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Turchia: linea dura di Erdogan, “rischio guerra civile”

Gli aggiornamenti:

20.00 – Decine di Migliaia di manifestanti sono tornati anche questa sera in Piazza Taksim a Istanbul, sfidando il premier Recep Tayyip Erdogan che la notte scorsa al rientro da una missione nel Maghreb ha intimato alle centinaia di migliaia di persone che lo hanno contestato negli ultimi 10 giorni di interrompere ”immediatamente” la protesta.

19.30 –  ”Sono molto preoccupato per ciò che sta avvenendo nel mio Paese”. Lo ha detto il premio Nobel Orham Pamuk intervenendo alla Repubblica della idee a Firenze. ”Ancora non ci sono segnali per il futuro, perché si possa raggiungere una soluzione pacifica”, ha aggiunto dicendo di augurarsi che si possa arrivare ad una soluzione.

19.00
– Una pagina del New York Times per sostenere le ragioni della protesta in Turchia e spiegarle al resto del mondo. E’ l’iniziativa promossa su internet da un movimento di sostegno a coloro che stanno protestando da giorni in Turchia contro il governo del primo ministro Erdogan. I promotori hanno raccolto sul web oltre 100 mila dollari, nell’arco di cinque giorni, e hanno acquistato con il ricavato un’intera pagina del prestigioso quotidiano Usa, titolandola “Che cosa sta accadendo in Turchia?”, per proseguire “i turchi hanno detto: non vogliamo essere oppressi”.

18.00
– L’indice Bist 100 della Borsa di Istanbul ha guadagnato oltre tre punti percentuali dopo il discorso del primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan di apertura nei confronti di alcune delle richieste dei manifestanti, quelle definite democratiche. L’indice Bist 100 ha infatti chiuso la seduta odierna a 78,608 punti, con un rialzo del 3,5%.

16.00 – Il Gezi Park di Istanbul, da dove é partita la protesta contro il governo di Ankara che si é estesa a tutto la Turchia, non è adatto alla costruzione di un centro commerciale. Lo ha detto il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan intervenendo a una conferenza dal titolo ”Ripensare le sfide globali: costruire un futuro comune per la Turchia e la Ue”. ”Piantiamo gli alberi che faranno la differenza a Gezi Park. Non é possibile costruire un centro commerciale lì per via dei metri quadri” a disposizione, ha detto Erdogan. Potrebbe essere un’escamotage per accontentare alcune delle richieste dei manifestanti e uscire dal muro contro muro.

14.10 – ‘Il dialogo e la negoziazione” sono gli unici strumenti per uscire dalla crisi sorta in Turchia tra manifestanti e autorità. E’ quanto scrivono gli esponenti della ‘Piattaforma Taksim’, gli stessi che due giorni fa hanno incontrato il vice premier Bulent Arinc per sottoporgli le condizioni per ritirarsi dalle piazze. “Crediamo che indagare e punire i responsabili di un uso illegale della forza da parte della polizia che é continuato per giorni metterà fine alla violenza e avvierà un negoziato pacifico”, prosegue il testo. 

13.35 – Oggi alcuni quotidiani turchi filo governativi hanno ripreso l’accusa pronunciata ieri da Erdogan contro un non meglio precisato complotto esterno contro il paese, ipotizzando che Siria o Iran potrebbero essere dietro alla rivolta dei giovani turchi.

13.30 –  Il primo ministro turco  Erdogan riunirà oggi i vertici del Partito di Giustizia e Sviluppo al governo, l’Akp, per decidere provvedimenti contro le proteste scoppiate a Istanbul e dilagate nel resto del Paese. Si tratta di un vertice eccezionale quello convocato da Erdogan, che incontrerà a Istanbul i 50 esponenti del Consiglio centrale decisionale ed esecutivo.

