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Riflessioni sullo Sciopero Generale dell’11 marzo

Preliminare come dato prioritario è la rottura con l’ egemonia, politica, sindacale, culturale della “sinistra” borghese neocorporativa.

Lo sciopero dell’11 marzo è stato un successo qualitativo e apre una fase nuova.

L’USB, di cui bisogna pur considerare i limiti e scorie, ha come merito principale aver messo in campo al momento giusto la propria massa critica anche numerica, per operare l’unica vera rottura organizzata di massa, la sola oggi di rilevanza nazionale, che partendo del sindacato produce importanti riflessi politici e culturali. Con questa rottura dopo anni di ostracismo e discriminazioni, si aprono spazi nuovi per tutta l’opposizione di classe. Chi non ha capito questo salto di qualità, è condannato a riproporsi stancamente marginale sempre uguale a se stesso da decenni.

Questo punto di svolta anticorporativo, è con la intuizione ancora da sviluppare del Sindacato metropolitano, che sta trovando forma pratica e concreta in alcune grandi città, una delle differenze qualitative rispetto ad altri sindacati di base ancora minoritari non tanto per numero, ma perché una parte di essi sono la versione bonsaidello stesso tradeunionismo di matrice socialdemocratica ormai residuale che caratterizza la Fiom, mentre altri sono prigionieri del velleitarismo ideologico anarco-sindacalista (si pretende che il sindacato agisca come se fosse il partito che non c’è, idelizzando un improponibile mito Wobbly”) e perciò anche se conducono vertenze significative non hanno prospettive che vadano oltre l’economicismo spicciolo e cieco.

Essere contro la concertazione non basta più, nella fase della crisi capitalista di sovrapproduzione, occorre una netta linea di demarcazione ed indipendenza verso tutto il sistema delle oligarchie politico finanziarie, sistema neocorporativo di cui il sindacalismo istituzionale è parte integrante.

Oggi l’USB, pur con grandi limiti, ha fatto una grande scelta di coraggio politico, ma per crescere va costruita dal basso sul territorio impegnandosi in prima persona, attaccando i sindacati concertativi, agendo come strumento di aggregazione per il sostegno di lotte su temi territoriali. Senza aspettare che arrivi il funzionario da fuori come fa la Cgil con il suo esercito di burocrati  ben pagati.

Tracciata la linea di demarcazione si pongono alcuni rilievi critici.

Nella preparazione dello sciopero dell’11 marzo ci sarebbe dovuto essere un rapporto unitario più diretto e mirato con movimenti, forme di coordinamento dal basso di iscritti e non iscritti di varia provenienza, cercando di coinvolgere la base della Fiom ed altre aree culturali e non solo, con comitati sciopero che sarebbero dovuti addirittura essere promossi dalla stessa USB.

Tutto ciò con assemblee territoriali e presidi con richieste di schierarsi anche ai dirigenti della sinistra confederale, denunciando ogni pretestuosa elusione e censura.

Alzare il livello della critica di classe ancora debole verso i nemici palesi e occulti.

Non sempre i nemici più feroci in apparenza sono necessariamente i più pericolosi rispetto all’obbiettivo principale nella fase di costruzione degli strumenti dell’opposizione indipendente della classe.

In questo momento i nemici peggiori di un nuovo sindacalismo di classe oltre che dal capitale e dalla destra comunemente intesa, vengono proprio dalle tre confederazioni concertative che fanno operazioni discriminatorie contro la liberà sindacale e dalle lobby mediatiche della  sinistra borghese che mentre  si proclamano “campioni della libera stampa”,  censurano ed oscurano le organizzazioni sindacali di base per isolarle dalla massa dei lavoratori tenuti all’oscuro con il silenzio stampa.

Sarà il caso di prevedere opportune iniziative in proposito, in preparazione di lotte sottoposte a censura.

Bisogna fare i nomi e alzare il livello della critica motivata da precise questioni, ad esempio le scelte fatte sulla precarizzazione del lavoro, le pensioni, la scala mobile, la democrazia sindacale, il diritto di sciopero, le carriere dei sindacalisti nelle aziende dei servizi pubblici, non ultime, le posizioni sulla repressione delle minoranze di sinistra e sulla guerra.

Lo sciopero generale culmine di un percorso.

Lo sciopero come metodo progressivo del conflitto di classe.

