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Potere al Popolo. “Possiamo osare di più”

Si è tenuto questo fine settimana a Roma il Coordinamento Nazionale di Potere al Popolo. Una bella due giorni partecipata da delegate e delegati da tutto il paese, che si sono confrontati su quello che sta accadendo in Italia e nel mondo, e su cosa possiamo fare per trasformare le cose. Trasformare le cose infatti è possibile: le cose sono in movimento ovunque e ogni giorno, anche piuttosto velocemente, accadono eventi che si credevano impensabili, e si può riuscire – se si è ben organizzati, determinati, se si hanno buone idee e un legame forte con le persone che si intende coinvolgere – a fare qualcosa di grande e importante.
Questo non vuol dire che sia facile, ovviamente. Anche se non mancano tanti segnali positivi, di risveglio delle coscienze e delle lotte, c’è anche, soprattutto in Italia, uno scenario complesso, dato da una crisi economica di lungo periodo e da una classe politica che, in tutte le sue sfumature, non ha alcun progetto per questo paese, non è interessata ai nostri bisogni ma difende chi ha già ricchezze e privilegi, alimentando l’imbarbarimento e la ferocia sociale. Questa situazione apparentemente bloccata, il bisogno che spinge molte persone a emigrare o ad accettare forme incredibili di sfruttamento, la de-socializzazione delle persone messe in competizione, rende ancora difficile alla gran parte della popolazione anche solo immaginare, per non dire il lavorare quotidianamente, a percorsi di liberazione.
Ma non per questo c’è da scoraggiarsi. Anzi pensiamo che
di fronte a tutto quello che sta accadendo si debba essere umili e disporsi a imparare e soprattutto a sperimentare, consapevoli delle difficoltà ma niente affatto rassegnati o risentiti. Dobbiamo sempre ricordare che gli scopi che ci siamo dati sono alti, perché noi non ci impegniamo solo per cambiare un dettaglio di questo sistema o per una poltrona, ma per trasformare alla radice questo sistema di sfruttamento, la disuguaglianza in tutte le sue forme, l’infarto ecologico… Noi vogliamo mutare anche il modo di pensare, noi stessi, le relazioni sociali e ambientali, la guerra che ci costringono a combattere ogni giorno. Scopi così alti richiedono, soprattutto in questo contesto, un po’ di tempo. Non esistono scorciatoie: non basta affidarsi a un leader migliore degli altri, o avere un marketing comunicativo più appassionante. Ci vuole presenza sui territori e sui posti di lavoro, ci vuole formazione politica, ci vuole che migliaia di persone maturino coscienza di classe, ci vuole organizzazione. Questo non si fa dalla mattina alla sera, soprattutto con i nostri mezzi, che sono quei pochi che ha a disposizione il popolo. Ma questo non vuol dire che l’obbiettivo sia impossibile o che bisogna aspettare chissà che. Al contrario: ogni giorno nella nostra militanza abbiamo la dimostrazione che è possibile spezzare questi meccanismi, ottenere vittorie, aggregare nuove persone, e che quindi non c’è da abbattersi ma costruire con pazienza e determinazione degli inizi, dei punti di tenuta, degli affondi per riuscire a passare, insieme a tante altre e altri, all’offensiva.
Molti dicono che abbiamo ragione, che sarebbe bello vedere nella grande politica persone come noi, che purtroppo siamo ancora troppo piccoli… Dobbiamo fargli vedere concretamente che se anche si è piccoli, si possono fare cose grandi. Che da qualche parte pure bisogna iniziare e che per noi “il poco diventa molto”. Che anche un adulto prima di diventare qualcuno di importante è stato un piccolo che è stato aiutato a crescere, che ha imparato, sbagliato e riprovato.
In questi giorni abbiamo festeggiato i due anni dal lancio di Potere al Popolo, il primo anno dalla sua nascita come organizzazione. Sono stati mesi pienissimi, abbiamo fatto mille cose e coinvolto centinaia di migliaia di persone. Ma sappiamo che siamo solo all’inizio!

