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Non una di meno! Le donne Usb nella piazza del 26

Intervista Licia Pera, esecutivo nazionale Usb

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E’ con noi Licia Pera, dell’esecutivo nazionale dell’Unione Sindacale di Base. Licia buongiorno.

Buongiorno a tutte e a tutti.

Con te volevamo parlare dell’adesione dell’Unione Sindacale di base a “Non una di meno”, la manifestazione contro la violenza maschile sulle donne che ci sarà sabato prossimo a Roma. Manifestazione nazionale che, come Unione Sindacale di Base, sarà preceduta oggi da un’assemblea in Campidoglio. Se tu puoi spiegarci quale è l’aspetto che ha spinto un sindacato ad aderire; sia dal punto di vista delle donne che del sindacato fanno parte, sia dal punto di vista delle lavoratrici.

Guarda… noi abbiamo intanto scelto uno slogan, scippato impropriamente alla grande Alda Merini, che è: non sono una donna addomesticabile. Perché lo vogliamo utilizzare come monito e come minaccia, per fare comunque delle donne di un sindacato – che hanno scelto la strada del conflitto e della lotta, per l’emancipazione non individuale ma collettiva – un soggetto importante per rivendicare diritti, salario, dignità, indipendenza, autodeterminazione, autonomia. Perché? Perché comunque il femminicidio – che è il tema centrale, ovviamente, della manifestazione del 26 – è comunque un’estrema conseguenza di una cultura che alimenta e giustifica le discriminazioni, il sessismo, l’omofobia, che sono trasversali e pervasive nella vita di tutte le donne e a tutte le età. Questo accade per i mass media, accade nell’educazione scolastica, nel linguaggio comune che ormai è maschile universale, nella politica e anche nel mondo del lavoro. Ed è proprio il mondo del lavoro – pubblico, privato, precario – quello che noi vogliamo rappresentare anche nell’assemblea di oggi, consapevoli che è un aspetto parziale, anche se importante, del problema. La crisi che noi stiamo vivendo – questa crisi sistemica che ormai si abbatte sulle nostre vite da una decina di anni – non è neutra; non è come la livella di Totò, per intenderci, ma esattamente il contrario. Si abbatte in particolare sui ceti popolari attraverso le politiche di austerità e aumenta le diseguaglianze. Tra le diseguaglianze ci sono anche quelle di genere. Le donne sono colpite due volte dalla crisi; da una parte il lavoro, sempre più atipico e precario. Basti pensare alla nuova frontiera del precariato, il voucherismo, che vede molte più donne, oltre il 52%, che praticamente lavorano attraverso i voucher. Fanno lavori meno qualificati, nei livelli più bassi, nonostante il maggior livello di scolarizzazione. Poi ci sono le dimissioni in bianco, il part-time involontario, la segregazione occupazionale; d’altra parte leggi e contratti mettono in discussione invece alcune conquiste come il part-time volontario, la possibilità di esonero dai turni notturni, alzano l’età pensionabile, modificano la fruibilità della legge 104 per le donne. Un divario retributivo di oltre il 10% tra uomini e donne e una discontinuità contributiva che pesano su tutta l’esistenza delle donne. Da giovani sono più precarie, da vecchie sono più esposte al rischio di povertà. Già adesso, le pensioni delle donne sono il 30% in meno di quelle degli uomini. E poi c’è un dato su tutti che molto plasticamente rappresenta la situazione, un dato Eurostat non dell’Usb: dalle 14.58 del 9 dicembre le donne in questo paese praticamente lavorano gratis. D’altro canto la privatizzazione dei servizi pubblici, lo smantellamento del welfare tentano continuamente di ricacciare le donne nei ruoli domestici e di cura, per sopperire alla carenza di servizi. Un gatto che si morde la coda, una spirale assolutamente negativa perché in quelle mura domestiche sappiamo che si consumano il 90% delle violenze sulle donne, esercitate da uomini assolutamente conosciuti, mariti, amanti, fratelli, amici, ecc. Inoltre, senza reddito – che sia da lavoro o reddito sociale, diventa impraticabile anche il percorso di affrancamento dalle stesse violenze.

Senti, Licia, c’è poi un altro aspetto che è quello, in particolare, dei centri antiviolenza, oppure dei consultori, dove spesso gli operatori sociali o sanitari vivono con molte problematicità. C’è anche questo contrasto, abbastanza assurdo, per cui sui grandi giornali, in televisione, tutti si dichiarano contro la violenza sulle donne; poi, ad esempio a Roma, i centri antiviolenza vengono chiusi; e non solo a Roma. Lo stesso per quello che riguarda le strutture sanitarie, con la percentuale altissima di obiettori sull’aborto. Da un punto di vista sindacale, c’è una situazione pesante per quello che riguarda queste strutture o le cose stanno migliorando?