Quelli che si affannano a chiedere alla Cgil lo sciopero generale ne fanno un feticcio in se, dimenticano che lo sciopero generale o locale, fuori dal mito, ha valore se si qualifica sui obbiettivi, nemici e forme di lotta organizzate e avere quindi sempre punti di riferimento per un percorso successivo.

Nell’organizzazione degli scioperi a carattere generale, si deve partiree sempre dalla realtà più forte per allargarsi progressivamente nelle categorie (trasporti, poste, sanità, industria privata, ecc) o nel territorio adiacente a macchia d’olio successivamente con l’accesso anche limitato ai media e supportando le realtà organizzative più  deboli ci si estende sul resto del territorio nazionale.

Calare lo sciopero con un proclamazione “ una tantum” a pioggia su aree e regioni che non conoscono ancora  il sindacato di base ha ben poca efficacia.

Lo studio degli scioperi del “ Marzo 43” (1) e delle forme moderne di organizzazione sindacale di classe nelle periferie metropolitane dei Paesi Baschi (LAB) e di altre situazioni come la Grecia sarà molto utile.

Dalla storia recente degli anni 70 va recuperata, adattandola al presente, una pratica molto efficace verso le piccole aziende, poco sindacalizzate ed oggi con prevalenza di precariato e immigrati, si tratta delle “ ronde” proletarie anti- crumiraggio e anti -straordinario al sabato. Queste ronde “rosse” “spazzolavano” le piccole fabbriche dai crumiri, ma “liberavano” anche i lavoratori ricattati e non organizzati, come oggi gran parte degli immigrati e dei precari.

Limiti organizzativi di fase da superare al più presto

Le categorie più forti sono naturalmente ancora predominanti nelle strutture Usb (trasporti e pubblico impiego), ma la confederalità generalizzata è tutta da costruire dal basso e deve essere incrementata con investimento di mezzi con sedi e risorse militanti, ciò oltre ai quadri Usb, deve trovare anche l’impegno diretto di quelle aree militanti rivoluzionarie che sapranno cogliere il senso di apertura per l’opposizione di classe che la nascita della USB potenzialmente può rappresentare.

E per questo bisogna che verso gli elementi attivi che si propongono ci si deve attrezzare per formare sindacalmente, culturalmente e politicamente nuovi quadri.

Si deve essere ben consapevoli di dover scontare nel frattempo l’impreparazione e la difficoltà di intervento, la dove emergono nuove leve di giovani lavoratori, costrette a confrontarsi con sindacalisti concertativi esperti e navigati che possono mettere in crisi la maturazione di queste nuove leve.

Serve quindi allo scopo un vero piano di formazione che sia contemporaneamente politico – sindacale e tecnico in senso stretto (contratti e leggi)

Unità del sindacalismo di classe

Dice giustamente il comunicato Nazionale della USB ne fare il bilancio dello sciopero.

Dobbiamo continuare a credere nella necessità dell’unità del sindacalismo indipendente e conflittuale – che forse la dicitura “di base” comincia a starci un po’ stretta – e costringere davvero tutti a spiegare, a noi ma soprattutto ai lavoratori, cosa ostacola il mettersi in gioco per costruire uno strumento forte, adeguato, utile ai lavoratori ai precari, ai disoccupati, ai ceti popolari.”“(….)

(…) Nessuna delle confederazioni storiche può oggi assumersi un simile compito, il loro DNA non glielo permette, e nessuno ha il diritto di sfiancare il movimento che si è espresso in questi mesi nello sterile inseguimento di una prospettiva che non c’è.”

Bisogna accelerare i processi di unificazione anche con forme federate transitorie, avviando una fase di avvicinamento anche critico con tendenze di varia provenienza culturale che, fissate le discriminanti di fondo, debbono verificarsi e crescere in un percorso comune.

Una ipotesi di lavoro potrebbe essere quello di non presentare liste per le Rsu in competizione nella stessa azienda concordando liste comuni e favorendo così un processo unitario dal basso.

Un nuovo sindacalismo metropolitano.

Occorre studiare forme originali di organizzazione sul territorio che se condotte in modo giusto, consentono anche di aggirare rischi per il posto di lavoro dei lavoratori che si cerca di contattare ed organizzare.

Occorre anche con inchieste mirate, nei territori urbani a maggiore conflittualità, investire risorse materiali ed umane per aggregare veri punti di forza dell’opposizione di classe. Ci si deve orientarsi in agglomerati popolari, dove ancora in maggioranza vive in case in affitto e non riscattate (come un tempo Milano e’Hinterland grandi quartieri come Gratosoglio, S.Ambrogio II, Quarto Oggiaro, ecc )

Un primo passo importante sarebbe l’apertura di sedi polivalenti sul territorio punti di riferimento indispensabili per l’azione organizzativa formativa e culturale.

