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Lampedusa, un mare di ipocrisia

In queste ore il teatrino tra centrodestra e centrosinistra, tra berlusconiani e antiberlusconiani, tra ‘conservatori’ e ‘progressisti’ ha cambiato tema. La tremenda strage di ieri al largo di Lampedusa, costata la vita a centinaia di migranti, ha fornito l’occasione per passare dalle polemiche sul governo a quelle sulle leggi in materia di immigrazione.

E’ un turbinio di accuse: la destra xenofoba accusa la ministra Kyenge e la ‘sinistra’ di essere i responsabili della tragedia, perché il loro lassismo in materia di controllo delle frontiere e di respingimenti, e la proposta di introdurre lo ‘ius soli’, avrebbero incoraggiato masse di abitanti del sud del mondo a tentare l’approdo sulle coste italiane.

Dall’altra parte gli esponenti del centrosinistra – quelli che governano ormai da anni con Berlusconi e soci, per capirsi – accusano la destra di insensibilità, di cinismo, di voler strumentalizzare la tragedia di ieri per farsi propaganda a basso costo.

La realtà è che poco, pochissimo divide le posizioni dei vari schieramenti politici. Per un fatto che ha poco a che fare con le ‘diverse’ culture o tradizioni politiche. Cioè che a comandare in fatto di ‘regolazione dell’immigrazione’ è una legge non scritta ma assai efficace, quella del capitalismo e delle sue esigenze irrinunciabili. Agli imprenditori italiani di ogni ideologia e colore – come del resto a quelli di ogni altro paese ‘sviluppato’ – serve manodopera illegale e quindi senza diritti e ricattabile. Da poter pagare due soldi e da poter cacciare – neanche licenziare- appena non serve più. E’ per questo che ieri a Lampedusa sono morti centinaia di esseri umani. La clandestinizzazione dei flussi di manodopera è un’esigenza oggettiva del capitalismo e del nostro mercato del lavoro. Qualunque schieramento politico che voglia in buona fede metterci le mani per salvaguardare la vita di chi ora la rischia per venire a fare lo schiavo in Europa piuttosto che morire di fame o di guerre nei suoi territori, non potrà che scontrarsi con questa esigenza oggettiva del capitale.

Quella che quando la Lega era al governo e pretendeva di ridurre anche con l’uso della forza il flusso migratorio aumentando i rimpatri dei ‘clandestini’ nei loro paesi fece sobbalzare gli imprenditori del nord est, gli sponsor di Bossi e soci, che ricordarono quanto gli immigrati fossero fondamentali per le loro imprese e per i loro conti in banca.

E’ il caso di ricordare, infine, che la clandestinità degli immigrati non l’hanno inventata né Umberto Bossi né Gianfranco Fini, ma Livia Turco e Giorgio Napolitano. E quelle prigioni inumane per immigrati che sono i CIE – prima CPT – anche.

Non saranno quindi le dame di carità della sinistra salottiera a risolvere il problema. La clandestinizzazione dei flussi migratori crea ad arte un’emergenza infinita per alimentare la quale – e non certo per risolvere – i governi stanziano centinaia di milioni di euro ogni anno. Alimentando così un business bipartisan a destra come a sinistra che – insieme alle filiere della “accoglienza” e della “assistenza” – costituisce una fondamentale  fonte di reddito, di potere e di clientele per quella che è ormai diventata una vera e propria industria dell’emergenza, la cui materia prima sono le sofferenze inflitte a migliaia di migranti in nome della ‘protezione delle frontiere’.

Quindi, per favore, risparmiateci almeno le vostre lacrime di circostanza e la vostra ipocrisia.

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1 Commento


  • manuela fabbretti

    Ma,non so se e’piu’ipocrita Marino,che vuole accogliere i superstiti a Roma ,Non sa,che l’ufficio immigrazione del comune(via assisi)ha,per i richiedenti una lista d’attesa di 8 mesi?Lavoro con i rifugiati da 10 anni,la cosa piu’problematica e’inserirli in un centro d’accoglienza.Li mettera’sotto il solito tendone dell’emergenze a Tor Marancia?

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