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Ardia. Discriminazioni contro le tradizioni sarde

Liberu ha aperto il dibattito, ora la parola alla Regione.

Nei giorni scorsi abbiamo portato all’attenzione dell’opinione pubblica la situazione di grave discriminazione a cui vengono sottoposte le manifestazioni della tradizione popolare sarda.

Abbiamo detto che riteniamo ingiusto che quasi tutte siano state proibite per motivi sanitari mentre contemporaneamente si tiene un atteggiamento di spropositata tolleranza verso trasporti, entrate in Sardegna, e attività turistiche in località balneari.

Abbiamo dichiarato che le tradizioni popolari della Sardegna sono sottoposte a regole stabilite con pesi e misure diverse rispetto alle attività delle grandi lobby del turismo costiero, creando una situazione di ingiustizia che non può essere tollerata.

La Sardegna ottiene grandi benefici anche dal turismo verso le manifestazioni della tradizione popolare, e l’anno di chiusure appena trascorso ha acuito problemi per tutta l’isola e in particolare per le zone interne.

La nostra non vuole essere una richiesta di abolizione delle regole sanitarie, né una chiamata al “liberi tutti”, ma ci chiediamo il perché queste regole siano valide per le tradizioni sarde e invece siano trascurabili per i grandi potentati soprattutto stranieri che gestiscono l’economia dello svago in costa.

Abbiamo perciò deciso provocatoriamente di chiamare un sit-in di protesta per il 6 luglio davanti all’arco di san Costantino nel santuario di Santi Antinu di Sedilo, lo stesso giorno e luogo in cui in tempi normali si sarebbe svolta l’Ardia, per richiamare l’attenzione su queste tematiche discriminatorie verso il popolo sardo.

Una scelta clamorosa che ha creato grande dibattito, e non poteva essere altrimenti, aprendo un confronto in tutta la Sardegna sulla situazione attuale e sui pericoli derivanti dagli afflussi incontrollati di turismo da ogni angolo del pianeta.

L’obiettivo di sensibilizzare su questa problematica è stato dunque pienamente raggiunto.

D’altra parte però vogliamo anche evitare di intrometterci ed “essere di troppo” nello svolgimento di una manifestazione popolare – che si svolgerà ugualmente anche se in tono minore – per cui riteniamo che non sia necessario mettere in atto il sit-in del 6 luglio, che viene quindi revocato.

Un atto di responsabilità e di rispetto nei confronti delle nostre comunità, per le quali lottiamo e ci impegniamo ogni giorno, e rivendichiamo il massimo rispetto per la cultura millenaria del popolo sardo.

Per noi è stato fondamentale dare un segnale forte contro le logiche discriminatorie nei confronti dei sardi e contro i trattamenti più che di favore accordati alle lobby del turismo costiero, e finalmente il dibattito è stato aperto.

Adesso ci auguriamo che anche la politica regionale si decida a dire qualcosa e a farci vedere cosa intende fare per difendere concretamente le tradizioni popolari e per mettere in atto anche nelle coste delle misure di controllo sanitario che salvaguardino la salute di tutti.

Abbiamo già subito un autunno e inverno con centinaia di morti e disastri economici, e la colpa non è certo stata delle tradizioni popolari: adesso aspettiamo che si prendano urgentemente i giusti provvedimenti per tutti e con le stesse regole uguali per tutti!

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