Anche Confindustria Piemonte, insieme alle analoghe rappresentanze regionali di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, ha sottoscritto un documento che chiede la rapida riapertura delle attività produttive, e che già il governo Conte sta dando segnali di voler recepire. Si parla infatti di una graduale ma imminente riapertura, a partire dal 14 aprile.
Sono state pesantissime, dall’inizio dell’emergenza, le ingerenze di Confindustria nelle scelte politiche del governo, determinando una chiusura solo parziale delle attività produttive e una conseguente esposizione al rischio contagio di migliaia di lavoratori. E’ di appena due giorni fa la denuncia dell’INAIL Piemonte, secondo la quale sono circa 500 i casi di infezione sul lavoro da coronavirus denunciati nella regione, di cui quasi 300 nella provincia di Torino. Molti scienziati, come l’infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano Massimo Galli, sostengono che qualunque idea di riapertura sia assolutamente prematura.
Nonostante questo, gli industriali della regione sono in prima fila a reclamare la fine delle misure di sicurezza. Molto esplicitamente, si legge che “prolungare il lockdown significa continuare a non produrre, perdere clienti e relazioni internazionali, non fatturare”. Non solo: si chiede anche di sostenere con fondi pubblici le spese delle imprese per la sicurezza, e di autorizzare l’uso di dispositivi prodotti in deroga alle normative sanitarie! (https://tinyurl.com/wbgfxum)
Il documento firmato oggi dagli industriali delle regioni del Nord Italia è con tutta evidenza una richiesta di aprire per le esigenze del profitto, prima che siano raggiunte le condizioni sanitarie minime in tutto il paese. Non è bastato il disastro di Bergamo e Brescia. Ancora una volta gli industriali stanno mettendo i loro profitti a brevissimo termine davanti alla nostra salute. E ancora una volta non si registra nessuna reazione dalle istituzioni nazionali e locali, anzi pronte ad eseguire queste criminali richieste.
Occorre proseguire e anzi intensificare le misure di chiusura delle attività produttive non essenziali, fino a quando non si potranno garantire integralmente le condizioni di sicurezza per i lavoratori, il che non potrà avvenire a breve. Tra salute e profitto non ci può essere partita! Occorre invertire la rotta e ripartire dagli interessi e dalla tutela di chi lavora!
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