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I frutti della legalità

Uno tra i prodotti peggiori della seconda repubblica (nonché pilastro della terza, declinato in chiave riorganizzativa europea) è il concetto borghese di legalità.

Come tutti sapranno, questo termine sintetizza, in chiave ovviamente positiva ed auspicabile, il rispetto della “legge” e più in generale dell’ordine “democraticamente” costituito.

Tale concetto è diventato di condivisione comune nell’ultimo ventennio, a seguito della destrutturazione della politica come frutto della mediazione tra la conflittualità sociale, sostituita da un’interpretazione della stessa quale mera gestione “tecnica” dell’esistente, quindi presuntamente sopra le parti. Sottolineò presuntamente in quanto è sufficiente verificare il taglio ideologico dei tecnici e più in generale della classe dirigente, per comprendere che dalle stanze dei bottoni è sparita anche la più blanda ideologia riformista, lasciando totale campo libero a quelle forze di destra il cui unico credo è il “mercato” con annessi profitti che veicola.

Dato questo preambolo, dovrebbe quindi essere chiaro che i frutti di una legalità costruita dalle classi padronali è strutturata per produrre “buoni frutti” esclusivamente per i padroni stessi. Qualsiasi altra speculazione in materia volta ad addolcire la pillola per le classi subalterne che dovranno ingoiarla, è falsità. Ed è nella perorazione di questa falsità che s’inserisce la moltitudine di messaggi volti ad avvalorarla e veicolarla in ogni ambiente, compresi i luoghi di lavoro.

Nel mio, per esempio, campeggia da alcuni giorni il manifestino che vedete in foto, il quale s’incarica di pubblicizzare la 20esima giornata in ricordo delle vittime della mafia promossa da Libera Terra, nota associazione che mette a frutto (e profitto) le terre sequestrate alle mafie.

Sicuramente qualcuno si chiederà cosa ci sia di condannabile in tale operazione. A prima vista nulla, ma ad un’osservazione più attenta si scopre che il Diavolo (o forse Dio?…) si nasconde nelle note a piè manifesto, in quanto l’iniziativa di Libera Terra è patrocinata dal gruppo CIR (già appaltatore della simil mensa del mio luogo di lavoro), concessionario ufficiale, insieme a Libera Terra, di Expo 2015.

Ora, che un’associazione intenta a porsi in contrapposizione alla cultura mafiosa, come pretende di essere Libera Terra, salga sul carrozzone di Expo 2015 insozzato dalle consuete “deviazioni” sull’attribuzione degli appalti per la sua realizzazione, e soprattutto dall’uso indiscriminato del lavoro gratuito e sottopagato, nonché vetrina del modello di sviluppo peggiore che si potrebbe immaginare, è situazione che dovrebbe far gridare vendetta al cospetto di Dio (a maggior ragione se l’associazione benefica e legalitaria è guidata da un prete…).

In base a queste banali considerazioni sento di poter affermare che no, l’odierna legalità non produce buoni frutti.

L’unica legalità che potrà farlo, sarà quella che prenderà forma dalle spinte propulsive di un’auspicabile e sempre più necessaria rinascita del conflitto attuato dalle classi subalterne.

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