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Sarà un “App” che ci seppellirà?

I taxisti italiani, come quelli francesi, forse neppure lo sanno. Ma la loro protesta è un segnale inequivocabile dell’avanzare travolgente del problema fondamentale di questo passaggio storico: la disoccupazione tecnologica.

I commentatori dei media mainstream – definirli “provinciali” sarebbe far loro un complimento – si sono concentrati quasi soltanto sulle “violenze” (innescate da infiltrati fascisti di Forza Nuova), sulle “resistenze corporative”, sul “rifiuto della concorrenza”, della “modernità”. Tutti aspetti corrispondenti al vero, per carità, ma straordinariamente secondari. La questione centrale è che un mestiere per decenni redditizio scomparirà tra qualche anno o qualche mese, così come ne stanno scomparendo velocemente migliaia di altri.

Un autista esperto che conosce la città”, in regime di monopolio concertato, poteva essere considerato un artigiano nei tempi andati. Stanno per entrare in commercio le auto che si guidano da sole, il navigatore è ormai una tecnologia matura; a che servirà più un autista da chiamare al bisogno? Anche il loro avversario di oggi – le auto a noleggio con autista, o Ncc – subirà la stessa sorte negli stessi tempi.

Diverso il discorso quando si affronta l’ingresso della piattaforma Uber – una app che si limita a mettere in comunicazione domanda e offerta di mobilità tra privati – ufficialmente non ammessa sul mercato italiano ma pienamente operante, con quote crescenti di traffico. Qui siamo nel futuro, effettivamente. Chiunque può trasformarsi in “taxista” per qualche ora o qualche minuto al giorno, rispondendo alla chiamata proveniente dal punto più vicino a quello in cui si trova. Prezzi modici (fissati dalla stessa Uber in base al chilometraggio), senza vincoli contrattuali o assicurativi (tutti i rischi a carico del guidatore). In una società socialista sarebbe quasi la soluzione perfetta – una piattaforma pubblica – al problema della mobilità urbana; in regime capitalistico c’è invece una società fa i miliardi nel mondo senza assumere nessuno (a parte qualche decina di ingegneri informatici), grazie al lavoro di collaboratori occasionali e non continuativi, con cui non intrattiene alcun rapporto e verso cui non ha alcun obbligo.

Ma lo stesso meccanismo – l’automazione di funzioni fin qui svolte da esseri umani – si va sviluppando in modo irresistibile in qualsiasi comparto o settore produttivo. In testa a tutti ci sono le grandi fabbriche, ovviamente. Alla Foxxcon di Shenzen (Cina), hanno annunciato la riduzione del 50% dei dipendenti (quasi 60.000) “grazie” all’introduzione dei robot sulla catena di montaggio. Persino nel settore agricolo, dove lavora ormai solo il 4% dei lavoratori italiani, sta per arrivare il trattore multifunzione che fa tutto da solo, ovviamente senza autista, dalla semina al raccolto, alla registrazione di tutte le informazioni rilevanti sullo stato dei terreni. Anche nel comparto delle “cure alla persona” sono in fase avanzata di sperimentazione robot-badanti o infermieri. In qualsiasi comparto operino, i robot non scioperano, non protestano, non hanno pause fisiologiche.

I taxisti non lo sanno, ma sono in ottima compagnia: da qui al 2025 – domattina, nella pratica – in Europa ci saranno 50 milioni di posti di lavoro in meno, pur in presenza di un aumento della produzione.

Gli ideologi che scrivono editoriali ci ripetono che “Da due secoli e mezzo conviviamo con un’automazione sempre maggiore: cerchiamo, per quanto possibile, di sostituire lavoro umano con macchinari”, ma questo ha sempre prodotto molti più posti di lavoro nuovi, molto meno faticosi.

Vero, per il passato. Ma ogni fenomeno fisico-sociale, se sviluppato lungo una tendenza crescente e accelerata, è destinata a incontrare un limite. Viviamo in un mondo finito, limitato, tondo. Nulla può crescervi all’infinito, a parte le illusioni.

