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Torino. No all’espulsione di Mohamed Shahin

Il governo sta mettendo in atto delle vere e proprie rappresaglie contro chi ha contribuito ad animare le manifestazioni oceaniche contro il genocidio in Palestina.

E’ di ieri la notizia della richiesta di rimpatrio in Egitto per Mohamed Shahin, l’imam di Torino che è stato sempre in piazza, ogni volta che c’è stata occasione di manifestare per la liberazione della Palestina e contro la complicità del nostro paese con Israele.

Mohamed Shahin è stato prelevato dalla sua abitazione e portato prima nel centro di rimpatrio di Torino, e poi addirittura in quello di Caltanissetta, dopo che gli era stato revocato il permesso di soggiorno di lunga durata e che era stata richiesta la sua immediata deportazione in Egitto, paese nel quale è considerato un dissidente politico del regime. Un’azione che lo espone a un rischio concreto di arresto, tortura e detenzione a vita, se non la morte.

Mohamed è conosciuto da tutta la città di Torino per il suo forte impegno nel dialogare con le diverse ed eterogenee comunità religiose, con l’umiltà e la coerenza che lo contraddistinguono. Un uomo che ha sempre parlato di pace, di pace tra i popoli che, come gli piaceva sempre dire, non hanno nazioni, colori, bandiere e religioni. Mohamed vive in Italia da più di vent’anni con la moglie e i suoi figli piccoli che hanno dovuto assistere all’arresto del proprio padre consapevoli del futuro che lo Stato gli vuole riservare: la condanna a morte.

Il suo arresto si fonda sulle opinioni, sull’idea di un mondo libero dalla violenza del genocidio e della guerra, sulla partecipazione alle manifestazioni condotte in città, in questi ultimi mesi.

L’accanimento contro Mohamed è inaccettabile e ingiustificabile, una vendetta a tutti gli effetti. Rimpatriare Mohamed significa mettere a rischio la sua vita, in quanto considerato dissidente politico in Egitto, e da 20 anni viveva e lavorava in Italia per questo. Ma l’attacco a Mohamed è l’attacco a tutti coloro che sono scesi in piazza e hanno scioperato.

Per chiedere l’immediata liberazione per Mohamed, ieri c’è stato un primo presidio sotto la Prefettura di Torino a denunciare nuovamente un governo complice col genocidio.

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