Sulla situazione politica italiana

Dicevamo che il quadro è complesso, non solo in Italia. È infatti evidente che tutto il mondo è in movimento. In questi mesi si sta giocando una partita enorme: da un lato c’è chi usa tutti i mezzi per mantenere il suo dominio – pensiamo ai bombardamenti di Israele oppure ai carri armati nelle strade cilene –, o per far tornare indietro le lancette della storia, come avviene con il golpe in Bolivia o con l’invasione del Rojava da parte della Turchia di Erdogan. Ma da un altro lato c’è anche chi, dal Sudamerica passando per il Medioriente, senza dimenticare la Francia dei gilet gialli o la Catalogna che lotta contro la repressione, resiste e anzi riesce persino a vincere. Resistenze che sembrano apparentemente slegate e diverse, e che però allo stesso tempo comunicano fra loro e, pur nelle loro specificità, non sono altro che effetti della crisi globale del capitalismo e manifestazioni contemporanee della lotta di classe.
Anche se noi siamo ogni giorno impegnate e impegnati su piccole e grandi cose sui nostri territori, sulle vertenze e nelle lotte come sul far funzionare uno sportello e assistere anche solo una persona, è sempre questo scenario che dobbiamo tenere in testa,
è sempre questo orizzonte globale che non dobbiamo mai dimenticare, perché da questo traiamo coscienza e forza. E anche esempi di persone che sono disposte a dare la vita, a sfidare dittature e il carcere, per affermare valori di umanità e uguaglianza, solidarietà e speranza.
In Italia la situazione è resa ancora più difficile e ambigua perché, dal punto di vista sociale, la crisi morde di più. A differenza di altri, l’Italia è stata fra i paesi europei che più ha sofferto la crisi del 2008. I motivi sono tanti: dalla dimensione produttiva incentrata sulle piccole e medie imprese che fanno fatica a stare nella nuova fase della competizione globale, a una forte differenziazione del tessuto economico fra un Nord “integrato” ai flussi europei e un Sud abbandonato, dalla tolleranza dell’evasione fiscale che ha sottratto risorse a politiche di formazione, ricerca e investimenti pubblici, all’abbandono di una seria politica industriale e alla svendita del patrimonio pubblico. Il dato ora è che la nuova recessione globale in arrivo pesa sull’Italia in modo più forte. Per questo l’attuale governo PD/M5S, non volendo attaccare chi detiene la ricchezza nel nostro paese e non volendo recuperare risorse in questo modo, è costretto a barcamenarsi in una finanziaria che da un lato si allinea ai parametri di rigore dell’UE, da un altro lato non riesce a produrre nulla in termini espansivi per le classi popolari. In questo senso la vicenda del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) fa anche emergere le contraddizioni interne alla maggioranza, tanto da essere il detonatore di una nuova crisi di governo che non è escluso che possa portare in primavera a nuove elezioni politiche.
Così il PD gioca il ruolo che il centrosinistra ha sempre giocato in questi anni: di conservazione dell’ordine esistente e di allineamento ai parametri del neoliberismo, mentre il M5S, che per anni ha millantato di rappresentare un’alternativa alle logiche dei “tecnocrati” e delle “burocrazie” in nome degli interessi degli italiani, viene ormai pienamente assorbito dal sistema. Ed entrambi vengono puniti almeno nei sondaggi; mentre la destra, che amministra i territori secondo gli interessi della peggiore borghesia criminale e imprenditoriale, riesce a crescere perché chi governa non fa niente per le classi popolari e perché le promesse di stampo berlusconiano fanno ancora presa sulla piccola borghesia italiana.
Questo quadro è reso ancora più complicato dal fatto che per anni si è via via costruita una narrazione tossica, che impedisce la costruzione di qualsiasi cosa che sia diversa dalla partita Lega/fascisti/“populisti” vs PD e mondo liberale.
