L’Ue torna a minacciare la Russia e mette in guardia Vladimir Putin dall’idea di intraprendere qualsiasi azione nell’Est dell’Ucraina, “sotto qualsiasi pretesto”. Ma la Russia replica di avere raggiunto un accordo con Kiev e di essere pronta a inviare, con la regia della Croce Rossa, un “convoglio umanitario” nella regione sconvolta che da quattro mesi vede l’esercito ucraino e le milizie fasciste inquadrate nella Guardia Nazionale bombardare e assaltare città e villaggi.
Le due posizioni sono emerse dai resoconti – uno in arrivo da Bruxelles, il secondo dal Cremlino – su una conversazione telefonica tra il presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso e il capo dello Stato russo.
“Parlando con il presidente Putin, il presidente Barroso ha detto che l’Ue si unirà agli sforzi internazionali per assistere la gente in difficoltà come risultato del conflitto”, cita una nota dell’esecutivo europeo, aggiungendo che l’Europa è contraria a qualsiasi azione di natura militare, “dietro qualsiasi pretesto”, usando la formula utilizzata in questi giorni per esprimere il timore che Mosca possa intervenire nell’Est dell’Ucraina adducendo motivi umanitari. Fonti europee avevano dichiarato stamattina alla stampa che il presidente della Commissione Jose Manuel Barroso avrebbe chiesto al capo dello Stato ucraino, l’oligarca Petro Poroshenko, di adoperarsi per un cessate-il-fuoco. “D’altra parte non abbiamo il diritto di dire al governo ucraino che non può godere del suo diritto sovrano di controllare il territorio nazionale” aveva però chiarito, con grande ipocrisia, un funzionario di Bruxelles che ha voluto rimanere anonimo.
Ma la Russia insiste sulla necessità di fornire urgentemente aiuti umanitari alle regioni del Donbass, dove la situazione è definita catastrofica non solo dagli insorti ma anche dalle Nazioni Unite e da alcuni degli osservatori dell’Osce più indipendenti dalla Nato. Gli sfollati sono centinaia di migliaia, molti dei quali si sono rifugiati nelle regioni russe adiacenti; intere città sono senza luce né acqua da settimane, centinaia di edifici sono stati distrutti o seriamente danneggiati, compresi ospedali ed altre istituzioni di assistenza alla popolazione ormai stremata. Particolarmente grave la situazione di Lugansk e Donetsk, grandi città assediate ormai da giorni e nelle quali i rifornimenti alimentari non arrivano più. Secondo il bilancio ufficiale fornito dall’Onu sarebbero finora 1300 le persone morte in quattro mesi di scontri militari e bombardamenti, comprese molte centinaia di civili oltre ai miliziani delle Repubbliche Popolari insorte e ai 568 militari di Kiev. Ma secondo vari analisti il numero delle vittime sarebbe di molto superiore.
“Appena ci sarà un accordo sulle modalità e le sfumature, se questo sarà possibile, allora sarà lanciata un’immediata azione di soccorso, perché si tratta di un’emergenza umanitaria, di una tragica situazione umanitaria nella regione, che non ammette indugi” aveva dichiarato stamattina il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov. Subito dopo, è intervenuto il ministro degli Esteri Sergey Lavrov, secondo cui è stato discusso nel dettaglio con il governo ucraino e la Croce Rossa Internazionale il varo di una missione umanitaria. Secondo Lavrov c’erano le basi affinché “questa missione abbia presto luogo” e i partner occidentali “non si mettano di traverso”.
Dichiarandosi “cautamente ottimista”, il capo della diplomazia moscovita è tornato poi a puntare il dito contro il governo di Kiev. “Si può avere l’impressione che il vero fine dell’operazione anti-terrorismo in Ucraina sia di far sparire il Sud-Est dell’Ucraina dalla faccia della terra e fare andare via tutti i russi” aveva detto il capo della diplomazia moscovita.
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