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Ex Embraco, la ‘ndrangheta convitato di pietra

Vorremmo, una volta di più, essere molto chiari su questa vicenda: l’ingresso in scena della ‘ndrangheta non è un incidente di percorso, è la conseguenza strutturale di una crisi aziendale lasciata a marcire.

Infatti, mentre le inchieste sulla ‘ndrangheta al nord e sui suoi intrecci con economia, sport e politica si moltiplicano (e dopo lo stesso esposto del sindacato confederale alla Procura di Torino sullo “strano caso” Whirlpool/Ventures), si poteva pensare che i suoi “sherpa” non fiutassero l’affare anche qui?

Lo stesso meccanismo della farsa, imposto con la cosiddetta “reindustrializzazione”, genera direttamente questa conseguenza. Non fa nessuna differenza, da questo punto di vista, se l’azione criminale sia svolta dall’imprenditore ladro di turno piuttosto che dalle cosche. Sono i soldi stanziati nel processo di delocalizzazione e i/le lavoratori/lavoratrici messi a disposizione delle avventure “imprenditoriali” più improbabili ad attirare questi interessi.

La responsabilità è dello Stato succube delle multinazionali: mai come in questo momento, in piena crisi da pandemia e durante la “trattativa” sul MES, è apparso chiaro come proprio la libera circolazione dei capitali, a fondamento della UE, sia la causa di tutti i mali.

Per tenere fuori le mafie dall’economia e dalla politica occorre finalizzare la soddisfazione dei bisogni sociali, e non al profitto. Oggi, in videoconferenza, su ex Embraco, c’è il nuovo incontro al Mise bloccato da due mesi. E questa volta il Covid-19 aumenta, beffardo, il deficit di trasparenza: cosa c’è a questo punto sul tavolo della “trattativa”?

La nuova scommessa emersa a Termini Imerese, tanto caldeggiata, è già contraddetta dal sostenitore dello “spezzatino” – il sindaco di Chieri – che ha sponsorizzato la produzione di mascherine proprio da parte dell’impresa locale candidata appunto all’operazione “spezzatino”, la Traces Srl.

Quel “progetto”, quindi, sarebbe il miglior viatico per lo “spacchettamento” atto a chiudere la vertenza, lasciando disoccupata la maggioranza dei/delle 409 superstiti. Ma certo non consola pensare a questi ultimi nelle mani della Regione, coinvolta nella stessa inchiesta sulla ‘drangheta, oltre che nella gestione omicida dell’emergenza sanitaria.

L’alternativa, sempre più chiara e netta, è la nazionalizzazione, ancor più possibile da realizzare ora che un progetto vero avrebbe a disposizione il tempo della CIG prorogata.

Da chi possiamo aspettarci questa soluzione, da Vittorio Colao o da Cetto Laqualunque?

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