Una logica binaria soffocante: se attacchi il governo allora fai il gioco di Salvini, se attacchi Salvini allora fai il gioco dei liberisti. Ci troviamo di fronte la paradossale situazione per cui alcuni valori progressisti, antiautoritari ed emancipatori, come l’antifascismo e l’antirazzismo, vengono incarnati da soggetti politici che poi operano costantemente per il loro affossamento, ad esempio per aumentare lo sfruttamento sui lavoratori, per regalare soldi a banche e multinazionali, per privatizzare o fare grandi opere devastanti per il territorio. Cioè le cose che prima faceva la destra! Mentre la stessa destra, pur continuando a difendere e rappresentare gli interessi dei peggiori speculatori e mafiosi di questo paese, assume una retorica apparentemente più “sociale”, che finisce per ingannare, coinvolgere e strumentalizzare le classi popolari.
La difficoltà in cui in questa fase si trova non solo l’azione di Potere al Popolo, ma anche quella delle altre organizzazioni sociali e politiche di rottura (sindacati, centri sociali, movimenti etc), è dovuta al fatto che, da un lato, i soggetti sociali che vorremmo intercettare guardano alla destra o (sempre di meno) ai 5 Stelle, perché li vedono attenti al sociale e soprattutto forti, agguerriti, arrabbiati come loro, capaci di rispondere ai loro problemi – mentre, pur apprezzando il nostro impegno in singole vertenze o quando li intercettiamo sui bisogni, poi non riconoscono alla nostra parte la forza per rappresentarli politicamente e dare una risposta complessiva alla loro vita. Da un altro lato, tanti di quelli che potrebbero stare con noi per affinità di valori, come l’antifascismo, l’antirazzismo, sono poi distratti o indifferenti sulle questioni sociali, ideologicamente convinti dal mercato, dall’individualismo, dalla meritocrazia, da una falsa idea di sviluppo, dalla sacralità della tecnocrazia, ed a volte sono anche socialmente e culturalmente lontani dalle classi popolari…
Noi non intendiamo arrenderci a questa difficoltà, non intendiamo né assumere un atteggiamento sprezzante, come fanno molti, nei confronti delle classi popolari che non potrebbero prendere parola perché “rozze”, “arrabbiate” etc, né denigrare chi si mobilita sulla spinta di buoni sentimenti, dell’umanitarismo, della voglia di opporsi alle forme più appariscenti della barbarie, pur affidandosi a cattivi dirigenti. Non vogliamo rinchiuderci in una dimensione identitaria, né puramente locale, né di attesa, come oggi fa tanta sinistra:
vogliamo provare a incidere, per quanto possiamo, sia nella realtà sociale sia nel dibattito pubblico, per strappare ogni singola persona e ogni gruppo sociale a questa contrapposizione liberalismo/fascismo che impedisce di far nascere qualcosa di nuovo, di fronte al vecchio che sta morendo.
Per questo pensiamo che quando le persone si mobilitano, Potere al Popolo non possa chiamarsi fuori. Se il nuovo può nascere, è da lì.
Noi siamo contenti che le piazze si riempiano, siamo sempre contenti che si creino momenti di rottura di una quotidianità apolitica e individualista, che la rassegnazione a cui ci crescono si interrompa anche solo per un attimo. Se poi quelle piazze esprimono anche dei valori positivi, che mirano comunque a costruire forme di legami più sani, fra umanità e ambiente, fra uomo e donna, fra persona e società, noi non possiamo che sentirci coinvolti. Noi non giudichiamo da fuori: noi siamo quei giovani, quelle lavoratrici e lavoratori, quei cittadini cresciuti scendendo nelle piazze. Ma, proprio perché siamo parte di quel pezzo di umanità che non pratica la cattiveria, lo sfruttamento sulle altre persone, rivendichiamo il diritto di dire la nostra, di partecipare a un dibattito, di orientare – non a parole, ma con le pratiche, mettendoci in gioco e al servizio in prima persona – la direzione che queste mobilitazioni (pensiamo ad esempio alla Whirlpool o all’ex ILVA) e questi movimenti possono prendere.

