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La fine del “modello Liguria”

L’inchiesta della Procura guidata da Nicola Piacente, per cui il gip di Genova ha disposto un’ordinanza di custodia cautelare per il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti – insieme ad altri 9 protagonisti del potere locale -, mette in discussione il sistema di potere del “Modello Liguria”.

L’inchiesta giudiziaria ha mostrato agli occhi di tutti la trama di poteri che si basava sullo scambio di favori tra politici e ‘prenditori che avevano ruoli di vertice dell’establishment economico, informativo e sindacale della regione.

Toti, ex giornalista cresciuto in Mediaset ed approdato alla politica come consigliere politico di Forza Italia circa 10 anni fa, poi per un breve periodo europarlamentare tra le fila del “partito-azienda” di Berlusconi, fa il salto di qualità con la candidatura alla presidenza della Liguria il primo aprile del 2015.

Appoggiato da tutto il centro-destra, vince con un ampio distacco sull’allora rivale del PD, Raffaella Paita, ora coordinatrice di Italia Viva di Matteo Renzi.

Insomma dalla televisione all’ascesa politica grazie all’appartenenza di quello che è stato chiamato il “cerchio magico” berlusconiano.

Tra il 2016 ed il 2018, il centro-destra sbaraglia il centro-sinistra ad Imperia, Savona, La Spezia e Genova e cambia la geografia politica della regione in un terremoto che vede Toti avere un ruolo più che attivo nel fare della Liguria il nuovo bastione elettorale del centro-destra.

La prima vera e propria occasione di divenire un politico di “calibro nazionale” ce l’ha però in seguito al crollo del “Ponte Morandi” del 14 agosto del 2014, quando viene nominato commissario delegato per l’emergenza dall’allora Primo Ministro Conte, del Movimento 5 Stelle.

Una vero e proprio caso da manuale di trasformazione di una possibile di una possibile crisi politica in una opportunità.

Scrivevamo allora individuando le vere cause del crollo del ponte: “È il risultato cosciente di una filiera di interessi economici protetti da una classe politica trasversale che, nel mentre propugnava le politiche di austerity made in UE per le classi popolari, coltivava i propri affari allinterno di una simbiosi mortaletra finanza, imprenditoria e potere politico, dove la rendita privata di un bene pubblico così come la versione italiana della finanza a progettopubblico/privata o ancora lo sviluppo di una Grande Opera, ha permesso ai prenditorinostrani di drenare risorse pubbliche verso questa trama di poteri, a scapito di tutto il resto, in primis la nostra sicurezza.

Nel 2020 si ricandida alla Regione, rivince, e cerca con – Noi moderati – di continuare a ritagliarsi un ruolo di spicco nel ridisegno del centrodestra, dopo il fallimento di “Cambiamo!”.

Ma è chiaro che l’ascesa politica complessiva in regione ha contribuito anche al successo del centro-destra alle elezioni nazionali.

Toti ha tentato una messa a rendita delle vittorie conquistate sul campo, probabilmente con partite truccate, come mostra l’inchiesta.

Quello che era abbondantemente immaginabile, ormai sembra abbastanza certo.

La carriera di Toti sembra ora al capolinea e che rischia di travolgere non solo la sua cordata politica ed il centrodestra, ma la classe dominante dell’intera regione ed un modus operandi nato con il centrosinistra, che ha preceduto il decennio di Toti su una serie di aspetti: la privatizzazione della sanità, la speculazione edilizia e la costruzione di grandi opere, l’avvantaggiare la parte ‘prenditoriale in alcuni settori strategici per la regione, come i porti, mettendo sempre in un angolo gli interessi delle maestranze.

L’inchiesta potrebbe allargarsi ad altri “pezzi da Novanta” dell’imprenditoria ligure, persone e interessi economici che negli anni sono stati disposti a finanziare Toti & co, in cambio di qualche favore, trasformandosi in un’inchiesta monstre.

A quanto pare quello scambio era diventato prassi, senza scandalizzare più nessuno in quel mondo.

Basti pensare all’ultima cena di finanziamento in vista delle elezioni europee che si è tenuta a Villa Lo Zerbino, a fine marzo, che ha visto la partecipazione di 630 sostenitori come probabile bacino della rosa dei nomi che potrebbero essere indagati in futuro.

