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Messico. Il “ritorno” degli Zapatisti

Con un’offensiva comunicativa che ne ha ribadito la vitalitá, la guerriglia indigena é rientrata nel pieno del dibattito nazionale, riaprendo la polemica con una parte della sinistra e rilanciando la propria iniziativa a partire dalla ripresa del confronto con i movimenti che animano le resistenze e le lotte in Messico e nel mondo.

Il 21 dicembre scorso, in coincidenza con la fine del tredicesimo Baktún e l’inizio del nuovo ciclo del calendario maya, 50 mila basi d’appoggio zapatiste hanno occupato simultaneamente le principali cittá del Chiapas. Alla presa pacifica di cinque municipi, la piú grande mobilitazione del movimento dall’insurrezione del ’94, ha fatto seguito un primo comunicato che, in riferimento al silenzioso frastuono delle manifestazioni matutine, domandava: “L’avete sentito? E’ il rumore del vostro mondo che crolla. É quello del nostro che risorge. Il giorno in cui fece giorno, fu notte. E sarà notte il giorno in cui farà giorno.” In questo modo, sintetico e suggestivo, e con un riferimento neanche troppo velato alla fase decadente che attraversano Capitalismo e Modernitá, gli indigeni ribelli sono tornati a prendere la parola, dando il via ad una serie di nove comunicati che, oltre a prendere posizione rispetto al ritorno al potere del Pri e a lanciare una sfida per l’egemonia a sinistra, hanno rimesso al centro del dibattito pubblico “la questione indigena”, ribadendo le ragioni della lotta per l’autonomia.

Il 30 dicembre, a ridosso del diciannovesimo anniversario del Levantamiento, vengono pubblicati due lettere aperte ed un comunicato. Nelle due missive, il Subcomandante Marcos si rivolge all’attuale ministro degli interni Osorio Chong e al governo uscente. Al primo, che nei giorni precedenti aveva chiesto di concedere il beneficio del dubbio al “nuovo Pri”, risponde con un esercizio di memoria che parte proprio da Peña Nieto, considerato “il mandante dell’omicidio di Javier Cortés e Alexis Benhumea”, i due giovani uccisi dalla polizia durante la repressione del 2006 ad Atenco, nonché delle violenze sessuali che seguirono gli arresti. Inoltre, il controverso neopresidente, coadiuvato dal governo progressista della capitale, ha confermato il suo stile autoritario proprio il giorno del suo insedimento, usando il pugno di ferro contro le manifestazioni del 1DMx e inaugurando il suo mandato con “la detenzione, la tortura e l’incarcerazione di innocenti.”
Oltre ad Osorio Chong, accusato di usare fondi pubblici a favore del partito e indagato per “vincoli con il clan dei Los Zetas”, sono chiamati in causa anche il ministro dell’Istruzione Chuayffet e quello dell’Energia Coldwell. Entrambi con incarichi di responsabilitá nel ’97 (titolare degli Interni il primo e commissario per la pace il secondo), vengono definiti, rispettivamente, responsabile intellettuale e complice silenzioso della strage di Acteal, la quale provocó la morte di 45 persone, e finí per caratterizzare quello che Amnesty International definisce uno dei periodi piú oscuri della storia recente del Paese.

Nella seconda lettera, il portavoce della guerriglia si burla delle insistenti voci che lo davano malato di cancro ai polmoni e alla ricerca di contatti con il governo al fine di ricevere aiuti sanitari ed economici. In seguito, polemizza con il Pan (il destrorso Partido de Acción Nacional, alla guida del Messico negli ultimi dodici anni) che forma i suoi quadri con una “mentalitá da conquistador demodé”; e attacca l’ex presidente Calderón, “ubriaco di sangue e di alchool”, e giudicato come “il piú criminale che, dai tempi di Porfirio Diaz, il Paese abbia mai sofferto”. Con la sua cosidetta guerra al narco, infatti, non ha fatto altro che estendere all’intera nazione “il terrore, l’angoscia, la distruzione e la morte”.

Nel comunicato, dopo aver denunciato il “colpo di stato mediatico” di Peña Nieto ed aver reiterato la distanza critica verso la sinistra istituzionale (“loro non hanno bisogno di noi per fallire. Noi non abbiamo bisogno di loro per sopravvivere”), vengono rivendicati i risultati positivi di quasi due decadi di autogoverno comunitario, durante le quali le condizioni di vita delle popolazioni che vivono in territorio zapatista sono migliorate significativamente. Il documento, infine, annuncia i prossimi passi dell’organizzazione che consistono nella ripresa del confronto sia con il Congreso Nacional Indígena, “spazio d’incontro con i popoli originari”, che con le realtá nazionali e internazionali che aderiscono a La Otra Campaña. Inoltre, si tratterá di creare “ponti verso i movimenti sociali che sono sorti e sorgeranno, non per dirigerli o soppiantarli, ma per imparare da loro, dalla loro storia, dai loro percorsi e destini” e per lavorare insieme, “in basso e a sinistra”, alla “costruzione di un’alternativa non istituzionale”.

Mentre movimenti e un pezzo dell’intellettualitá critica del Paese, hanno salutato positivamente la ripresa di parola della Comandancia, una parte della sinistra ha reagito rinfocolando la polemica nata nel 2006, quando la guerriglia venne accusata di fare il gioco della destra per non aver sostenuto il candidato del centrosinistra López Obrador. Svariati analisti progressisti hanno infatti accolto il “ritorno degli zapatisti” con prese di posizione critiche che vanno dall’accusa di settarismo a quella di aver mantenuto un silenzio complice durante il mandato calderoniano, fino ad arrivare ad insinuare che il movimento non sarebbe altro che un’invenzione del Pri usata per sottrarre consensi ai partiti progressisti.

La risposta del Subcomandante Marcos, principale obiettivo delle critiche, non si é fatta attendere ed é arrivata il 9 gennaio, sotto forma di una vignetta, cui hanno fatto seguito, tre giorni dopo, sedici post-scriptum dal significativo titolo “Spegnere il fuoco con la benzina”. La caricatura é diretta alla “critica fuffa” e raffigura un Sup-bersaglio che ironizza sulla scarsa mira e la poca memoria dei suoi accusatori. Nei PS, invece, il portavoce guerrigliero, oltre salutare i venditori ambulanti della capitale che resitono al processo di gentrification e alla repressione del governo locale, liquida le tesi dietrologiche, che sono identiche a quelle che i tendenziosi media mainstream diffondono da sempre. Inoltre, a quanti lo accusano di egocentrismo e di fare ombra alla base indigena del movimento, risponde con una “lezione di razzismo informativo” che mette in luce la scarsa attenzione con cui sono stati accolti i comunicati delle Giunte del Buon Governo, dal 2003 “portavoci dirette” delle comunitá. In effetti, mentre i documenti firmati dal “meticcio” Marcos sucitano il dibattito, le decine di denunce arrivate in questi mesi direttamente dai Caracoles – che responsabilizzano delle agressioni paramilitari anche i partiti di sinistra – non raggiugono mai gli onori della cronaca.

Oltre alle polemiche a sinistra, l’offensiva politico-comunicativa dell’Ezln ha prodotto anche delle reazioni a livello istituzionale, riportando al centro dell’agenda politica nazionale il tema dei diritti dei popoli originari, a partire dalla gestione autonoma dei propri territori, sempre piú minacciati da miniere e megaprogetti. Per quanto riguarda il governo, la risposta é consistita nel lancio della nuova Commisione per il dialogo con i Popoli Indigeni (CDPI) e della Crociata Nazionale contro la fame, le quali hanno l’obiettivo di promuovere la riconciliazione nel Paese e di superare la povertá estrema che colpisce milioni di messicani, soprattutto nelle aree a maggioranza indigena e contadina. Entrambe le iniziative vengono duramente criticate dagli osservatori critici in quanto mere operazioni mediatiche. La prima, perché basterebbe applicare gli Accordi di San Andres (il documento firmato da governo ed insorti nel ’96) per dare una risposta concreta alle domande poste dal sollevamento zapatista; la seconda perché, lungi dall’intaccare le cause strutturali della disuguaglianza sociale, pare essere la classica campagna assistenzialistica con la quale il governo di turno costruisce e allarga le proprie clientele sul territorio.
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Con un nuovo comunicato in forma grafica, dal titolo “Alí Babá e i 40 ladroni (governatori, capi di governo e lecca-piedi)”, gli zapatisti prendono posizione rispetto alla campagna promossa da Peña Nieto e inaugurata proprio in Chiapas, a Las Margaritas, una delle cittá occupate silenziosamente il mese prima e in cui venne ucciso il Subcomandante Pedro durante l’insurrezione del ’94. Il documento saluta la Crociata, considerata come una provocazione che potrebbe significare l’inizio di una nuova strategia controinsurgente, con un eloquente dito medio alzato in segno di rifiuto degli aiuti governativi, i quali sono spesso usati per dividere le comunitá e debilitarne la resistenza. Nel post-scriptum che accompagna il disegno, inoltre, il Sup si burla dello spettacolo malriuscito messo in piedi dal governo, sottolineando lo scarso realismo degli applausi del pubblico presente, ed invita il governo ad andare ad “offrire la propria elemosima” altrove, ribadendo la scelta zapatista di non ricevere appoggi istituzionali e di costruire il futuro comunitario a partire dalle proprie risorse e dal lavoro in comune.

Nell’ultima settimana, infine, l’offensiva della guerriglia indigena si é intensificata con l’uscita di “Loro e Noi”, un esercizio letterario nel quale il Subcomandante si mette nei panni di coloro che dominano la societá e descrive le dinamiche del capitalismo attuale e le sue “(non) ragioni” imposte con la forza. Il testo, di cui sono uscite le prime tre parti in questi giorni, parla a nome dei padroni del denaro, dei venditori di illusioni e dei caporali evidenziandone cinismo e paure. Il cinismo di chi impone presidenti, manipola desideri e reprime per mantenere un disordine sociale che é garanzia dei propri privilegi e, d’altra parte, la paura di quanti, avendo seminato odio, rancore, menefreghismo e rassegnazione, temono che “tutto ció si trasformi in rabbia organizzata, ribelle, senza prezzo”, e si rivolti contro di loro, dando vita ad un “Kaos” incontrollabile, ad un “incubo”, ad una “calamitá” per le classi dirigenti. Insomma, “quel giorno sarebbe notte” per i detentori del potere.

Sebbene gli zapatisti non se ne siano mai andati, ma abbiano continuato a lavorare alla costruzione dell’autonomia lontano dai riflettori, la ripresa dell’iniziativa politica da parte della guerriglia indigena costituisce senz’altro un fatto rilevante. Di fronte alla grave crisi di credibilitá delle istituzioni e in una fase di crescita dello scontento popolare e di radicalizzazione della protesta, l’Ezln potrebbe diventare un punto di riferimento importante per le lotte, in quanto rappresenta un’alternativa radicale e autorevole alle opzioni offerte dal panorama politico messicano. Di conseguenza, le prossime mosse dell’organizzazione, che renderá presto pubbliche le mobilitazioni future, potrebbero contribuire ad aprire una nuova fase per i movimenti sociali del paese.

Comunicati in italiano: Comitato Chiapas Maribel

Comunicati in spagnolo: Enlace Zapatista

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