Le cancellerie europee si sono attivate per arrivare mercoledì a una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla situazione in Libia. La Francia “brilla” per attivismo dopo la telefonata tra Hollande e al Sisi mentre il ministro degli esteri egiziano Sameh Shukri è in volo per New York per discutere con l’amministrazione Usa. L’obiettivo sembra essere quello di una risoluzione i cui contorni non sono ancora definiti (soprattutto per quanto riguarda l’aspetto più rognoso ossia l’invio di truppe di terra). Ma la riunione del Consiglio di Sicurezza di mercoledi potrebbe approdare ad una coalizione di Stati disponibili ad un intervento militare in Libia. Oltre Italia e Francia, della partita potrebbero essere – a livello europeo – anche Gran Bretagna, Germania, Spagna, Malta. Mentre della coalizione farrebbero parte sicuramente l’Egitto, che ha già cominciato una guerra per conto suo contro le milizie dell’Isis in Libia, e forse l’Algeria.
Il paese europeo più “eccitato” dall’ipotesi di un intervento militare in Libia sembra essere a questo punto la Francia, già impegnata militarmente negli stati centroafricani a sud della Libia (Ciad, Mali etc.), e alla ricerca di una vendetta esemplare per le stragi di Parigi di alcune settimane fa. Secondo molte fonti alla agitazione di Parigi contribuiscono anche gli interessi economici, soprattutto in materia di petrolio, sui giacimenti del Fezzan libico. Ma la Francia deve anche farsi perdonare le conseguenze dell’avventurismo militare di Sarkozy nel 2011 proprio in Libia.
Al momento Renzi – probabilmente “consigliato” dagli Stati Uniti – frena sull’ipotesi di un intervento militare in Libia evocato con grande strepito dai suoi ministri della Difesa Pinotti e degli esteri Gentiloni, il quale venerdì aveva affermato che l’Italia è “pronta a combattere” in un quadro di legalità internazionale. Ma al momento la linea prevalente è quella di “aspettare il Consiglio di sicurezza Onu”. Con questo clima e con la prima riunione del Consiglio di Sicurezza alle spalle, si arriverà giovedi al dibattito alla Camera sulla situazione in Libia e l’ipotesi di un intervento militare italiano di “stabilizzazione” (sic!).
Ma le incognite sui prezzi da pagare e le conseguenze di un intervento militare italiano appaiono assai elevati. “Una volta messi gli anfibi sul terreno bisogna restarci, e forse anche a lungo, per stabilizzare la Libia. I rischi di perdite tra i soldati in scontri e attentati sono alti. E sicuramente questi rischi erano inferiori mesi fa, quando da più parti si invocava un intervento internazionale in Libia” scrive oggi l’esperto militare Gianandrea Gaiani su Il Sole 24 Ore. “La missione militare comporta un costo umano, politico ed economico che i Paesi schierati contro Gheddafi nel 2011 non vollero accettare lasciando che il Paese sprofondasse nell’anarchia e nel caos dove adesso si è infilato il Califfato. Ma proprio di questo oggi si parla: saldare un conto aperto lasciato in sospeso da altri. Armiamoci e partite, quindi, sapendo bene però dove si va e a quale prezzo” sottolinea Gaiani. Insomma anche gli esperti non sembrano voler fare sconti all’avventurismo degli apprendisti stregoni. Ciò lascia a disposizione un pò di tempo affinchè le forze contrarie alla guerra, senza se e senza ma, possano mettere in campo una iniziativa che fermi la macchina bellica e i suoi inquietanti contorni prima possibile.
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