Ci sono 40 indagati e la contestazione di reati tra cui turbativa d’asta, corruzione, traffico d’influenze illecite, rivelazione del segreto d’ufficio, accesso abusivo al sistema informatico, falso ideologico, corruzione elettorale. L’inchiesta condotta dalla Procura di Torino, arrivata a conclusione ieri, riguarda Giulio Muttoni, l’ ex patron della Set Up Live, una società che per anni ha organizzato i principali eventi musicali e fieristici a Torino e che, con Live Nation, ha ereditato la gestione del Parcolimpico del capoluogo piemontese. Fin qui siamo nella cronaca.
L’indagine diventa però interessante perché in essa risulta coinvolto anche l’ex senatore del Pd Stefano Esposito, uno degli esponenti di punto del fronte Si Tav e nemico giurato del movimento popolare che si oppone alla devastante grande opera in Val di Susa.
L’ex senatore piddino, secondo la tesi dell’accusa, avrebbe cercato di favorire Muttoni, amico di vecchia data, anche utilizzando le sue funzioni parlamentari di componente della commissione Antimafia. Sempre secondo i magistrati, Muttoni avrebbe in qualche modo “ringraziato per l’intervento del senatore offrendo alcuni prestiti a tasso particolarmente vantaggioso”. Prestiti peraltro interamente restituiti attraverso bonifici.
Le indagini erano cominciate nel 2015, quando i magistrati hanno cominciato a seguire i movimenti di Muttoni per far decadere l’interdittiva antimafia emessa nei confronti della sua società dalla Prefettura di Milano a seguito di una serie di accertamenti sui lavori dell’Expo.
Nel tentativo di evitare l’interdittiva antimafia, secondo la ricostruzione dei magistrati, Muttoni si sarebbe avvalso anche dell’amicizia di un maresciallo della Guardia di Finanza, Michele Alterio, adesso indagato per corruzione. Nell’ordinanza è scritto che il maresciallo Alterio avrebbe avvertito Muttoni dell’arrivo presso la Dia di Torino dell’interdittiva a carico della sua società, spendendosi poi in prima persona “per cercare di trovare una soluzione favorevole a Set Up Live Srl e quindi far revocare il provvedimento” oltre a offrirsi “di intercedere in Prefettura presso i funzionari incaricati della pratica per garantire loro” sull’assenza “di possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nel tessuto societario”. Il tutto in cambio di “denaro e altre utilità”, a partire da biglietti per il Festival di Sanremo o altri eventi quali il concerto di Vasco Rossi de Il Volo. Infine il maresciallo Alterio aveva ottenuto “l’interessamento e l’attivazione” di Muttoni “tramite il Sen. Stefano Esposito per consentirgli di ottenere un nuovo incarico o lavoro economicamente per lui più vantaggioso”.
C’è poi un altro filone dell’indagine in cui compare l’ex assessore della giunta Fassino, Enzo Lavolta, al quale è contestato il reato di turbativa d’asta relativamente all’organizzazione del Terzo Forum Mondiale dello sviluppo economico locale, ospitato a Torino nell’ottobre del 2015. Gli inquirenti sospettano che, a partire dall’appalto gestito da Turismo Torino per l’allestimento del tendone in piazza Castello, Lavolta avrebbe favorito Parcolimpico a discapito di Gl Events. Secondo i magistrati, anche in questo frangente è coinvolto l’ex senatore Si Tav Esposito.
Il 10 settembre del 2018 la Corte di Appello di Torino aveva condannato l’ex senatore del PD Stefano Esposito a 400 euro di multa per diffamazione ai danni di quattro attivisti No TAV e del centro sociale Askatasuna. Il 8 dicembre 2011, in un articolo pubblicato sul suo blog, Esposito, a proposito di scontri che si erano verificati in valle di Susa, parlò di “circo dei violenti e dei teppisti” e indicò con nome e cognome le persone che a suo avviso avevano “pianificato e diretto” le iniziative contro le forze dell’ordine. Il 18 settembre scorso, su La Stampa, compariva però una dichiarazione dell’ex senatore Esposito di tenore diverso, arrivando a definire una “assurdità” l’arresto dell’attivista No Tav Dana Lauriola parlando di “giustizia vendicativa” nel caso in questione.
A maggio del 2019, l’inchiesta della Procura di Milano sullo scambio di favori negli uffici giudiziari di Torino, metteva in evidenza anche un altro esponente del fronte contro il movimento No Tav.
Secondo il quotidiano La Stampa del 15 maggio 2019, uno dei personaggi chiave dell’inchiesta milanese chiusa il 30 aprile, è Davide Barbato un poliziotto della scorta del giudice torinese Padalino – inquisitore contro i No Tav – un “uomo fidato del magistrato”, proprio come lo era l’appuntato Renato Damatteis, a processo a Torino per il giro di favori all’interno degli uffici giudiziari. L’agente Barbato non è indagato ma solo citato nell’inchiesta.
Secondo gli atti giudiziari Barbato chiamava spesso Muttoni per “comunicare la presenza del dottore e di persone ai lui vicine agli spettacoli”. Eventi organizzati dalla società Set Up Live, allora riferibile all’imprenditore. “Non avrò materialmente i biglietti per Ligabue, ma ho bisogno del nome della signora” dice Muttoni al poliziotto, chiedendo i dati della compagna del pm. “Il dottore non ci sarà” risponde l’uomo della scorta. E poi chiede: “Quanto costeranno?”. Muttoni: “Saranno omaggio”. Nulla di penale, ma come abbiamo visto la Set Up Live era già sotto i riflettori della procura di Torino per i tentativi di aggirare l’interdittiva antimafia emessa dalla procura di Milano. Le contestazioni al dott. Padalino sono infatti per “abuso d’ufficio” ma riguardano un’altra vicenda, quella di alcune multe agli agenti che lavoravano con lui.
Sull’inchiesta della Procura torinese, il movimento No Tav in una nota scrive: “Guarda caso quasi tutti questi personaggi sono stati coinvolti a vario titolo nella promozione e nella difesa del progetto del TAV Torino – Lione. Che dire, il lessico giudiziario non ci piace molto, ma se tutti questi indizi non fanno una prova”.
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