La vicenda Mafia-Capitale, ben oltre i pur notevoli rilievi giudiziari, sembra avere radicalmente sovvertito i connotati della politica cittadina. La traballante giunta Marino, minata internamente da scontri gestionali e di potere nonché poco gradita allo stesso governo, si è ritrovata a beneficiare di una incontrastata e riconosciuta leadership che dalla, a dir poco ipocrita, riscossa morale della città, si è trasformata in un solido riferimento per gli “interessi forti”, profitto e rendita, collocati al centro dell’azione del governo cittadino.
La presentazione del bilancio comunale , basato su una insensata forzatura dei tempi di rientro dal debito contrattati con l’esecutivo nazionale, è la cartina di tornasole di questa spregiudicata operazione, alla cui base vi è una ponderosa operazione di dismissione del patrimonio pubblico: dalle aziende municipalizzate, ACEA ed AMA, giunge sino alle partecipate, assicurazioni e farmacie comunali e al patrimonio immobiliare ed edilizio; combinandosi al ridimensionamento degli investimenti per il trasporto pubblico, scuole materne e dell’infanzia, assistenza sociale ,ecc, spalancando così l’intero territorio alle mire delle lobby affaristiche, già ampiamente presenti e consolidate nei più diversi ambiti economico- sociali, ponendo le condizioni per il salto di qualità nell’acquisizione del primato nella gestione economica della città.
Allora, ciò che avanza, sotto le false spoglie del risanamento, è una visione della città e del suo territorio, anche fisico, in cui la politica si fa strumento per lo sfruttamento indiscriminato delle risorse economiche, sociali, ambientali, artistiche, storiche soggiogandole all’investimento privato, magari del capitale multinazionale, come avviene in modo lampante per le grandi opere e/o nella gestione degli eventi.
Lo stato in cui versa Roma è una chiara testimonianza degli effetti dovuti al conseguente abbandono di ogni ipotesi di programmazione e di accrescimento dell’intervento in infrastrutture e servizi da parte pubblica che inevitabilmente condanna l’intero patrimonio pubblico, la vera ricchezza della città, ad un inesorabile declino, con esiti visibili nel degrado crescente della condizione di vita della componente maggioritaria della popolazione romana, quella delle periferie.
Tutto ciò non nasce certamente con la giunta Marino, le vicende politiche ed economiche dell’ultimo decennio, dalle giunte Vetroni in poi, si prestano ad essere ricostruite come fase del passaggio, interno alla più generale trasformazione economico –sociale legata alla costruzione dell’unione europea, dalla città dei palazzinari, della speculazione edilizia alla dimensione della metropoli globale polo di attrazione per i flussi del capitale multinazionale in cerca di condizioni di profittabilità.
Il punto di svolta nel modello di città che si vuole affermare viene definita dal cambiamento di funzione dell’investimento pubblico, sottratto dal ruolo di sostegno indiretto al reddito e posto al servizio dell’interesse privato: l’intervento pubblico trova giustificazione solo se rapportato ai benefici economici, profitto in primis, in un contesto in cui gli interessi popolari fungono da strumento e non certo da fine dell’azione pubblica.
Ciò che viene allora affermandosi nell’intero territorio metropolitano è la presenza di vere e proprie “filiere” dei processi di privatizzazione, dalle grandi opere all’ accoglienza, riversantesi in ogni ambito della vita sociale, ognuno con i propri referenti legittimamente organizzati e convergenti nell’azione di espropriazione del patrimonio e nell’accaparramento delle risorse della collettività.
Se la privatizzazione del territorio, intesa nel modo esposto, e i connessi processi di appropriazione privata assurgono, quindi, a ruolo strategico nella gestione della governance della metropoli, gli interessi di classe, nella multiforme espressione della loro composizione, vengono oggettivamente marginalizzati, tagliati fuori dai meccanismi, ritenuti superati dalla preminenza degli interessi privati, di redistribuzione del reddito in beni e servizi.
Per quanti si muovono sul terreno del conflitto sociale e della rappresentanza degli interessi di classe e popolari, il confronto quotidiano con la condizione della periferie, vecchie e nuove, riferisce degli effetti delle politiche sociali subordinate al meccanismo della cosiddetta sussidiarietà, solo ciò che non è oggetto di opportunità di profitto può avere una gestione pubblica, e della crescente desolidarizzazione delle relazioni tra soggetti dello stesso blocco sociale.
L’affermazione del rapporto sociale privatistico, elevato a principio regolatore del vivere sociale, funge da moltiplicatore della solitudine sociale di strati di popolazione lavoratrice precarizzata , flessibilizzata e sottoponendo al ricatto costante il lavoro, anche qualificato, vincolandolo alla filiera della privatizzazione magari nelle forme del rinnovo dell’appalto piuttosto che ai finanziamenti dei servizi attraverso il passaggio della finta cooperazione.
E’ allora evidente che l’approdo al modello di metropoli globale si combina con diverso modello di accumulazione e apre scenari inediti nelle modalità di costruzione della rappresentanza. Individuare allora i rapporti interni alla composizione del nostro blocco sociale, frammentato e stratificato, ricostruendo stabili legami solidaristici è un presupposto per dare voce e forza agli interessi popolari. Interessi irriducibili a quelli rappresentati dalle componenti politiche apertamente schierate con le lobby affaristiche, di cui la giunta Marino con il bilancio in via di approvazione si pone come interlocutore privilegiato, e con cui va praticata una totale rottura.
I percorsi unitari avviati dalle realtà territoriali conflittuali, dal sindacalismo indipendente e di base, dai comitati di scopo e la recente mobilitazione contro il bilancio comunale, dimostrano la possibilità concreta di momenti di rappresentanza unitaria degli interessi popolari. Adoperarsi affinchè il moltiplicarsi delle contraddizioni sociali connesse al modello di città globale non diventino ostacolo nel nostro campo d’intervento, irrigidendo la necessaria costruzione di forme stabili di rappresentanza unitaria al di fuori e contro gli “ interessi forti” al comando della città.
Il forum cittadino promosso da Ross@ il prossimo 28 marzo a Torbellamonaca si colloca all’interno di questo percorso unitario delle realtà protagoniste del conflitto di classe per discutere e approfondire e diffondere la conoscenza dei processi di trasformazione in corso, per definire al meglio le sembianze del “nemico”, per promuovere la discussione sulla rappresentanza politica degli interessi popolari della cittàe per tradurli in un possibile programma alternativo.
* Ross@ Roma
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