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Paese Basco: retata di avvocati, risposta popolare

Risposta popolare, ieri nella strade di Donostia, alla retata che lunedì scorso ha portato all’arresto di 12 avvocati e di 4 tesorieri e coordinatori delle associazioni dei legali che difendono i militanti della sinistra indipendentista basca e dell’Eta.
All’insegna di uno slogan – “Diritti umani, Pace, Soluzione”, in basco – che cozza duramente con la dura realtà, più di 30 mila persone hanno manifestato sul lungomare della città basca rispondendo all’appello dei sindacati Lab ed Ela, del partito Sortu, delle associazioni Lokarri ed Etxerat, delle organizzazioni giovanili Ernai e Gazte Abertzaleak e di numerose associazioni degli avvocati del Paese Basco. A Donostia anche delegazioni arrivate da altri territori dello stato, in particolare dalla Catalogna.

Durante la marcia alcuni attivisti dell’associazione di solidarietà con i prigionieri politici, Sare, hanno distribuito volantini che contenevano il numero di conto corrente su cui versare eventuali contributi economici per contribuire alle spese sostenute per organizzare la grande marcia di Bilbao, visto che durante la perquisizione della sede nazionale del sindacato Lab la Guardia Civil ha sequestrato circa 90 mila euro di offerte.
In testa alla manifestazione, accolti da applausi e da centinaia di abbracci, alcuni degli arrestati che hanno recuperato la libertà dopo aver pagato una sostanziosa cauzione ed esser stati denunciati per reati fiscali e “associazione sovversiva finalizzata al terrorismo”.
Al termine del corteo, nel Boulevard di Donostia gli organizzatori hanno denunciato che le operazioni di polizia come quelle di lunedì “aggrediscono un sistema politico e sociale che fa grandi sforzi per sviluppate la pace, la libertà e la democrazia” e si inseriscono in una situazione in cui la politica penitenziaria dello Stato Spagnolo “è messa fortemente in discussione da ambiti politici, giuridici e sociali sempre più vasti” e che “le misure d’eccezione” che si applicano ai prigionieri dell’ETA sottoposti alla dispersione carceraria sono sempre più delegittimate socialmente. Inoltre, negli interventi i portavoce degli organizzatori hanno denunciato che la retata soprannominata ‘Mate’ dai giudici dell’Audiencia Nacional era del tutto evitabile, visto che in manette ci sono finiti avvocati che lavoravano alla luce del sole e sempre perfettamente localizzabili da parte degli apparati repressivi.
Intanto l’associazione dei familiari dei prigionieri delle varie organizzazioni della sinistra basca – Etxerat – ha denunciato che attualmente sono almeno 10 i prigionieri politici gravemente malati che lo stato si rifiuta di scarcerare, violando così le stesse leggi spagnole e l’articolo 104.4 del Regolamento Penitenziario.
Tra il 2011 – anno in cui l’Eta ha annunciato la fine definitiva delle proprie attività armate, ferme in realtà già da altri due anni – e il 2014 solo due detenuti politici sono stati scarcerati a causa delle loro gravi condizioni di salute. Tra questi il militante dell’Eta Josu Uribetxabarria Bolinaga, morto venerdì scorso all’alba a causa di un tumore e salutato da centinaia di persone nel corso dei funerali celebrati ad Arrasate, dove un corteo ha poi sfilato in solidarietà con i prigionieri politici come d’altronde è avvenuto ieri anche nella città basca francese di Donibane Garazi.
Paradossalmente tra il 2008 e il 2011, quando l’Eta era ancora attiva, le scarcerazioni per motivi di salute erano state 12. In molti casi ai prigionieri politici viene negata parzialmente o del tutto la possibilità di curarsi visto che sono reclusi in carceri dove mancano infrastrutture mediche degne di questo nome o comunque strutture diagnostiche e di cura specialistiche.
Nel 2014 l’associazione medica Jaiki Hadi ha diffuso un documento nel quale chiede esplicitamente che i detenuti politici malati possano accedere in tempi brevi e certi alla cura in strutture sanitarie esterne al sistema carcerario e, quando necessario, previa scarcerazione. I medici hanno denunciato che in molti casi gli interventi degli psicologi vengono filmate e registrate dalle amministrazioni penitenziarie violando il diritto alla riservatezza o addirittura vengono permesse esclusivamente nei parlatori, alla presenza di un cristallo tra medico e paziente, o addirittura viene vietato l’uso della lingua basca.

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