È notizia di qualche giorno fa che il Presidente del Consiglio dei ministri, accompagnato dalla maggioranza della sinistra italiana, ha apparecchiato un tavolo per “aggiornare l’accordo di governo e definire i progetti di riforma istituzionale”, tra cui la nefasta riforma del Titolo V della Costituzione.
È indubbio che stiamo assistendo al più grave ed allarmante caos istituzionale, ma è altrettanto vero che lo stesso è stato incentivato da un governo centrale che nulla ha fatto in questi lunghi nove mesi per arginare le disparità tra le Regioni, per aiutare quelle più colpite o semplicemente per contribuire alla spesa sanitaria dei territori dove mancano i livelli essenziali di assistenza.
La stessa maggioranza di governo si è limitata ad impugnare qualsiasi ordinanza proveniente dalle istituzioni locali e mai ha favorito una gestione locale della pandemia che tenesse conto delle esigenze e delle peculiarità dei singoli territori, come appunto le isole.
In poche parole Conte ha dichiarato che entro il 2023 porterà a compimento la vecchia proposta di riforma costituzionale del 2016, bocciata dal 60% dei cittadini italiani.
Per onore di cronaca sono attualmente due i progetti di legge costituzionale portati avanti, tra cui quella a prima firma Dario Parrini, assegnata alla commissione Affari costituzionali del Senato, che ricalca il DDL “Boschi-Renzi” – il quale prevedeva il trasferimento di alcune materie di competenza concorrente in capo allo Stato italiano – e la c.d. “clausola di supremazia” secondo cui in caso di situazioni emergenziali sarebbe lo Stato a decidere.
Tutto ciò viene portato avanti attraverso una campagna populista e speculatrice delle paure del popolo, secondo cui solo un accentramento dei poteri potrà risolvere il disastro della sanità pubblica e dei conflitti tra potere centrale e quello regionale.
Nessuna riforma tesa alla diminuzione dei poteri del popolo sardo potrà modificare le sorti della nostra sanità pubblica, specchietto per le allodole per chi oggi vuole portare avanti una riforma che accentra tutti i poteri in mano alle istituzioni statali, limitando all’osso l’autonomia delle singole Regioni.
Difatti è bene ricordare che la materia della “tutela della salute” è di competenza concorrente e ciò sta a significare che compete allo Stato l’emanazione dei principi fondamentali, mentre alle Regioni spetta la potestà legislativa in osservanza dei predetti principi.
Qualora infatti la Regione non garantisse il funzionamento delle prestazioni essenziali, in ogni caso, lo stesso articolo 117 consentirebbe allo Stato, questa volta in via esclusiva, la determinazione dei livelli essenziali di assistenza e delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio statale.
Quindi a ben vedere lo Stato, nelle situazioni di estrema difficoltà, potrebbe già intervenire.
Sono mesi che denunciamo la cattiva gestione della Sanità in Sardegna, ma nessun disastro sanitario ed istituzionale ci porterà mai ad essere favorevoli ad una limitazione della nostra autonomia speciale e alla definitiva proclamazione della supremazia statale.
La nostra posizione non è cambiata, l’accentramento dei poteri in mano allo Stato italiano non migliorerà le condizioni della nostra terra e del nostro popolo.
Invitiamo tutto il popolo sardo e tutte le organizzazioni che hanno a cuore l’autogoverno a vigilare e prepararsi a contrastare con decisione questa nuova offensiva centralista.
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enzo guida
sono stato fautore del regionalismo , ma dall’unità d’italia non abbiamo mai costituito l’unità vera del popolo italiano , sanità e scuole devono essere devono essere statali e centralizzate e con equa distribuzione privileggiando le regioni a basso reddito