Menu

Il senso della pace

Nelle ultime settimane le atrocità compiute nei territori palestinesi, diffuse da giornali e messe in circolo continuo dall’algoritmo social, hanno spinto un numero crescente di persone ad esporsi, manifestando o meno per strada, per chiedere la pace.

L’istanza pacifista, più o meno organizzata, si può dire sia vecchia come il mondo, visto che la storia dell’uomo è una storia di guerre, ed in ogni tempo c’è stato qualcuno che si è opposto alla guerra in nome della pace.

A dispetto di ciò che viene comunicato dai media, spesso la gran parte della popolazione, al di là dell’orientamento politico, è contraria alla guerra. Basta vedere anche gli ultimi sondaggi riguardo al conflitto russo ucraino1. Di solito accade che l’opinione pubblica debba essere plasmata, affinché possa muoversi nella direzione ritenuta giusta e favorevole dagli attori protagonisti e secondari del grande spettacolo economico e politico di quel dato momento storico, che identifichiamo con la realtà immutabile, che ci circonda e ci dà senso. Così informata e schierata a dovere, sarà infatti poi la grande massa a pagare il prezzo della guerra, sia in caso di vittoria che in caso di sconfitta.

Brecht lo ribadiva in versi quasi 100 anni fa.

Volgendo lo sguardo indietro, ci si accorge che in alcuni decenni sembra esserci maggior consapevolezza ed organizzazione nelle masse rispetto ad altri.

Così come per l’intera umanità o per una generazione, questa dinamica è rintracciabile anche nella vita dei singoli individui, per i quali ci possono essere degli anni in cui la maggiore coscienza del proprio stare al mondo porta ad una riorganizzazione dell’esistente secondo un paradigma nuovo: una rivoluzione.

È possibile osservare, in entrambi gli esempi riportati, che l’integrazione di un trauma, individuale o collettivo, oltre alla risoluzione dei sintomi, porta ad una evoluzione, che si accompagna ad una nuova visione riorganizzatrice.

Così la nostra Costituzione si può dire che nasca dal tentativo di integrare le tragedie della seconda guerra mondiale e della Resistenza al nazifascismo, che furono traumatiche a diversi livelli.

L’art. 11 sancisce che l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

Ma cosa accade in tempo di pace?

Cosa accade quando il popolo di una nazione non si sente direttamente coinvolto in una guerra? La domanda è tale, visto che in modo indiretto quasi nessuna nazione può dirsi svincolata da accordi internazionali, che finiscono per coinvolgerla in conflitti vicini e lontani, molto spesso all’insaputa dei suoi cittadini.

La spinta alla pace e alla non violenza dove va a finire quando non c’è guerra dichiarata, con bandiere e proclami?

La risposta la possiamo trovare, volgendo lo sguardo alla nostra quotidianità.

La famiglia23 e gli ambienti lavorativi sono, in diverse percentuali, tutti caratterizzati da forme di sopraffazione, sfruttamento, abusi, invischiamento e capovolgimento di ruoli.

Ma mentre ci si indigna e ci si mobilita quando i confini di una nazione sono invasi, nella relazione tra individui si invade quotidianamente lo spazio altrui. Ciò avviene, più o meno inconsapevolmente, per una sorta di compensazione disfunzionale.

Così, invece di sondare i propri mali, le proprie mancanze e privazioni, si proiettano sull’altro e si tira avanti senza arrivare alle cause generative, né alle dinamiche conservative.

I sintomi ci sono. Ma solo quando risultano insostenibili, antisociali o non riducibili farmacologicamente, obbligano il singolo ad intraprendere un percorso psicoterapeutico, che potrebbe finalmente portare ad un lavoro esistenziale di conoscenza e sul senso. Scrivo potrebbe, perché dipende dalla relazione terapeutica e dagli attori coinvolti nel setting, e niente è prevedibile.

In un’epoca in cui si parla della morte delle ideologie e di qualsiasi istanza rivoluzionaria, e in cui è il semplice programma stilato pochi mesi prima delle elezioni a persuadere il cittadino a votare per l’uno o l’altro partito, la relazione tra elettore ed eletto, conserva le stesse caratteristiche su elencate. In più la forte asimmetria non fa che esacerbarle.

Le domande da cui partire per ricostruire un senso potrebbero quindi essere:

Cosa c’è di pacifico nella nostra quotidianità, quando fuori da un conflitto dichiarato?

Quali sono i frutti di un terreno che si evita di sondare e che si nutre con gli stessi veleni da secoli?

Se l’azione politica è ormai completamente delegata col voto, a chi si delega la conoscenza di sé e del mondo? Quella unica reale che passa per l’integrazione e non per l’informazione?

Non è ora il momento di connettere tutte le istanze (psicologiche, filosofiche, politiche ed economiche) affinché si possa comprendere in profondità e trasformare l’esistente per un bene comune, assecondando una spinta interiore che da millenni pulsa a intermittenza in una parte della popolazione?

E cosa può cambiare il voto, pur dato ad un partito, che da programma dovrebbe scagliarsi contro gli artefici dei disastri in atto, se non ci sono basi teoriche atte a scandagliare le cause e a marcare le differenze?

Non si dovrebbe andare oltre lo schieramento da comizio in cui “noi” e “loro” non sono altro che categorie vaghe, in cui soggetti diversi, ma simili, assolvono alle stesse funzioni nel sistema economico, finanziario, politico e sociale?

Ecco solo alcune delle domande imprescindibili, da cui partire per poter gettare le basi per un mondo nuovo, dentro e fuori. E quel mondo non può non nascere dalla relazione consapevole ad ogni livello e dalla reale integrazione, che si scrolla di dosso illusioni e strumenti di persuasione.

1 https://www.ipsos.com/it-it/russia-ucraina-ultime-news-italiani-riducono-timori-scoppio-terza-guerra-mondiale-3-monitoraggio-ipsos

2 https://www.verywellmind.com/what-is-a-dysfunctional-family-5194681

3 https://www.forbes.com/sites/soulaimagourani/2019/11/24/what-does-having-a-real-family-mean/?sh=3340b3861871

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *