Una ammenda di circa 1.200 euro o trenta giorni di carcere. Questo quanto disposto, dopo più di cinque anni, dal giudice per le indagini preliminari Giovanni Caroli nei confronti di nove cittadini del quartiere Tamburi di Taranto. I fatti contestati risalgono al 19 giugno 2019, quando, secondo l’accusa, i cittadini «in concorso tra loro cagionavano l’interruzione e turbavano la regolarità dello svolgimento dei lavori del consiglio comunale, accedendo nell’aula consiliare, urlando e pronunciando frasi ingiuriose all’indirizzo dei consiglieri».
Quella data fu solo l’ultimo atto, eclatante ed esasperato, di una lunga serie di contraddizioni e sofferenze. Proprio nel corso del 2019 furono sequestrate le collinette ecologiche. Costruite anni addietro lungo il perimetro dell’ex Ilva con l’obiettivo di contenere, tramite la creazione di una barriera verde, la diffusione delle polveri minerali (all’epoca ancora sprovviste della copertura dei “parchi” materie prime), si rivelarono, in realtà, discarica abusiva di svariate tonnellate di rifiuti industriali. «Loppa, scorie d’altoforno e altro che, esposti all’azione degli agenti atmosferici, hanno riversato nei terreni e nell’ambiente circostante, sostanze altamente tossiche e cancerogene come diossine, furani, pcb, idrocarburi e metalli vari».
Le collinette ecologiche, più che barriere verdi, avevano il colore rosso rame spento, caratteristico di polveri e minerale, che nella zona industriale, e nel quartiere Tamburi di Taranto, si scorge pressappoco ovunque su ringhiere dei balconi, guardrail, e persino sulle lapidi del cimitero. Insistevano allora, e insistono tutt’oggi, a ridosso dell’istituto comprensivo statale Vico De Carolis, plesso Grazia Deledda, e della scuola secondaria di primo grado Ugo De Carolis.
All’interno degli istituti già più volte i bambini avevano riscontrato malori. Quando un gruppo di genitori del quartiere iniziò a documentarli, sottoponendoli all’attenzione di prefettura, comune e Arpa Puglia, gli edifici scolastici, con un’ordinanza comunale, furono chiusi fino al termine dell’anno scolastico.
Da un momento all’altro più di 700 alunni si trovarono dislocati nelle poche altre scuole del quartiere e lontani dalle loro solite classi, quelle in cui l’areazione, per la convivenza coi wind days (giornate caratterizzate da forti venti provenienti nord ovest e in assenza di precipitazioni che determinano un impatto negativo sulla qualità dell’aria nel quartiere Tamburi di Taranto e nella vicina Statte), è impossibile.
La città si strinse intorno ai genitori, occupò simbolicamente le scuole chiuse con loro. Chiedevano semplicemente che venisse assicurato il diritto all’istruzione per i propri figli in un quartiere già fin troppo vituperato. Tra questi ultimi c’erano anche Fabio Cocco, operaio del siderurgico nel reparto Acciaierie2 e delegato sindacale Fiom Cgil, e sua moglie Francesca Martinese.
«Il sindaco non rispose mai alle nostre sollecitazioni, così pensammo di chiedere chiarimenti direttamente in presenza, a Palazzo di Città». Francesca all’interno dell’aula consiliare si sedette pacatamente sullo scranno, in attesa di spiegazioni.
Grazie alla loro costanza e impegno, e dopo una tiritera durata più di tre anni, hanno fatto in modo che gli enti locali preposti dotassero non solo le due scuole, ma tutti gli istituti presenti nel quartiere Tamburi interessato dai wind days di impianti di areazione meccanica.
Oggi, a distanza di cinque anni, la vicenda delle collinette è ricordata dal recente sequestro dell’impianto in disuso Bra2 dell’ex Ilva, con intere aree sotterranee invase da sostanze oleose che, molto probabilmente, hanno contaminato le falde acquifere.
I condannati, però, sono dei genitori che hanno reclamato delle condizioni di vita normali per i propri figli.
* da il manifesto
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