Gli esseri umani si preoccupano generalmente della propria vita e di quella dei propri figli. Chiedono dunque di sapere ora quali altri posti di lavoro possano sostituire quelli che si vanno perdendo o si sono già perduti.

Ma a questa domanda non c’è risposta. O, per lo meno, non c’è una risposta che non sia anche una presa in giro (esempio: la formazione permanente, come se ci si potesse riciclare da tassista o operaio in tecnico informatico, avvocato, medico, ecc, in poche settimane o mesi).

Che non ci sia risposta è evidente leggendo le risposte del ministro Delrio – per quanto poco rappresentivo sia di una riflessione alta sulle trasformazioni epocali in atto – date al Corriere della Sera di oggi proprio sulla vertenza dei taxisti: "non è detto che tutto il vento nuovo faccia bene per forza. Siamo aperti all'innovazione, che in molti campi sta migliorando le nostre vite. Ma non è un bene a prescindere. Dipende da cosa fa, da come lo fa, dalle conseguenze. I fattorini in bici che portano le cene a casa per tre euro l'ora, per dire: sono innovazione o sfruttamento?". E infatti il governo di cui fa parte promuove lo sfruttamento…

Ma è certamente più indicativa la “pensata” di uno che sull’innovazione tecnologica ha costruito un impero, come Bill Gates: tassare i robot, ridurre insomma il profitto di quelle realtà aziendali che decideranno di adottare sistemi automatizzati in sostituzione dei lavoratori umani. Con quello, si illude Bill, si potrebbero finanziare programmi di formazione per riqualificare le persone per attività in cui l’essere umano è ancora insostituibile (educazione dei bambini, cura degli anziani, ecc).

Una scemenza, è ovvio. Ci hanno riso su tanti imprenditori che in altri momenti sono corsi a baciargli le suole. Ma a noi sembra rilevante soprattutto il fatto che neanche lui – con tutti i think tank che finanzia – riesca a partorire una visione più ottimistica ed equilibrata del mercato del lavoro futuro.

Le chiacchiere stanno insomma a zero, come sempre. L’automazione è inarrestabile ed elimina posti di lavoro. In una società dominata dalla proprietà privata dei mezzi di produzione (fabbriche, ecc) le persone debbono trovare qualcuno che dia loro un reddito in cambio di lavoro. Se il lavoro svanisce, cosa accadrà dell’umanità in esubero?

Il modello Uber ne è l’esempio più nitido. O si elimina questa percentuale (alquanto elevata, sembra) di umanità, o si elimina l’appropriazione privata della ricchezza prodotta.

La risposta comunista è nota. Per questo torna attuale, per quanto utopica possa essere considerata.

 

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6 Commenti


  • Francesca

    La risposta comunista è nota; ma è anche noto che il comunismo si è praticamente estinto. Buono come idea non è mai piaciuto proprio agli uomini nel momento della sua applicazione. L’uomo nel suo “io” non è comunista ma “egoista”. A parole una parte di uomini sostengono, o meglio sostenevano il comunismo, ma nei fatti non era cosi e il modello si è estinto.
    E non credo che il comunismo tornerà perchè è evidente che il modello liberista si adatta meglio agli egoisti di quello comunista.

    Oggi con la globalizzazione la ricchezza diffusa che serve a far funzionare il modello capitalista (che senza consumi implode) si sta risistribuendo e spostando verso altre popolazioni.
    Chi sostiene il liberismo è convinto che troverà un suo nuovo equilibrio in modo automatico.

    Chi è più pessimista, come me, crede che invece per “ingordigia” del modello finanziario alla fine creerà un mondo di disoccupati e/o poveri che non potranno sostenere il modello capitalista e farà come si dice a Roma…”IL BOTTO”.

