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Spagna: twittare messaggi “rivoluzionari” sarà reato

“La distribuzione o diffusione pubblica, per mezzo di qualungo strumento, di messaggi o slogan che incitino a commettere reati di alterazione dell’ordine pubblico (…) o che servano a rafforzare la motivazione per portarli a termine, verrà punita con una multa o con il carcere da tre mesi fino ad un anno”.

Siamo in Turchia? No, a Madrid. Così recita infatti il nuovo articolo introdotto dal governo di destra spagnolo nel Progetto di Riforma del Codice Penale approvato venerdì scorso dal Consiglio dei Ministri, e che ha buone possibilità di passare l’esame delle Cortes dove il PP di Rajoy ha la maggioranza assoluta. Naturalmente gli strumenti contemplati dalla nuova legge repressiva includono i social network come Twitter e Facebook, e qualsiasi altra rete sociale o blog o sito accessibile per mezzo di Internet, strumento che ha avuto una funzione importante nelle mobilitazioni dei mesi e degli anni scorsi contro l’esecutivo e l’austerità targata troika.

Naturalmente dal Ministero della giustizia si nega la volontà di punire la libera manifestazione delle idee e delle opinioni politiche, ma che ‘esagera’ finirà nei tribunali. E c’è da giurare che i social network stessi aumentino a monte il grado di censura nei confronti dei tweet o dei post ritenuti passibili di incorrere nel nuovo dispositivo liberticida. Incitare a partecipare a una manifestazione non autorizzata dalle autorità o a realizzare un blocco stradale, ad esempio, sarà considerato delitto di ‘alterazione dell’ordine pubblico’. 

Tanto che a preoccuparsi sono anche alcuni magistrati, soprattutto quelli aderenti all’associazione progressista ‘Giudici per la democrazia’, secondo i quali l’ulteriore giro di vite potrebbe giustificare maxi operazioni repressive come quelle già condotte dalle correnti più reazionarie della ‘giustizia’ spagnola contro i promotori delle manifestazioni del 25 settembre dell’anno scorso, che semplicemente invitavano ad assediare o ad occupare – simbolicamente, ovvio – il Parlamento spagnolo. A decine sono finiti in tribunale per un delitto di opinione, prima che un giudice archiviasse le denunce nei loro confronti. Un ‘contrattempo’, l’archiviazione, che la nuova legge eviterebbe. Prevedendo fino a sei anni di carcere per i delitti gravi di “alterazione” del cosiddetto ordine pubblico, quelli durante i quali qualcuno esibisca armi giocattolo o strumenti ritenuti pericolosi o lanci oggetti contundenti, o utilizzi liquidi infiammabili o quasiasi tipo di esplosivi. Ugualmente grave, e passibile della stessa condanna, viene ritenuto il disturbo dell’ordine pubblico condotto “durante una manifestazione o riunione numerosa” (della serie, ‘devastazione e saccheggio’).

Una legge ‘speciale’ già da tempo applicata contro l’insorgenza basca e che a questo punto della crisi economica e politica che investe lo Stato Spagnolo il Partito Popolare vuole estendere a tutto il paese.

Ma il vero obiettivo del governo è evidente: equiparare a reati punibili con il carcere alcune delle pratiche tipiche della disobbedienza civile finora attuate da una parte del cosiddetto movimento degli ‘indignados’. Ad esempio prevedendo esplicitamente la punizione con il carcere di cittadini ed attivisti che partecipino alle occupazioni di banche, protesta contro gli sfratti sempre più diffusa nel paese. Recita la nuova legge: “coloro che, in gruppo o individualmente (…) invadano o occupino senza il consenso del titolare, il domicilio di una persona giuridica pubblica o privata, un ufficio, uno stabilimento o un locale, anche se aperto al pubblico, e causino una interruzione della sua normale attività, verrà punito con una pena detentiva dai tre ai sei mesi o con una multa dai sei ai dodici mesi”.

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