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La contraddizione principale…

Agricoltori bloccano l'autostrada a Haen, nei Paesi Baschi.

Nell’Unione Europea la contraddizione principale tra Capitale e Lavoro sta emergendo con sempre più forza.

Oggi c’è stato lo sciopero nei Paesi Baschi spagnoli, il primo dell’era Sanchez-Iglesias, sostenuto anche dalla sinistra di Podemos; ieri c’è stato l’ottavo sciopero generale in Francia dal 5 dicembre; lo stesso giorno una importante mobilitazione sindacale in Belgio, con il PTB che ha lanciato una grande campagna politica.

Le politiche neo-liberiste – passate e future – sono sul banco degli imputati di questo ipotetico processo popolare, a coronamento di una crisi dell’egemonia delle élites neo-liberali che non ha come sbocco “naturale” il populismo di destra ed inquieta non poco le oligarchie continentali.

Ed anche la Gran Bretagna post-voto sembra muoversi in una direzione che in qualche modo deve porre rimedio alla macelleria sociale degli ultimi quarant’anni circa, con una certa autonomia anche rispetto ad un alleato di ferro come gli USA, come dimostra la vicenda Huawei. Ma quali disastri… La Brexit da semplicemente più margini di manovra per governare le contraddizioni sociali anche ad un governo arci-conservatore, così come nel mondo multipolare.

Di questo nei media mainstream filtra poco, quasi niente e, come “riflesso pavloviano”, ancora meno nei dibattiti della sinistra radicale. E non si tratta di un consolatorio “eppur si muove”.

Non filtra il fatto che Philippe Martinez, segretario della CGT – motore della lotta contro l’ipotesi di riforma pensionistica in Francia – parli di requisire le aziende che chiudono e di affidarne la conversione produttiva agli operai, e lo faccia dal pulpito di maggiore leader di una lotta che ha dietro di sé la maggioranza dei francesi, stando ai sondaggi.

Non emerge la strategia di questo sindacato che “reinventa sé stesso”, incontrando Attac France e la sezione locale di GreenPeace per iniziare a lavorare ad una transizione ecologica che coniughi l’emergenza climatica ed il mantenimento dei posti di lavoro. E contemporaneamente i lavoratori del settore energia – “nuovo” pezzo da novanta delle mobilitazioni – minacciano di mettere al buio la Francia se approvano la riforma.

Non sono “schegge impazzite”, ma appuntite della deflagrazione sociale e la dirigenza sindacale – laggiù – li approva, ed ha una prospettiva che non sia l’austerity ecologica travestita da green new deal.

Addirittura i lavoratori delle centrali nucleari – oltre a quelli delle idroelettriche – sono tra i più mobilitati. Un fatto inedito e significativo. Per non parlare delle campagne sulle questioni di genere, che stanno diventando una degli assi portanti della CGT, compresa la declinazione di genere della lotta contro le pensioni.

Volete capirci qualcosa? Guardate i video di “à cause de Macron“… A volta basta un tube.

Dovremmo tutti stare a capire, prendere contatti, imparare, cogliere la tendenza, capire se si apre una nuova fase e invece si sembra che si stia come d’autunno sull’alberi le foglie.

Lotta di classe e “sinistra radicale”

Facciamo un bilancio e pensiamo che davanti a delle fratture reali dovremmo lavorare per delle rotture possibili. Perché se non siamo all’altezza della contraddizione principale rischiamo di negare la ragione ontologica dei comunisti. La vicenda di Syriza, la Brexit e la sfida catalana sono lì a dimostrarcelo, così come la collera sociale iniziata il 17 novembre.

L’UE si sta armando per una guerra globale, ed i popoli che subiscono la “nostra” occupazione militare, chiedono la nostra dipartita, dall’Iraq al Sahel.

Anche qui, una sinistra radicale che voglia sradicare l’euro-centrismo e combattere il neo-colonialismo deve iniziare a dar battaglia, e rappresentare questa contraddizione tra oligarchie europee e strati consistenti di “dannati della terra”, individuando il comune nemico.

È un compito facile? Assolutamente no, ma non abbiamo scelta, se non entrare nel PD…

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