Per la cronaca, la cena a sottoscrizione prevedeva una quota di 450 euro a testa per presenziare all’evento, con un incasso totale di più di 270 mila.

Una serata da Belle Epoque dove comparivano tra gli altri Aldo Spinelli (ora ai domiciliari) e tanti nomi del settore dello shipping, delle costruzioni, manager culturali e dirigenti della sanità pubblica e privata, come di tutti nomi importanti del centrodestra, e naturalmente tutti i candidati alle europee.

Il Comitato d’Affari di una imprenditoria locale che, al di là dei lustrini festaioli, resta decisamente stracciona; un giro di maneggioni  dove il più pulito c’ha la rogna ed il più onesto è una carogna, il cui peso si proietta però sulle dinamiche politiche nazionali e da cui nessuno, a destra, può prendere sul serio le distanze.

Toti nella sua carriera aveva per così dire collezionato una serie di incarichi di “commissario straordinario” – come quello datogli da Conte dopo il crollo di ponte Morandi – che hanno concentrato sulla sua figura una notevole dose di potere, visto che tali figure possono operare tramite procedure accelerate e in deroga alla normativa vigente, assegnando appalti senza bando per ilavori pubblici, a propria discrezione.

Uno degli ultimi, l’estate scorsa, è stato l’incarico di Commissario straordinario per la realizzazione del contestato rigassificatore di Vado/Savona, con il decreto del presidente del Consiglio dei ministri 2366/2023. Ulteriore esempio del fatto che era considerato un “fedelissimo” dall’attuale esecutivo nazionale.

Torniamo all’inchiesta.

A Toti e alla sua cricca politica venivano assicurati i finanziamenti per una potente macchina elettorale, mentre gli altri potevano far prosperare il proprio business senza intralci, a discapito della concorrenza (per gli adoratori del mercato) e soprattutto del bene pubblico.

Lo Stato in funzione del mercato, da un lato, ed il mercato economico blindato in funzione della rendita politica, dall’altro.

Così nelle quattro competizioni elettorali che si sono succedute in 18 mesi, come riporta l’inchiesta, “Toti, pressato dalla necessità di reperire fondi per affrontare la campagna elettorale, ha messo a disposizione la propria funzione e i propri poteri per favore di interessi privati in cambio di finanziamenti, reiterando il meccanismo con diversi imprenditori”.

Questo la dice lunga sull’alto “senso della cosa pubblica” della categoria, visto che ad ogni piè sospinto i rappresentanti confindustriali ci raccontano il loro presunto “ruolo indispensabile” nella società, ponendo le proprie richieste come prioritarie rispetto all’intera agenda politica.

Il mantra che da decenni siamo costretti ad ascoltare narra che il ‘bene della collettività’ è assicurato dalla realizzazione degli interessi degli imprenditori che però, nella realtà, ricorrono quotidianamente  a mezzi più spiccioli e sbrigativi.

L’“evidente sistematicità del meccanismo corruttivo”, come si dice nell’ordinanza, ha fatto scattare le misure cautelari per impedire che alle ormai prossime elezioni europee si riproponesse lo stesso copione, dove una mano lava l’altra, come si diceva ai tempi della Prima Repubblica.

Questo meccanismo sembra aver creato una vera e propria galleria di mostri. Il capo di Gabinetto di Toti, Matteo Cozzani, avrebbe agevolato Cosa Nostra; Aldo Spinelli avrebbe avuti garantiti i propri interessi tra le banchine; Paolo Emilio Signorini, passato – grazie al “sistema delle porte girevoli” – da capo dell’Autorità del Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale (dicembre 2016) ad amministratore delegato di Iren nel giugno scorso.

Iren è la multiutility nata dalla fusione tra le ex municipalizzate di Torino, Genova, Reggio Emilia, Parma e Piacenza.

Mauro Vianello, altro indagato, storicamente vicino al PD, presidente di Santa Barbara srl, e numero uno di Ente Bacini dall’11 settembre 2020, aveva ottenuto recentemente – proprio grazie a Signorini –  un’importante consulenza per svariate centinaia migliaia di euro dopo esser diventato presidente di Geam, società pubblica che si occupa della gestione del ciclo dei rifiuti, partecipata da Amiu al 51% e al 49% dell’Autorità di sistema portuale di Genova.

