MANIFESTAZIONE A TERNI
sabato 21 ottobre dalle ore 17 in piazza Tacito promossa dal Coordinamento Ternano per la Palestina, di cui facciamo parte.
Chi ha bombardato l’ospedale cristiano Al Ahli, uccidendo centinaia di pazienti e famiglie rifugiate?
Alcune cose non tornano nella versione di Israele, che sta provando ad accusare i palestinesi di aver distrutto l’ospedale stesso.
Non è d’altronde la prima volta che un tentativo di depistaggio di queste dimensioni avviene: come ha affermato oggi ai microfoni di Al Jazeera l’ex portavoce dell’agenzia ONU per i rifugiati Chris Gunnes, Israele da sempre opera tentativi di depistaggio, anche quando a essere colpite sono state scuole, ospedali o ambulanze dell’Onu.
Cosa non torna in questo caso.
Non ci risulta che finora la guerriglia palestinese abbia mai sparato missili così potenti, solo i deboli razzi Quassam. Gli stessi ufficiali israeliani definiscono questi razzi “un incrocio tra un proiettile di artiglieria e un fuoco d’artificio”, certamente non in grado di distruggere un piccolo edificio in muratura, figuriamoci un ospedale.
Inoltre la versione israeliana fa acqua da tutte le parti:
1) dall’Idf erano in precedenza arrivati annunci di bombardamenti sugli ospedali della parte centro nord della striscia, compreso l’Al Ahli Arabi Ospitalz. Lo stesso direttore dell’ospedale afferma che già sabato sera l’ospedale era stato attaccato con due proiettili di artiglieria. Domenica poi le forze israeliane lo hanno contattato chiedendo l’evacuazione dell’ospedale, dicendo “ti abbiamo già avvertito ieri con il lancio di due proiettili di artiglieria”. Il bombardamento dell’ospedale dunque era premeditato e ampiamente annunciato da Israele.
2) nel momento successivo al bombardamento dell’ospedale il ministro israeliano Hananya Naftali, portavoce digitale di Netanyahu, ha confermato la paternità israeliana del bombardamento con un tweet/comunicato, affermando che l’ospedale nascondesse una base di Hamas. Il tweet è stato successivamente cancellato, troppo tardi però perché sfuggisse ai giornalisti.
3) inizialmente Israele ha accusato Jihad Islamica di aver sparato il colpo, mostrando un video relativo a un lancio di razzi. Il video però è successivo di un’ora al bombardamento dell’ospedale. Il video è stato rimosso. Successivamente Mark Regev, a nome del Governo Netanyahu, ha affermato alla BBC che si trattava di un razzo di Hamas, negando la versione precedente per cui si trattasse del gruppo Jihad Islamica.
4) l’account Twitter ufficiale dello Stato di Israele ha pubblicato poi un video in cui mostrava un razzo di Hamas deviare verso la striscia di Gaza, affermando fosse il razzo che ha distrutto l’ospedale. Il video però era dell’agosto del 2022, ed è stato immediatamente cancellato dall’account ufficiale dello Stato Israeliano.
Come per il caso dei 40 bambini decapitati quella di Israele è un depistaggio, è propaganda di guerra. Tanto più odiosa perché in questo caso prova ad addossare sulle vittime la responsabilità di un crimine di guerra compiuto deliberatamente da Israele.
Ovviamente le grandi penne della stampa italiana, con poche eccezioni come il Manifesto o il Fatto Quotidiano, non potendo riconoscere pubblicamente l’assoluta incoerenza della versione israeliana (l’unica a cui si affidano, visto che l’esercito israeliano non lascia entrare giornalisti stranieri a Gaza) stanno abdicando al loro ruolo e affermando che “non si potrà risalire alla verità su quanto avvenuto e ognuno crederà alla verità che vuole”.
Di fronte a un crimine di guerra di queste proporzioni, al tentativo di depistaggio di Israele e all’ignavia del nostro potere mediatico e politico, non bastano più le parole.
Dobbiamo obbligare i nostri Governi a rompere ogni relazione diplomatica e commerciale con Israele, che è uno Stato di apartheid e genocida a tutti gli effetti, come sta facendo la Colombia di Gustavo Petro. Dobbiamo pretendere che i nostri governi chiedano alla Corte Penale Internazionale che Netanyahu sia messo in stato di accusa per crimini di guerra, come sta facendo la ministra spagnola Ione Belarra.
E, di fronte a un Governo Meloni e a un’opposizione parlamentare complice o ipocrita, dobbiamo farlo noi, rompendo il muro del silenzio, mobilitandoci in ogni modo e organizzando già in questo fine settimana la più ampia convergenza di piazza.
Anche noi possiamo avere un ruolo nel porre fine a questa barbarie e ottenere una pace giusta in Palestina.
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