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Sicilia. Lettera aperta di una donna in lotta per il lavoro

Quella che incontrerete fra pochi istante fra queste righe è una sorta di lettera aperta con destinatari tutte e tutti noi. UNA DONNA che avrebbe voluto che il suo diritto al lavoro non fosse e non venisse calpestato.
UNA DONNA costretta a fare gli scioperi della fame, assieme ad un’altra lavoratrice combattente – la compagna Alessandra Canto – per cercare di penetrare nei muri di gomma dei governi regionali.
UNA DONNA che si batte con la bandiera del comitato Ex Sportellisti Liberi.
UNA DONNA siciliana che ama profondamente la Madre Terra di Sicilia, che spesso sembra una crudele matrigna.
UNA DONNA, che ha deciso di lottare e vivere a schiena dritta. E senza retorica, aggiungo, che vivere a schiena dritta non è cosa per tutte e per tutti.
UNA DONNA, Adriana Vitale.

La lettera aperta

“Chiedo scusa per aver scelto di rimanere in Sicilia quando, tanti anni fa, avrei potuto scegliere di andare via.
Chiedo scusa dell’amore che provo per la mia terra, del mio essere in simbiosi con essa.
Chiedo scusa se da ultracinquantenne mi è stata negata la dignità del lavoro.
Chiedo scusa se ho digiunato e dormito per strada per giorni e giorni a qualsiasi temperatura, anche quella che gela o brucia le carni.
Chiedo scusa per tutte le volte che mi sono privata di bere la sera per timore che un bisogno fisiologico mi potesse far scoppiare la vescica.
Chiedo scusa per aver usato il dono della penna per urlare e denunciare manciugghia e stoltezza.
Chiedo scusa per tutte le volte che ho inghiottito parole quando avrei voluto vomitare addosso ciò che pensavo e mi trattenevo per evitare di compromettere tutto.
Chiedo scusa per aver affrontato con dignità ogni umiliazione, anche quella di vedersi negare un bagno.
Chiedo scusa per tutte le delusioni che ho subito, per ogni porta sbattuta in faccia e per la fiducia tante volte tradita.
Chiedo scusa per non aver ceduto al richiamo delle sirene rimanendo me stessa nell’integrità e correttezza senza mai cedere a tentazioni.
Chiedo scusa per la forza che Dio mi ha concesso, che non sapevo neppure di possedere, che mi ha corazzata e mi ha permesso di sopportare tutto e agire sempre con onestà, con il solo scopo di difendere la mia dignità e la mia libertà.
Chiedo scusa se voglio che le mia carni, quando sarà il momento, possano riposare nel grembo della stessa terra che mi ha generata e fino ad allora senza perdere neppure un attimo del suo respiro che è il mio stesso respiro.
Sicilia, amara e amata terra mia, dove tanta bellezza è oscurata da altrettanta miseria”.

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