Sulle piazze del nostro paese

È con questo spirito che in questi mesi abbiamo partecipato alle date di mobilitazione di Fridays For Future, cercando di coniugare le vertenze ambientali sui territori in cui siamo presenti con lo sguardo globale che questo movimento offre. Fridays For Future esprime un’esigenza vera, con cui la politica deve fare i conti, un’istanza radicale, perché non si possono ridurre le emissioni, fermare il cambiamento climatico, garantire un futuro al nostro pianeta, se non si cambia alla radice questo modo di produzione, se non si sostituisce alla centralità del profitto la centralità dell’umanità vista come parte di un ambiente, se non si mette al centro il suo essere sociale e naturale. Non è un caso che questo movimento, dopo essere stato pompato e anche strumentalizzato mediaticamente da Repubblica e dal PD, non abbia ricevuto alcun risalto quando ha svolto la sua seconda assemblea nazionale a Napoli mettendo per iscritto nel suo documento posizioni molto radicali (vi invitiamo a leggere il comunicato finale qui).
Con questo stesso spirito collaborativo e partecipativo abbiamo partecipato alle mobilitazioni di Non Una di Meno e lavorato dentro tutti i movimenti sociali, a partire dal nostro, per affermare l’importanza e l’imprescindibilità della questione di genere e di un punto di vista femminista del mondo. E questo non solo per rispondere all’attualità – all’emergenza della violenza maschile, della discriminazione contro chi decide di vivere liberamente la propria sessualità, o del “gender gap” che vede ancora molte donne, soprattutto quelle proletarie, guadagnare di meno degli uomini, lavorare il doppio perché sulle loro spalle vige ancora il lavoro di cura… Ma anche perché siamo consapevoli che qui non è questione di astratti diritti civili da contrapporre ai più concreti “diritti sociali”, che qui forma e sostanza sono la stessa cosa, che in questa battaglia è in gioco tutto il senso del nostro progetto, la costruzione di un’umanità liberata, riconciliata per quanto possibile. Il secolo che è appena iniziato abbatterà pregiudizi, farà emergere il protagonismo delle donne in tutto il mondo: noi dobbiamo evitare che questo cambiamento venga intercettato dal neoliberismo, dal mettere a valore la differenza per fare profitto, dal continuare lo sfruttamento ma dietro l’ipocrisia dei “pari diritti”. Anche per questo abbiamo appena pubblicato un documento che chiediamo venga diffuso e discusso ovunque, a partire dalle stesse assemblee di Potere al Popolo.
Rispetto alle piazze delle “sardine”, il giudizio non può che essere più complesso. Non tutte le piazze sono uguali, e noi dobbiamo sempre avere la capacità di non fare di tutta un’erba un fascio. Mentre Fridays For Future e Non Una di Meno sono movimenti globali, che partono da esigenze storiche e pongono temi generali – che, anche se non sono sempre direttamente anticapitalisti, esprimono certamente la voglia di mettere fine a un sistema di dominazione –, mentre questi movimenti vengono condotti da persone che non fanno parte dei circuiti della politica istituzionale e vengono dal basso, spesso non hanno portavoce o dinamiche calate dall’alto, ma si decide insieme nelle assemblee, per quanto riguarda le “Sardine” notiamo invece una diversa articolazione.
Questa mobilitazione nasce non a caso in Emilia Romagna, dove si andrà al voto in gennaio, da parte di soggetti strettamente legati al mondo del centrosinistra: chi ha convocato inizialmente quelle piazze lo ha fatto per produrre un effetto di tipo elettorale, per evitare che la Lega vinca anche lì e che un intero mondo di interessi, di fondi, cooperative, potere, legati al PD, crolli. Anche per questo è stato subito ripreso e amplificato dai media, che hanno trasformato un evento locale in qualcosa di enorme, spettacolare, a cui tutti vogliono partecipare e che si è riprodotto in tutta Italia anche grazie alle reti sociali del centrosinistra – non solo PD ma anche Arci, associazioni, pezzi di sindacato etc – ed al fatto che molti esponenti della sinistra, ormai senza partito di riferimento, hanno colto questa occasione per rilanciarsi, per darsi una nuova caratterizzazione sociale e giovanile, per costruire dei percorsi elettorali sulle cui finalità è ancora lecito dubitare.
