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Libia, si combatte intorno a Tripo

 

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Maurizio Matteuzzi
Gheddafi alle corde, bombe Nato, insorti vicini. Se ne va anche Jalloud

Chissà se, dopo 5 mesi di incessanti bombardamenti della Nato sulle forze fedeli a Gheddafi (con tanti saluti al mandato della risoluzione 1973 dell’Onu che imponeva agli «umanitari» non di schierarsi a favore o contro una delle due parti in guerra ma di «proteggere i civili» di entrambe), questa volta sarà quella buona. Fra venerdì e ieri gli insorti hanno affermato di avere preso il pieno controllo di alcune città strategiche che da mesi passavano frequentemente di mano: Brega, a oriente, importante porto petrolifero; Zlitan, 160 km a ovest di Tripoli; As Zawiyah, 30 km a ovest della capitale, con la sua grande raffineria e snodo essenziale sulla strada per il confine con la Tunisia da dove ancora arrivano gli approvvigionamenti governativi. Con la caduta delle due città (smentita dal governo e non ancora confermata da fonti indipendenti) il prossimo obiettivo, Tripoli, sarà a portata di mano, visto che gli onsorti potranno avanzare da est, da ovest e anche dalle montagne sud-occidentali, mentre la porta sul mare è bloccata dall’embargo aero-navale imposto dalla Nato fin da marzo.
Anzi, secondo gli insorti (che tuttavie le sparano grosse come i loro nemici governativi), la «liberazione» di Tripoli è già cominciata. Nella notte su sabato la radio degli insorti di Misurata «Hurra» ha annunciato che 10 mila miliziani ribelli hanno già occupato l’aeroporto internazionale della capitale e che di lì stavano puntando verso il centro per prendere il controllo della tv di stato e delle stazioni radio. Notizie che ieri non hanno trovato conferma al momento, anche se fonti dell’agenzia cattolica Fides, di solito ben informate, sostengono che gli insorti «entreranno a Tripoli entro la fine del Ramadan», il 29 agosto, con i relativi timori di «un bagno di sangue» (che farà allora la Nato per «proteggere i civili»?) pur nella convinzione che «appena i ribelli entreranno una buona parte della popolazione tripolina passerà dalla loro parte». Dalla capitale pare che sia cominciato un certo esodo, specie dei lavoratori stranieri (fuggiti o evacuati in 600 mila dall’inizio della rivolta). Anche il leader del Consiiglio nazionale transitorio, Mustafa Abdel Jalil, ha confermato da Bengasi che la fine di Gheddafi «è molto vicina» e «sarà catastrofica per lui e per i suoi» in quanto «si creerà una situazione di anarchia a Tripoli». Le voci incontrollabili si rincorrono. Prime quelle della imminente fuga di Gheddafi, dei figli, della moglie verso paesi vicini (Tunisia, Egitto, Marocco, Algeria) o lontani (smentito l’arrivo del Colonnello a Cochabamba, in Bolivia, o a Caracas, in Venezuela). Fonti Usa e Nato sostengono di non avere indicazioni su eventuali piani di fuga di Gheddafi. Senza conferma anche la notizia della morte del capo dei servizi libici Abduallah al-Senussi (uno dei tre, con Gheddafi e suo figlio Saif al-Islam, contro cui la Cpi dell’Aja ha spiccato un ordine di cattura internazionale), il cui compound è stato colpito due notti fa da uno dei tanti raid aerei sul Tripoli.
Confermata invece la defezione di colui che fu a lungo il numero due del regime, il colonnello Abdel Salam Jalloud, riparato con la famiglia nel sud della Tunisia e di lì, a quanto sembra, ripartito ieri mattina in aereo verso l’Italia. Jallud era l’amico e il compagno di Gheddafi fin dall’infanzia: nato a Sebha, insieme a scuola, all’accademia militare di Bengasi, fra i giovani «Ufficiali liberi» che l’1 settembre ’69 rovesciarono la monarchia putrida di re Idriss. Fino al ’93 Jalloud ricoprì tutte le cariche più importanti rimanendo il n.2 anche dopo il ’79, quando al pari di Gheddafi ufficialmente lasciò ogni carica pubblica. La prima rottura nel ’93 quando la sua tribù, i Megarha, appoggiò il tentativo di golpe della poderosa tribù dei Warfallah. Da allora rimase di fatto agli arresti domiciliari in una villa di Tripoli. Dopo l’inzio della rivolta di febbraio era rimasto in silenzio anche se Saif al-Islam a un certo punto aveva fatto il suo nome come possibile guida di un nuovo governo. Ora la seconda rottura. Secondo un portavoce degli insorti Jalloud avrebbe detto di avere abbracciato la causa degli insorti.

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