Insomma, due uomini buoni “per tutte le stagioni”, intercambiabili.

Francesco Moncada, consigliere di amministrazione di Esselunga Sta, è indagato per 74 mila euro  – e varie promesse di ulteriori finanziamenti – elargiti a Toti, usato come “testa di ponte” per entrare in Regione.

Va detto che, favorendo Spinelli, Signorini ha finito per “pestare i piedi” ad Aponte, patron della multinazionale del mare della MSC, che al telefono – secondo le intercettazioni – avrebbe detto: “questo è ladrocinio… è veramente mafia… è uno schifo e tutta la sua organizzazione sotto di lei sono dei corrotti”.

E questa forse è stata la tipica goccia che fa traboccare il vaso, oppure la vera pietra d’inciampo.

Su Signorini, l’unico finito in carcere, è interessante riportare il perché di tale scelta che dà la misura del marcio a Palazzo San Giorgio, sede dell’Autorità Portuale:

Tali esigenze cautelari sono desumibili, essenzialmente, dalle modalità stesse della condotta sintomatiche di una personalità del tutto incurante dell’interesse pubblico e dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica funzione svolta, ‘messa a disposizione’ e ‘servizio’ di interessi di privati al fini di ottenere in cambio utilità personali (saldo delle spese per il matrimonio della figlia, soggiorni di lusso, promesse di incarichi lavorativi prestigiosi).

Allarmante è la sistematicità del meccanismo costruttivo, posto in essere in un ampio arco temporale e con due diversi imprenditori portuali, dimostrando una scarsa consapevolezza dell’importantissimo ruolo pubblicistico ricoperto”.

Signorini era infatti a capo dell’Autorità che doveva gestire il principale porto d’Italia ed uno dei maggiori del Mediterraneo.

Mercoledì doveva riunirsi il vertice della maggioranza di centrodestra in regione Liguria, per discutere della tenuta politica della coalizione dopo la maxi inchiesta della Dea genovese e della Guardia di Finanza, ma è slittato a data da destinarsi e non è peregrino pensare che si possano aprire le porte a nuove elezioni regionali, soprattutto se l’inchiesta si allargherà.

Diciamo che questo modello che ha governato la regione è figlio legittimo di quello creato in precedenza dal centrosinistra. Cambia, ma solo in parte, la filiera degli interessi collegati all’una o l’altra “consorteria politica”; e, com’è noto, non sono pochi i politici che hanno cambiato casacca a seconda dei risultati elettorali.

É chiaro che se anche l’epicentro di questo terremoto è nel centrodestra, che deve trovare velocemente una exit-strategy vendibile, non c’è nessuno che abbia avuto responsabilità governative a livello locale o nazionale (compresi PD e M5S) che ne può uscire pulito.

Ciò che è successo deve essere un volano per la costruzione di una reale opposizione all’attuale esecutivo e un’alternativa alla semplice riproposizione di una cosiddetta “sinistra” che in realtà ha semplicemente  spianato la strada al potere degli imprenditori e quindi anche all’occupazione del potere politico da parte della destra, alienandosi completamente il consenso dei ceti popolari.

La manifestazione del primo giugno a Roma contro il governo Meloni ha quindi una valenza fondamentale per dare uno sbocco politico reale alla legittima indignazione verso la mortale simbiosi  tra un ceto politico indegno ed una classe ‘prenditoriale’ fatta di parassiti.

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1 Commento


  • luigi b.

    Interessante articolo di contro informazione che nessun media asservito farà conoscere. Scivete di “modello ligure”,(sic) perché quale differenza c’è tra il “modello liguria” dei corrotti e il modello(sic) lombardia “ricco” di altrettanti corrotti e corruttori? I personaggi recentemente indagati in quota lega di cui nessuno informa, che differenza fanno con questi personaggi e non solo questi?
    Del resto nel bel paese(sic) la corruzione si “ferma” solo al nord? risposta alquanto ovvia.
    Comunque, adesso questi dove li mettiamo? In galera? e si buonanotte…….. altro che galera perché tanto non ci vanno. Altro che arresti domiciliari, processo, attenuanti ecc. andrebbero “benevolmente” inviati all’Asinara, solo andata, a spaccare pietre a pane e acqua.
    Cordali saluti comunisti Luigi B.

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