È però evidente che il successo di quest’operazione non ha solo a che vedere con la sua strumentalità. Le oltre 100.000 persone scese in piazza in queste settimane non sono certo tutte del PD e non è nemmeno detto che voteranno tutte il PD: sono persone che non si sentono rappresentate dalla politica e soprattutto dalla sinistra attuale in tutte le sue forme. Inoltre le piazze emiliane o quelle in cui la presenza del PD è più forte, come a Firenze, sono state ben diverse da piazze come quella di Napoli o Catania dove l’organizzazione e la partecipazione ci sono sembrate più genuine, e persino socialmente più popolari (tanto che il nostro striscione che invocava la redistribuzione della ricchezza, così come le migliaia di volantini che abbiamo diffuso come Potere al Popolo sono stati molto apprezzati!). In generale molti sono scesi in piazza perché effettivamente detestano Salvini e la barbarie che diffonde, sono scesi in piazza perché erano scesi in piazza per Mimmo Lucano, sulle banchine dei porti per far approdare le navi dei migranti o per difendere un’idea di umanità, sono scesi in piazza perché non ne possono più solo dell’odio e vorrebbero qualcos’altro. Sono scese in piazza perché questa mobilitazione gli sembra “utile”, perché almeno se ne parla, perché almeno ci si sente insieme ad altri, non ci si sente soli, ma qualcosa di più grande e dunque di più forte.
Questi sentimenti non sono affatto sbagliati, e queste persone non possono essere abbandonate o sottovalutate. Certo, pensiamo che il nostro compito sia dover fare chiarezza su chi sono gli organizzatori di queste piazze e come siano organicamente collegati a un centrosinistra liberista, sugli scopi che i media e la politica ufficiale vogliono produrre, su alcune retoriche che rischiano di generare danni enormi una volta passata l’ondata – pensiamo a quei proclami sul rifiuto del conflitto e dell’odio (che però è giusto che gli sfruttati sentano verso gli sfruttatori!), a quel rifiuto di simboli e bandiere che nasconde in sostanza il rifiuto della bandiera rossa e di ogni forma di politicizzazione radicale, alla creazione di un dispositivo in cui vengono rimossi momenti di confronto che non siano online e in cui tutto viene calato dall’alto, all’ennesimo mobilitarsi “contro” qualcuno, come ai tempi di Berlusconi, e mai “per” qualcosa…
Queste cose le dobbiamo dire, argomentando e confrontandoci, senza cedere a queste maledette logiche binarie (sardine sì/sardine no). Ma, mentre facciamo chiarezza sui rischi che le sardine finiscano nella rete del PD, dobbiamo cercare, con i mezzi, le possibilità e le contraddizioni che ogni territorio ci mette a disposizione, di nuotare insieme a loro in mare aperto, per spostare l’opposizione dal solo Salvini all’opposizione a tutte le politiche che Salvini incarna non troppo differentemente dal PD: la guerra fra poveri, le misure antipopolari, gli accordi con la Libia, il servilismo verso le multinazionali che “portano gli investimenti” e gli affaristi delle grandi opere, la secessione dei ricchi causata dall’autonomia differenziata etc.
Si tratta di parlare, di comunicare con creatività, di incentivare l’autonomia di chi scende in piazza, ed evitare che chi oggi si mobilita venga poi condotto a votare ancora una volta per un “meno peggio” che ormai differisce quasi solo per le forme esteriori dal “peggio”. Se alla fine tutta questa energia finirà per essere imbrigliata nel “voto utile” come già accaduto in passato, sarebbe un passo indietro e non un passo avanti. Possiamo osare di più, possiamo sognare di più!

Cosa abbiamo fatto, cosa vogliamo fare

Ma veniamo a noi, a quello che dobbiamo fare come Potere al Popolo per far conoscere il nostro progetto e allargarlo. Il bilancio di questo autunno per noi è di sicuro positivo, ma bisogna insistere. Proviamo a schematizzarlo per punti:

  • CASE DEL POPOLO. Stiamo continuando il nostro lavoro di radicamento. Senza una presenza quotidiana sui territori, senza essere in continuo contatto con chi abita e vive i quartieri, le periferie e le cittadine anche più di provincia, senza una presenza fisica che diventi riferimento, non è possibile produrre il cambiamento che vogliamo. Per questo stiamo continuando ad aprire Case del Popolo: la prossima sarà a Macerata, ma si stanno preparando anche Livorno e Genova!
    Da quest’anno, inoltre, saremo parte della campagna “SOS ROSARNO”, una rete di produttori basata su un modello di economia circolare e sostenibile, pienamente rispettosa dei diritti dei braccianti agricoli, un’esperienza preziosa nata nella piana di Gioia Tauro, dove sfruttamento del lavoro migrante, caporalato, controllo della criminalità organizzata sono una piaga enorme.
    Nelle nostre Case del Popolo e attraverso le nostre assemblee territoriali potrete acquistare da subito le arance prodotte da “SOS ROSARNO” – scriveteci per prenotarle o avere qualsiasi informazione sulla vendita! Si tratta di un piccolo gesto che andrà concretamente a sostenere la filiera di “SOS ROSARNO”, e non solo: una parte dei proventi sarà dedicata all’apertura di nuove Case del Popolo, regalando il primo affitto alle comunità di attivisti che stanno lavorando in questo senso. Questo ci consentirà di incentivare la solidarietà e la partecipazione dal basso – che nel nostro caso è completamente autofinanziata – e di rafforzare la rete delle esperienze di mutualismo e radicamento che sono il cuore del nostro progetto!

  • ELEZIONI REGIONALI. Il radicamento passa anche per la presenza elettorale alle prossime regionali e amministrative. In questo senso in tutta Italia ci stiamo muovendo per cercare di capire come essere presenti, ed esserlo in maniera non testimoniale. Al momento siamo già impegnati in Emilia Romagna a terminare la raccolta firme per presentarci alle elezioni regionali con Marta Collot. Un lavoro durissimo, reso difficile da leggi elettorali che mirano ad escludere le forze politiche che sono fuori dai palazzi, su cui chiediamo da tutta Italia di dare una mano a Potere al Popolo in questa scadenza che ha assunto ormai un livello politico nazionale, sul piano dell’attivismo ma anche dal punto di vista economico (qui il link per donare). A Bologna, il 15 dicembre, metteremo su un’iniziativa politica ed elettorale a cui tutte e tutti sono invitati a partecipare.  Ma saremo presenti alle regionali anche in Toscana – il 15 dicembre si voterà in tutte le assemblee territoriali toscane per far decidere agli aderenti se e in che modalità partecipare -, nelle Marche e in Campania, dove già si stanno tenendo assemblee e iniziative di confronto, inchiesta e approfondimento, ed in diverse città in cui si andrà al voto.

  • CAMPAGNA SULLA REDISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA. In quest’ultimo mese abbiamo anche dato forma alla nostra prima campagna politica nazionale. Il 16 novembre siamo scesi in più di 40 piazze sotto lo slogan “Voglio i miei 161.000 euro!”. Un modo provocatorio per far capire che la ricchezza in Italia esiste, solo che è nelle mani di poche persone, che se venisse redistribuita sotto forma di servizi, investimenti pubblici, ci sarebbe lavoro e benessere per tutti. Ora si tratta di dare continuità alla campagna. Nelle prossime settimane usciranno altri documenti per approfondire le ragioni economiche e politiche della campagna, oltre a materiali di propaganda. Useremo quindi il periodo natalizio per comunicare creativamente con tutte le persone che proprio in quei giorni dovranno fare i conti con i pochi soldi a disposizione. Invitiamo dunque tutte le assemblee a tenersi pronte e mobilitarsi fra Natale e la Befana per costruire un secondo momento nazionale di agitazione!

