrà.
E che perda il peggiore.
* da Facebook
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