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Brindisi: l’indagine ufficiale dice che le emissioni sono letali, e ora?

Di recente, luglio 2017, è stato presentato a Bari e a Brindisi lo studio epidemiologico sugli effetti delle esposizioni ambientali sulla mortalità e morbosità della popolazione residente a Brindisi e nei comuni limitrofi (Studio Forastiere). Lo studio approfondisce e conferma i risultati di indagini “libere” non “ufficiali” realizzate in precedenza e ciò su cui i residenti della zona hanno esperienza: le emissioni industriali determinano aumento di mortalità per tumori, leucemia, eventi coronarici acuti e per malattie respiratorie. Niente di nuovo, quindi, per chi vive a Brindisi e dintorni e conosce i lutti per cancro tra parenti e amici e i depositi neri sulle strade intorno alla centrale a carbone che rompe in maniera imponente la linea del mare.

Allo studio epidemiologico, fortemente voluto anche con una raccolta firme dai brindisini, ora deve seguire una decisione politica adeguata. Il movimento No al Carbone chiede che si cominci a parlare di “disastro ambientale”, l’associazione Salute Pubblica in una lettera aperta rileva le emergenze operative che scaturiscono dallo studio epidemiologico, sottolinea la necessità di richiamare alle responsabilità penali e civili i responsabili di questi danni sanitari, di ridurre le disuguaglianze socio-economiche evidenziate dallo studio per ridurre le disuguaglianze di salute e chiede alle istituzioni di promuovere quanto prima incontri pubblici per illustrare ai cittadini le decisioni che intendono adottare.

Brindisi, con legge del 1986, è designata area a rischio ambientale, dal 1997 è tra i 57 Siti di Interesse Nazionale per la bonifica. La pressione ambientale a Brindisi e comuni limitrofi comincia già negli anni ’60 del secolo scorso (impianti impattanti, 2011). Dopo decenni di mobilitazioni, relazioni tecniche, indagini scientifiche di cittadini e di associazioni ambientaliste e di salute pubblica finalmente è ufficiale: il concentramento in un’area relativamente piccola di due centrali a carbone, una centrale ad olio combustibile, un petrolchimico, un porto per turismo e industria, determina un importante impatto negativo, letale, sulla popolazione esposta.

Lo studio epidemiologico è stato promosso dalla Regione Puglia, nell’ambito delle attività del Centro Salute Ambiente, coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale del Lazio e realizzato da Asl di Brindisi, Arpa Puglia ed Ares Puglia. Il rapporto, disponibile on line, contiene e analizza i risultati dell’indagine epidemiologica condotta per valutare l’effetto delle sostanze tossiche emesse dalle centrali elettriche e dal polo petrolchimico sulla salute dei residenti considerando l’insorgenza di patologie, l’aggravamento tale da comportare un ricovero ospedaliero o, addirittura, il decesso.

Lo studio ha valutato l’effetto cronico delle esposizioni agli inquinanti emessi dalle centrali termoelettriche e dal polo petrolchimico sulla mortalità della popolazione residente nell’area di Brindisi. Per 223.934 persone, residenti tra il 2000 ed il 2010 a Brindisi e in altri 6 comuni limitrofi, è stata ricostruita l’esposizione analizzando le emissioni degli impianti industriali relative al periodo 1991 – 2014. Gli inquinanti scelti come traccianti degli impianti in studio sono stati: particolato (PM10) e anidride solforosa (SO2) per le centrali termoelettriche e i Composti Organici Volatili (COV) per il complesso petrolchimico. L’esposizione della popolazione residente nel comprensorio di Brindisi è stata stimata considerando le impronte al suolo dei traccianti per ciascun anno del periodo di studio.

In sintesi, dallo studio ne è risultato che l’esposizione a PM10 ed SO2 da centrali termoelettriche è associata ad aumenti del rischio della mortalità per tumori maligni, tumore del pancreas, tumore della vescica (uomini) e leucemia (uomini), eventi coronarici acuti e malattie dell’apparato respiratorio, in particolare broncopneumopatia cronico ostruttiva (BPCO). L’esposizione alle emissioni dal petrolchimico (COV) è risultata associata alla mortalità per eventi coronarici acuti e per malattie respiratorie. Alle concentrazioni più alte degli inquinanti indagati corrispondono eccessi di ospedalizzazioni per diabete, malattie neurologiche, patologie cardiovascolari e respiratorie. L’esposizione ad inquinanti da polo petrolchimico è risultata associata a ricoveri nel primo anno di vita per malformazioni congenite. Nello studio effettuato le associazioni tra le esposizioni ambientali e patologie/mortalità hanno tenuto conto delle caratteristiche individuali, del livello socio-economico e dell’esposizione occupazionale dei residenti. E’ stato rilevato, riguardo all’analisi della mortalità, un eccesso di rischio per malattie cardiorespiratorie tra i residenti in aree economicamente più svantaggiate.