No, la situazione non migliora assolutamente. Delle donne si fa tanto uso strumentale, soprattutto da parte della politica istituzionale … Basti pensare poi che le Pari Opportunità dovrebbero essere gestite dalla ministra Boschi; prima di lei abbiamo avuto la ministra Carfagna… insomma mi sembra che già sia chiaro… Le risposte della politica, quando ci sono, sono quelle sbagliate, sempre: dal bonus bebè al fertility day, dal welfare aziendale (che è privato e solo per chi lavora, quindi è comunque non universale, mentre noi chiediamo a gran voce che il welfare sia di tutti e gratuito), fino allo smart working… Insomma le “politiche di conciliazione” hanno tutte un difetto originario, considerano le donne come soggetti da mettere sotto tutela e solo in funzione del loro ruolo di madri e mogli, con buona pace di chi nella vita rivendica altre scelte. Se ci si inventa il fertility day, la politica sui consultori che viene attaccata su due fronti; con i tagli alla sanità per un verso, ma comunque non c’è nessuna volontà che le donne in questo paese possano autodeterminarsi. Sappiamo che l’attacco alla legge 194 è forte, e da più fronti, e i consultori seguono di fatto la stessa scia. Noi abbiamo ormai punte di obiezione al 90% in alcune regioni. Di obiezione di coscienza si muore, è vero, ormai, come è successo del resto a Catania. Stessa storia per i centri antiviolenza. Anche qui si consuma una grandissima ipocrisia, perché noi abbiamo anche amministrazioni pubbliche che addirittura devono mettere a disposizione delle ore di permesso per le donne che fanno percorsi di affrancamento dalla violenza, purché lo facciano attraverso le case dei centri antiviolenza. Il problema è che quelle case e quei centri vengono chiusi per mancanza di soldi e sono veramente l’unica rete esistente in Italia per dare un minimo di risposta a questi problemi. Ma quest’anno abbiamo aderito convintamente perché c’è un qualcosa di più: c’è una giornata di grossa rabbia, di grande presa di parola delle donne il 26. Ma il 27 ci sarà una giornata intera con un’assemblea, dei tavoli tematici… E noi parteciperemo ai tavoli, in particolare a quello di lavoro e accesso al welfare, perché c’è un’orgogliosa presunzione di poter riscrivere tutte insieme, dal basso, un piano antiviolenza da presentare al governo. Perché ovviamente il piano antiviolenza che questo governo ha presentato non dà risposte a nessuno. Tra l’altro, quando pure le risposte vengono date, trattano la violenza di genere come un fenomeno emergenziale e sicuritario. Noi siamo assolutamente contrarie a questo tipo di risposte; questo è un fenomeno strutturale, che ha bisogno di un cambio di rotta culturale. Ma è necessario che ci sia lavoro stabile, di qualità, parità di salario, il diritto ai servizi pubblici… a cominciare appunto dai consultori (liberi da obiettori!), il reddito sociale, la casa, la formazione di operatori sociali e il riconoscimento pieno. Perché noi questo chiediamo: centri antiviolenza, ma anche il sostegno economico alle donne che denunciano la violenza.

Allora, Licia, prima di salutarti, vogliamo ricordare gli appuntamenti, partendo da quello di oggi pomeriggio?

Oggi pomeriggio alla Sala Carroccio del Campidoglio ci sarà questa assemblea Usb con tante voci di donne che provengono dai posti di lavoro; a cui abbiamo anche invitato la sindaca, che non ci ha dato, al momento, risposta. Ma sappiamo che invece alcune assessore dei municipi verranno, parteciperanno all’assemblea di oggi. Poi abbiamo il 26, ore 14, piazza Esedra, una grandissima manifestazione. Il giorno dopo, il 27, nella scuola Federico Di Donato, di via Nino Bixio, in zona Manzoni, ci sarà questa grande assemblea. Sul 27 voglio dire solo quest'ultima cosa: sono arrivate talmente tante adesioni, oltre mille, che si sta anche lavorando per trovare un posto che possa accogliere tanta gente. Al momento l’appuntamento rimane alle 10 a via Nino Bixio, in questa scuola, per l’assemblea nazionale.

Bene, grazie, grazie molte Licia.

Grazie a voi, buona giornata.

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2 Commenti



  • T.S.

    A mio parere fanno benissimo a partecipare, c'è estremo bisogno di far passare il messaggio che le questioni di genere (e più ampiamente le questioni civili) sono emanazione diretta dalle questioni sociali e quindi di classe.

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