Erdogan incita i suoi e minaccia i manifestanti

Per molti manifestanti antigovernativi turchi il duro discorso pronunciato durante la notte dal premier liberal-islamista Recep Tayyip Erdogan all’aeroporto di Istanbul al suo rientro dal Maghreb fa temere una possibile ”guerra civile”. Il commento rimbalza sempre più frequentemente su twitter e su facebook e negli interventi dei vari attivisti nel centro della protesta di Piazza Taksim, a Istanbul. ”Erdogan ha dichiarato la guerra civile. Da oggi le cose sono cambiate” ritiene un giovane oppositore sulla piazza simbolo della rivolta anti-Erdogan. Nel discorso pronunciato alle due di notte davanti ad alcune migliaia di militanti del suo partito – il turbo liberista e islamico Akp – allo scalo di Istanbul, Erdogan ha intimato alle centinaia di migliaia di manifestanti scesi in piazza in tutto il paese negli ultimi giorni per chiedere le sue dimissioni – che ha bollati di nuovo come ‘vandali’ – di porre fine ”immediatamente” alla protesta. Già nei giorni scorsi il premier aveva sfidato l’opposizione avvertendo i suoi oppositori che per ogni 10 dimostranti a lui contrari, lui ne avrebbe portati in strada 100. “Queste proteste, che sconfinano nell’illegalità, devono finire subito. Non resteremo a guardare mentre si disturba la pace e si tenta di dirottare la democrazia” ha detto il premier. E poi ancora, incitando i suoi: “Nessun potere, solo Allah, può fermare la crescita della Turchia. Nessuno ha il diritto di attaccarci. Non faremo niente a favore del vandalismo. Il segreto del nostro successo non sono la tensione e la polarizzazione. La polizia sta facendo il suo dovere”.

Il premier si é scagliato anche contro ”giornalisti, artisti e politici” che ”hanno incitato” alla protesta con ”le peggiori menzogne”. Ha inoltre denunciato il ”martirio” della ”mia polizia” negli scontri con i manifestanti. E ha ribadito quanto già detto da Tunisi, accusando gruppi ‘terroristici’ di manovrare la protesta, sostenuta secondo lui da interessi stranieri non meglio precisati. I suoi sostenitori hanno cantato più volte slogan come ”indicaci la strada, schiacciamo Taksim” e ”siamo pronti a morire per te Tayyip”. La mobilitazione di ieri notte dei militanti islamisti lascia presagire, secondo alcuni analisti e attivisti antigovernativi, che ora la parte dell’Akp fedele al ‘sultano’ oltre che alla repressione per mezzo delle forze di sicurezza voglia ricorrere anche a quella di gruppi di mazzieri del partito. Che già in alcune città hanno affiancato la polizia contro i manifestanti. 

”Ha dichiarato la guerra al suo popolo” protesta su twitter un’attivista. ”E’ il discorso più provocatorio mai sentito nella politica turca” scrive un altro. Secondo il quotidiano moderato indipendente Taraf ”Erdogan sta dando fuoco allaTurchia”. Le violente dichiarazioni del premier hanno provocato reazioni di allarme fra i contestatori, riuniti ieri di nuovo a migliaia in una Piazza Taksim gremita per l’ennesima manifestazione contro repressione e autoritarismo. Migliaia di manifestanti erano ancora in piazza anche nelle zone di Tunali e Kizilay ad Ankara, ed in molte altre città del paese.

La feroce repressione delle manifestazioni da parte della polizia turca ha causato finora 3 morti (in realtà le vittime sarebbero almeno il doppio), circa 5 mila feriti – di cui alcuni in coma o in gravi condizioni – e migliaia di arresti. Ma se Erdogan tramuterà in fatti le sue dichiarazioni di questa notte potrebbe essere l’inizio, se non di una guerra civile, di un conflitto cruento di cui l’ultima settimana non è stata che un assaggio. Ora occorrerà capire se i militanti del Partito Repubblicano del Popolo, la formazione nazionalista e laica che ha partecipato finora in massa alle manifestazioni e anche agli scontri con la Polizia tireranno i remi in barca, puntando a capitalizzare lo scontento popolare alle prossime elezioni. Lasciando così soli i settori più radicali della sinistra socialista, comunista e anticapitalista ed esponendoli ad una repressione che potrebbe essere brutale e generalizzata. Oppure se la base del Chp rimarrà mobilitata e controbilancerà l’eventuale mobilitazione dei membri del partito di Erdogan, al cui interno comunque si prefigura una spaccatura, non è dato ancora sapere quanto profonda, tra i settori oltranzisti guidati dall’attuale premier e quelli più pragmatici che fanno riferimento al presidente della Repubblica Gul.

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