Precarietà e lavoro, casa, sanità, servizi, trasporti, scuola, cultura sono connessi e riconducibili al territorio metropolitano, delle periferie e dell’hinterland.

Vi sono condizione molto diverse tra la città e la provincia in cui la casa di proprietà è prevalente e “l’ombrello familiare” proprietario (casa, vitto e varie) protegge i giovani anche con salari bassi e precari, protezione che nelle in città manca ed il salario basso e precario è l’unica fonte di sostentamento per vitto casa servizi ecc..

C’è una differenza profonda tra le due realtà di condizione di lavoratori  che quindi hanno necessariamente una tendenza conflittuale molto diversa..

Lo scontro sulla casa ha quindi un grande contenuto di classe, oltre che pratico anche educativo. Questo scontro segna una discriminate molto forte tra i lavoratori espropriati (precari, monoreddito, indigeni ed immigrati) ai quali la casa serve solo per abitare quindi come valore d’uso” e quella parte di lavoratori relativamente privilegiati e ceti medi (prevalenti nei paesi) che hanno investito i loro risparmi sulla casa come “valore di scambio” (2).

Questi  ceti sociali sono condizionati dall’idea di mantenere alto il prezzo degli immobili,per cui  essi guardano con sospetto all’incremento dell’edilizia popolare che fungerebbe da calmiere .

Occorre studiare inoltre forme originali di organizzazione sul territorio che se condotte in modo giusto,

consentono anche di aggirare i rischi per il posto di lavoro dei lavoratori che si cerca di contattare ed organizzare.

Occorre, anche con inchieste mirate nei territori urbani a maggiore conflittualità, investire risorse materiali ed umane per aggregare veri punti di forza dell’opposizione di classe.

Si deve cercare di orientarsi in agglomerati popolari dove le case sono ancora in maggioranza in affitto e non riscattate (come lo erano un tempo Milano e nell’Hinterland i grandi quartieri come Gratosoglio, S.Ambrogio II, Quarto Oggiaro, ecc )

Chiarezza negli obbiettivi

Sul lavoro e in azienda e sul territorio (casa e servizi) ed a carattere generale. Bisogna essere coscienti che quelli più generale non debbono essere un illusorio libro dei sogni, essi avranno per lungo tempo non saranno realizzabile un valore di critica e di indicazione per una alternativa tutta da costruire, mentre gli obbiettivi a carattere immediato, aziendale e territoriale (regolarizzazione di precari, conquistare aumenti, bloccare licenziamenti, conquistare alloggi per senza casa ecc.), saranno invece terreno per dimostrare con vittorie parziali che è comunque la lotta che paga e per organizzare i lavoratori più combattivi.

Obbiettivi a carattere generale:

Nello sciopero dell’11 marzo erano in parte presenti, ma non apparivano così netti, vanno quindi precisati meglio per renderli più incisivi.:

 

Abolire le leggi sulla precarietà del lavoro, leggi “Biagi “e “Treu”
Repristino della “Scala mobile”

Salario minimo garantito
Diritto rappresentanza di sindacale libera

Difesa del contratto nazionale contro il piano Marchionne.

Diritto alla casa, nuova edilizia popolare in affitto.
Per la scuola pubblica basta soldi a scuole private
Abolire la legge Bossi Fini

Contro le grandi opere (No TAV ecc.)  sia per impatto ambientale che economico sociale.

Contro tutte le guerre imperialiste“umanitarie”

La proposta di legge con firme, a me sembra un metodo logoro, può essere usato per farsi conoscere e cercare nuovi contatti, ma non deve alimentare illusioni.

Annotazione finale sulla guerra alla Libia in corso, l’USB si ritrova, in assenza di un soggetto rivoluzionario di portata nazionale, ad essere la sola organizzazione nazionale effettiva dell’opposizione di classe, come tale dovrà assumere su di se gran parte della responsabilità politica della mobilitazione contro la guerra, sarà un compito forse troppo oneroso per una organizzazione ancora nascente, ma può essere anche un momento ulteriore di crescita.

Note.

(1) Umberto Massola  “Marzo 43 ore 10”) Editori riuniti

(2) articolo: Proletariato ed urbanizzazione (la contraddizione n.120- 2007)

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