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Merkel-Putin: il “North stream-2 e le Repubbliche popolari del Donbass

Si dovrà decorare Donald Trump con l’ordine dell’amicizia russo-tedesca, scriveva Vzgljad alla vigilia di ferragosto: il presidente USA è riuscito nell’impresa di spingere Angela Merkel a unirsi alla Russia, per difendere insieme la metallurgia tedesca e le imprese russe, il North stream-2 e l’accordo con l’Iran da attacchi, dazi e sanzioni americani.

Ora, pare che tutta l’importanza dell’informale “cena di lavoro” di sabato scorso tra la cancelliera tedesca e Vladimir Putin al castello di Meseberg si condensi nel fatto dell’incontro in sé. Si sostiene che il North stream-2 andrà avanti, ma si dice anche che si conserverà il transito attraverso l’Ucraina nel quadro di una non meglio precisata “opportunità economica”.

Più o meno lo stesso per quanto riguarda il Donbass: Mosca e Berlino giudicano “senza alternative” gli accordi di Minsk e il cosiddetto “formato normanno”, ma non si dice nulla di concreto e appare tutta retorica d’occasione. Per di più, non si sa che peso dare all’uscita dell’emittente dissidente Ekho Moskvy, secondo cui la Merkel avrebbe parlato di un dispiegamento di 30-40mila unità di forze di pace in Donbass, che dovrebbero addirittura prendere in carico le amministrazioni civili di Donetsk e di Lugansk. Vien da dire: meno male che non è dato conoscere la reazione di Vladimir Vladimirovic a tale uscita.

Anche sulla questione dei profughi siriani, la Germania si è detta “interessata”, ma il tutto è rinviato alla conferenza russo-turco-franco-tedesca. In compenso, Russia e Germania continueranno a incrementare gli scambi commerciali, a dispetto delle sanzioni UE.

In generale, i due leader “si sono accordati per accordarsi anche in futuro”, perché la situazione nel mondo è instabile, nota colonelcassad; ma, in ogni caso, al di là delle generale genericità, Mosca sembra aver raggiunto l’obiettivo principale: il North stream-2, con il che si mettono comunque in difficoltà l’Ucraina e la lobby euro-atlantica, poiché il gasdotto riduce l’isolamento economico della Russia e l’importanza dell’Ucraina come paese di transito.

Anche la polacca Rzeczpospolita scrive oggi che i passi di Donald Trump sono stati un catalizzatore per il riavvicinamento tra Mosca e Berlino: “Un mese fa, al vertice NATO di Bruxelles, Trump aveva attaccato la Merkel, accusandola di far sì che la Germania dipenda dalla Russia per le crescenti importazioni di gas, ma soprattutto per il North stream-2, che ne aumenterà ulteriormente il volume e, peggio ancora, permetterà ai russi di limitare radicalmente il transito del gas attraverso l’Ucraina, il che indebolirà la posizione di Kiev nella battaglia con Mosca”.

Ora, dopo l’accordo del 12 agosto scorso tra Russia, Kazakhstan, Azerbaidžan, Iran e Turkmenistan sul definitivo status giuridico del mar Caspio, diverso dalle usuali linee di diritto marittimo per i paesi rivieraschi, Mosca può dire la sua anche sul progetto di gasdotto transcaspico (Turkmenistan, Kazakhstan, Azerbaidžan, Turchia e Georgia) che porterà il gas turkmeno ai paesi UE, aggirando la Russia.

Ma, Ucraina o no, da Washington già si annunciano sanzioni nei confronti di tutte le imprese che partecipano al progetto di North stream-2: una autentica guerra commerciale contro tutti coloro che, in un modo o in un altro, hanno legami con Mosca, quasi che gli USA spingano scientemente l’Europa verso la Russia.

Sta di fatto, osserva il vice-direttore dell’Istituto Europa dell’Accademia delle scienze russa, Vladislav Belov, che “se gli americani cominciano a imporre sanzioni specificamente contro il North stream-2, sorgeranno difficoltà per il suo finanziamento. Né la Germania, né l’UE, né la Russia dispongono a oggi di una risposta concreta alla possibile introduzione di tali sanzioni”. Belov aveva anche auspicato che nel corso dell’incontro Merkel-Putin, i due accennassero al passaggio all’euro per gli scambi energetici UE-Russia, ricordando come, ad esempio, durante il recente incontro tra i Ministri degli esteri russo e turco, Sergej Lavrov e Mevlut Cavusoglu, sia stato sostenuto il passaggio alle valute nazionali nel commercio bilaterale e come Mosca stia esaminando da tempo la possibilità di tale passaggio anche negli scambi con Cina e Iran.

A questo proposito, la presidente della Banca centrale russa Elvira Nabiullina ha detto che Mosca ha venduto oltre l’80% del proprio portafoglio di debito USA, specificando che la misura fa parte della “diversificazione di tutta la struttura del portafoglio di valute“. Dato che il dollaro costituisce i due terzi delle riserve valutarie mondiali e al di fuori della zona euro è utilizzato nel grosso del commercio internazionale, pare si tratti di una misura di protezione contro futuri attacchi economici USA.

Di fatto, le riserve russe in obbligazioni del tesoro USA sono diminuite tra marzo e maggio dell’84%, da 96 a 15 miliardi dollari. Pare però che la vendita effettiva da parte russa sia stata molto più modesta. Colonelcassad ipotizza quindi che Mosca abbia portato tale patrimonio fuori dai confini statunitensi, per trasferirlo nella belga Euroclear e alle Cayman, le cui riserve (in entrambi i siti) sono per l’appunto cresciute tra marzo e maggio.

Infine, nello specifico della questione del Donbass, l’incontro di Meseberg non sembra abbia portato molto di significativo; anche perché, osserva ancora colonelcassad, il ruolo tedesco non può andare oltre un’influenza indiretta su Kiev, dato che la posizione chiave è occupata da Washington e, dopo il fallimento dei negoziati Volcker-Surkov, tutto tace.

Qualcosa di più concreto sembra invece si stia muovendo dietro le quinte del Gruppo di contatto a Minsk. Pare che a fine luglio, nella capitale bielorussa, si siano addirittura incontrati, molto ufficiosamente, ma faccia a faccia, rappresentanti di Kiev e delle Repubbliche popolari. O meglio: rappresentanti del presidente golpista Petro Porošenko, che da tempo appare molto preoccupato per la campagna presidenziale del 2019 e pare stia tentando ogni carta, anche quelle che fino a ieri apparivano le più inverosimili.

Una sua rappresentanza, guidata dal consigliere presidenziale e Direttore dell’Istituto Nazionale di ricerche strategiche, Vladimir Gorbulin, che già nel 2015 aveva rappresentato Kiev al Gruppo di contatto, avrebbe incontrato gli inviati delle Repubbliche popolari di Donetsk e di Lugansk. Già il fatto che sia comparsa la voce di tale incontro, nota iarex.ru, conferma come Porošenko, alla vigilia delle presidenziali, sia pronto a stringere alleanze con soggetti esterni, al di là dell’ostinazione nazionalista di facciata a uso delle forze majdaniste di casa.

Può darsi che il North stream-2 e gli accordi russo-tedeschi per la sua realizzazione, tornino utili anche alle Repubbliche popolari del Donbass.

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