    E dopo chissà…ma l’uomo rimarrà sempre egoista ed individualista come la natura lo ha creato


    • Redazione Contropiano

      Il pessimismo dell’intelligenza è una virtù…Basta non esagerare, sennò si muore conservatori… Tra l’altro, per pura informazione, “il comunismo” non c’è ancora mai stato in nessun paese. Persino in Unione Sovietica definivano il proprio regime economico come “socialismo”… E sull’appropriatezza di tale definizione il movimento comunista (ovvero i partiti e i vari soggetti di questa galassia) si sono parecchio divisi…


  • Margot

    Gli esseri umani esistono in quanto esseri pensanti: quella è la principale attività cui possono dedicarsi, anche quando si perdono posti di lavoro.

    Sono, in quanto penso… non in quanto lavoro

    Occorre smettere di lavorare, la produzione materiale è disponibile a tutti

     


  • lmwillys

    articolo praticamente perfetto

    il comunismo mai esistito (a parte l'esperienza cruenta di Durruti e la Comune parigina), oggi Grillo è l'unico che porta avanti l'obiettivo comunista in incognito senza che nessuno se ne accorga

    eppure i segnali erano tanti

    la straordinaria somiglianza Casaleggio-Lennon (letto il testo di 'imagine' ?), l'elogio pubblico in un comizio dell'idea comunista https://www.youtube.com/watch?v=B-0aDsOF-Ew , il M5S senza strutture organizzative, senza carriera politica, massimo due mandati, motto 'uno vale uno' che più comunista di così non si può, la piattaforma Rousseau dedicata a quel tipo che diceva qualcosa sulla proprietà privata, ecc.

    nessuno ha capito che Grillo vuole abolire la democrazia rappresentativa in favore di quella diretta, quindi abolire qualsiasi rappresentanza, abolire tutte le assise parlamentari dal municipio a montecitorio, abolire tutti i partiti e sindacati, e via dicendo … insomma tutti gli orpelli arcaici fuori dal tempo, oggi tutti possiamo esprimere direttamente la nostra opinione senza intermediari quando vogliamo, si chiede semplicemente "c'è questo problema, tu vuoi fare questo o quest'altro ?", nessuna importanza chi sei e le idee che hai

    Grillo purtroppo ancora non comunica il progetto perché l'informazione lo distruggerebbe in un amen, immaginarsi se domani dicesse papale papale 'il M5S vuole abolire la proprietà privata ed il denaro e realizzare la società tecnologica comunista'

    metto io il progetto di società di Grillo (da integrare con progetti arcinoti tipo il venus project) , lo illustra perfettamente una politica danese 

    weforum.org/agenda/2016/11/shopping-i-can-t-really-remember-what-that-is

     


  • emanuele

    io ho sempre pensato che lo sviluppo delle forze produttive allontanasse l'uomo dalla fatica del lavoro e che il problema non fosse il progresso tecnologico, ma i rapporti di produzione capitalistici, che anzi frenano lo sviluppo delle forze produttive e generano, loro, disoccupazione. Il problema dei tassisti non è che sono antiquati perchè non hanno l'app e uberpop invece è più moderno: entrambi svolgono lo stesso servizio e se Uberpop funzionasse tramite chiamata telefonica (come è per il radio taxi)  o se al contrario i tassisti imitassero il meccanismo di funzionamento di uberpop il problema di ''concorrenza sleale'' rimarrebbe perchè uber fa tariffe più basse mentre quelle dei tassisti sono fissate per legge.

     


  • linux00

    La domanda è se è vero come è che la produzione del profitto o del guadagno come meglio si vuol dire non dipende dall innovazione ne dalle macchine ne dai roboot ,poiche esse non possono cedere nulla alla merce prodotta ,non possono aggiungere niente che non siano  i costi di produzione ;ma quello che aggiunge valore è esclusivamente il lavoro dell'uomo,dunque se lo svliluppo tecnologico continua a crescere cosi come si ipotizza si arrivera ad un punto dove produzione di beni e merci e profitto che ne dovrebbe scatuire dovrebbere andare in netta contrapposizione a meno che non intervenga nello scontro quel concetto di cui si accennava prima tanto denigrato cosi incompatibile con il genere umano IL COMUNISMO cioè negazione dell'appropriazione della ricchezza prodotta .IL CERCHIO SI CHIUDE

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