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Mercato mondiale contro capitale finanziario. La sfida futura

Nella contesa Stati Uniti Cina e Stati Uniti Russia spesso gli analisti considerano i fattori solo dal lato occidentale. Errore. Il cambio di paradigma intercorso nell’ultimo decennio post crisi mette all’ordine del giorno altre questioni. Innanzitutto l’Occidente ha risposto alla crisi del 2007 continuando e perpetuando la pratica del capitale produttivo di interesse, carta su carta garantita dalle banche centrali che, secondo il FMI, ha portato ormai a dei livelli di indebitamento insostenibili. Carta che divora sempre più economia reale a cui si risponde con la guerra e con il seguito di indebitamento.

Nel frattempo gli USA hanno perso in questo decennio la sfida asiatica non entrando, se non minimamente, nella crescita del continente asiatico e non beneficiando del boom di queste economie. Il perché è dovuto al fatto che nell’ultimo quarantennio ha distrutto capacità industriale e non ha al momento possibilità di ricrearla, avendo un sistema scolastico ed universitario iperliberista che impedisce la formazione adeguata di decine, se non centinaia di milioni di lavoratori qualificati.

Nel mentre la Cina contribuisce alla crescita mondiale per il 30% e l’Asia per un altro 30%. Il 60% della crescita viene dall’Asia e la Cina si pone come capofila e calamita di questo impetuoso progresso. Il progetto della via della seta sta inoltre portando i suoi frutti: la Cina diminuisce gli investimenti in occidente e aumenta dell’81% gli investimenti lungo la rotta asiatica della via della seta, per un valore lo scorso anno di 49 miliardi di dollari. Inoltre la trasformazione industriale cinese, con Made China 2025, puntando sull’alta qualità dell’offerta e sull’innovazione tecnologica, porta ad un trasferimento industriale di produzioni a basso valore aggiunto lungo il tracciato asiatico, contribuendo all’industrializzazione del continente e all’intreccio della catena del valore con la Cina.

Il processo è talmente inarrestabile al punto che nel 2017 l’interscambio cinese con i paesi Asean ha raggiunto il valore di 500 miliardi di dollari, quando quello con gli Usa, definito prioritario dagli osservatori occidentali, è pari a 600 miliardi di dollari.

L’interscambio cinese con i paesi asiatici raggiunge progressi annui del 20%. Nel giro di pochissimo tempo scavalcherà quello con gli Usa. Delocalizzazione ed industrializzazione dei paesi asiatici portano alla nascita di una classe media alternativa a quella occidentale: l’interconnessione infrastrutturale di questo continente grazie alla via della seta accelera i processi di costruzione delle marxiane condizioni generali della produzione, che portano a livelli massimi in poco tempo la produttività totale dei fattori produttivi e da qui, tramite la diffusa reflazione salariale, alla nascita di un vastissimo mercato.

Dal centro, dalla Cina, dopo aver delocalizzato produzioni, si accelera il processo di urbanizzazione di centinaia di milioni di persone a cui viene dedicato un primo assaggio di welfare. Ancora gli effetti non si fanno sentire, ma, ad esempio, a partire dal 2020, ci saranno due medici pubblici ogni 1000 abitanti e la sanità raggiungerà profili di servizio universale.

La potenza del processo innescherà la liberazione di masse enormi di risparmio che saranno indirizzati ai consumi e al mercato interno, di modo che, se dal 2007 ad oggi, l’apporto dell’export sul pil è passato dal 30 al 18%, dal 2020 vi sarà un’enorme processo di riduzione del rapporto. A quel punto la Cina sarà un vasto mercato interno auto-alimentantesi che trascinerà l’Asia, l’America Latina e l’Africa. Sarà sempre più il centro del mercato mondiale. Tant’è vero che i cinesi non si preoccupano dell’export ma dell’aumento dell’interscambio, salito nel primo trimestre di quest’anno del 9,4%. A sua volta, tale processo porterà, con la connessione della via della seta, ad un aumento della classe media in Asia. A quel punto il sistema asiatico sarà chiuso, si autoalimenterà e innescherà processi di accumulazione indipendentemente da eventuali esportazioni verso l’occidente. Sarà il sistema Asia, con al centro la Cina. Un nuovo mercato mondo alternativo all’occidente che influenzerà i continenti latino americano e africano.

Lo scontro nei prossimi anni sarà tra questo sistema di mercato mondiale basato sull’economia reale e su accumulazione capitalistica e il sistema del capitale produttivo di interesse dell’occidente basato sull’indebitamento.

Non a caso Trump vuole rientrare in gioco con il TPP asiatico. E’ li il mercato del futuro, l’Occidente, se non cambia rotta, è destinato a contribuire alla crescita mondiale per una percentuale irrisoria. Come in parte sta già succedendo. E la Russia che nel frattempo guarda sempre più ad est….

* da Marx XXI

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