  • VERTENZE E CRISI INDUSTRIALI. Potere al Popolo si è fatto le ossa per due anni dentro le vertenze operaie innescate dalle crisi industriali: Beckaert, Teofran, Embraco, Whirlpool, ed ora l’Ilva, giusto per rimanere alle più grandi… Abbiamo cercato di essere uno strumento a servizio delle lavoratrici e dei lavoratori, abbiamo cercato di collegare gli operai che si oppongono alla chiusura della fabbrica con altri pezzi sociali – a Napoli con gli studenti e i migranti, a Taranto abbiamo contribuito a unificare il fronte tra gli operai dell’Ilva e gli abitanti e gli studenti rivendicando come lavoro e salute non possono più essere motivo di contrapposizione, lo stesso abbiamo fatto a Civitavecchia…
    Ma abbiamo verificato come le crisi industriali e i 160 tavoli aperti al Ministero siano non solo la conseguenza della crisi o di una maggiore fragilità dell’industria italiana, ma anche di un’impostazione che pensa di rispondere a questa destrutturazione produttiva del paese con “soluzioni di mercato”, svendendo alle multinazionali, regalando soldi alle imprese, senza aver alcun piano industriale complessivo. Quando un anno fa siamo scesi in piazza, in seguito al crollo del Ponte Morandi e alla vicenda di Autostrade/Benetton, per chiedere la nazionalizzazione e il controllo dal basso di asset strategici che il privato ha dimostrato di non saper gestire, abbiamo messo i piedi nel piatto affermando che nelle crisi industriali la deresponsabilizzazione dello Stato o i soldi pubblici buttati per agevolare gli speculatori non sono più accettabili. Occorre una moderna pianificazione pubblica, che si avvalga anche del contributo di cittadini e lavoratori, non solo per mantenere l’occupazione ma anche per avviare la necessaria riconversione ecologica delle produzioni, per decidere insieme perché, quanto e come produrre. Noi vorremmo dare l’impulso a costruire su questi temi una proposta di intervento stabile quanto è stabile la crisi, promuovendo incontri che mettano insieme forze anche diverse, che sappiano interloquire con lavoratrici e lavoratori e che si impongano nell’agenda politica e sociale del paese. Restiamo convinti che di fronte agli orrori economici e ambientali del capitalismo occorra, oggi più che mai, lavorare meno, lavorare tutte e tutti, produrre il necessario, distribuire tutto.

  •  SOSTEGNO AI MOVIMENTI. L’impegno nell’apertura delle Case del Popolo, nelle elezioni e nella nostra campagna e intervento politico, non ci faranno però tralasciare il sostegno ai movimenti. Nell’immediato, saremo l’8 dicembre in Val di Susa alla manifestazione NO TAV: questo movimento, fra i più longevi e importanti della storia del nostro paese, non va mai dimenticato, va sostenuto, perché non solo lotta per la difesa della terra, ma apre spazi di democrazia e di riflessione, ed evita una speculazione che fa male a tutto il paese. Così come saremo in piazza a Milano il 12 dicembre per il cinquantesimo anniversario della Strage di Stato, quando i fascisti, organicamente connessi agli apparati repressivi dello Stato, iniziarono a mettere le bombe e a uccidere la popolazione italiana. Infine, il 6 dicembre, una nostra delegazione sarà a Madrid per la “Marcha por el clima” organizzata da numerosi movimenti ecologisti europei in occasione del vertice ONU sul clima (COP25).

  • ADESIONI E RAFFORZAMENTO DELL’ORGANIZZAZIONE. Ultimo, ma non meno importante. Stiamo finalmente risolvendo una serie di complessi problemi burocratici e da gennaio 2020 riapriranno le adesioni di Potere al Popolo anche online. Le adesioni permetteranno di prendere parola su tutte le scelte, sia locali che nazionali, del movimento, e di iscriversi alla piattaforma online, ricevere aggiornamenti e notizie in tempo reale. Inoltre rappresentano l’unico modo di finanziare un movimento che non ha padroni, sponsor, finanziamenti pubblici o privati. Invitiamo quindi tutte le assemblee a tenersi pronte per il lancio di una grande campagna di adesione!

Come si vede, non c’è da annoiarsi! Ci aspettano mesi intensi di lavoro che possono però far diventare Potere al Popolo un’organizzazione strutturata, conosciuta e ben caratterizzata. Per questo realtà e questo sogno ringraziamo tutte e tutti quelli che ogni giorno si impegnano in Potere al Popolo, o ci aiutano in ogni modo. Grazie a tutte le assemblee e ai singoli militanti che in questi tempi duri scelgono la strada dell’impegno piuttosto che del tornaconto personale. Indietro non si torna!

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