Le emissioni di inquinanti avevano valori più elevati negli anni ’90, successivamente hanno subito una progressiva riduzione dovuta alla chiusura di impianti chimici e della centrale Brindisi Nord nel 2012, alla riconversione a ciclo combinato di quella dell’Eni. Le più recenti riduzioni non sono, quindi, dovute ad interventi politici, ma ad un diverso modo di produrre energia ed a chiusure decise dalle grandi imprese per propria convenienza e per qualche intervento della magistratura.

Questa approfondita indagine epidemiologica ora reclama risposte ed interventi politici. Non può rimanere fine a se stessa. Salute Pubblica ha inviato una lettera aperta al Presidente della Giunta Regionale Puglia, al Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Brindisi, al Commissario Prefettizio del Comune di Brindisi e per conoscenza al Ministro della Salute, dell’Ambiente ed al Prefetto di Brindisi. Nella lettera si esprime forte perplessità di fronte alle dichiarazioni di rappresentanti istituzionali intervenuti nelle conferenze di presentazione dello studio che, pur confermando i danni provocati nel passato, rassicurano riguardo alla situazione emissiva attuale. La netta sensazione è che non ci sia percezione della gravità dei fatti presentati e del loro perdurare nel presente. Infatti, gli effetti a lungo temine delle emissioni degli anni ’90 sono ancora in corso e attesi fino almeno alla metà dei prossimi anni ’20. Inoltre, il rischio presente è una conseguenza del passato o le concentrazioni di inquinanti ridotte continuano ad essere di per sé un pericolo per la salute? C’è ancora da chiedersi “chissà cosa è successo prima del 1991, anno da cui soltanto sono disponibili i dati analizzati”.

Un aspetto critico emerso dello studio, sintetizzato da Salute Pubblica in “più poveri, più malati”, riguarda diseguaglianza del rischio di morte, per varie cause, più elevato tra le persone di condizione socio-economica medio-bassa e la mortalità generale e per alcune cause che risulta significativamente in eccesso nei quartieri più popolari. Le mappe di distribuzione della povertà mostrano come proprio le aree ed i comuni più vicini all’area industriale siano le più povere e a rischio criminalità. “I danni come i benefici non sono stati uguali per tutti.”

Nella lettera aperta si denuncia la necessità di adottare le migliori tecniche disponibili per il contenimento delle emissioni industriali, misura suggerita anche dallo Studio Forastiere e prevedibile già in passato. Le amministrazioni avrebbero potuto chiedere l’applicazione di restrizioni e riduzioni delle emissioni nella recente revisione della Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) di Cerano (Enel Brindisi sud), ma ciò è stato disatteso. Salute Pubblica, inoltre, richiede lo screening per la diagnosi di tumore al polmone, malattie cardiovascolari, respiratorie e quelle rinvenute in eccesso sui soggetti più a rischio; curare al meglio l’eccesso di malattie cardiovascolari e realizzare interventi di educazione sanitaria sulla popolazione per la salute cardio-respiratoria; prolungare l’osservazione per almeno altri 15 anni in modo da avere dati su un periodo sufficientemente lungo.

Al momento, la lettera aperta di Salute Pubblica e la sacrosanta richiesta di No al Carbone “di far pagare il conto ai colpevoli prima che abbandonino la produzione e scappino altrove” paiono urla nel buio. Infatti, dopo oltre un mese dalla presentazione dello studio, non ci risulta e speriamo di sbagliarci, che ci siano state prese di posizione politiche  adeguate alla gravità di quanto emerso dallo studio Forastiere, neppure dagli amministratori locali. Intanto, l’inesorabilità delle conseguenze riportate dallo studio ad agosto ha provocato un’altra morte per cancro di un lavoratore della centrale Enel di Cerano.

La de-carbonizzazione voluta dal governatore Emiliano e propagandata anche in occasione della presentazione dello studio Forastiere a Bari, ci sembra una risposta estremamente esigua rispetto alla portata delle conseguenze ambientali e sanitarie e sociali determinate e rispetto a quanto si prospetta, riguardo ad interventi energetici, per la Puglia e per il territorio brindisino in particolare.

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