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Mosca reagisce all’allargamento ad est della Nato

Si rischia di diventare noiosi, proseguendo sulla scia di quei generali, ammiragli, agenti delle assicurazioni e taxisti abusivi, che ogni giorno si sentono in dovere di dare il proprio personale contributo alla “delenda Cartago” degli anni duemila. Ma è difficile non farsi coinvolgere. Non tanto per una “scelta di campo” geopolitica a favore di uno o di un altro sistema capitalista, quanto per mettere qualche puntino sull’accelerazione della corsa imperialista al dominio mondiale, la cui sintesi era stata efficacemente espressa nel 2009 da Muhammar Gheddafi con le parole “Dalla fondazione dell’ONU si sono iniziate 65 guerre e tutte nell’interesse di un unico paese”. Dopo di che, di lì a pochi anni, fu assassinato.

E dunque, dalle quotidiane e sempiterne “esercitazioni” militari in ogni paese e a ogni latitudine nelle immediate vicinanze dei confini russi; al dispiegamento di armi, velivoli da guerra, sistemi razzo e antimissile in ogni base USA o Nato separata a giusta distanza di tiro dalle frontiere della “minaccia mondiale”; alle lamentazioni circa l’impellenza di rafforzare le “difese” della “pacifica Alleanza atlantica” contro “il pericolo di aggressione” che viene da Mosca, è tutto un continuo di cori sofoclei a “innalzare il livello di risposta” contro l’eventualità bellica. Il tutto, condito ovviamente con la giornaliera assicurazione che “la Nato tende la mano a Mosca” ed è lontana da ogni “volontà di guerra”.

Dopo il nuovo, diciottesimo comandante (USA) delle forze riunite Nato in Europa, il generale Curtis Scaparrotti, che, non ancora ufficialmente insediato, aveva già ammonito a “prepararsi al confronto militare con la Russia”; dopo il suo predecessore Philipp Breedlov, che anche dopo aver smesso la carica, continua a sollecitare voli spia sulla Russia e a rafforzare la presenza Nato ai confini russi, anche un altro loro predecessore, il sedicesimo comandante USA della Nato non ha voluto esser da meno: l’ammiraglio James Stavridis ha chiamato a potenziare il dispiegamento di forze dell’Alleanza atlantica ai confini russi, in “risposta all’aumentato potenziale militare di Mosca”. Si deve dimostrare alla Russia, ha detto Stavridis, che “non le permettiamo di decidere se ci debbano essere soldati americani in paesi quali Polonia, Romania, Estonia, Lettonia, Lituania. Per la Russia, il dispiegamento di ulteriori forze alla lunga non sarà vantaggioso, dato che la sua economia è abbastanza debole. E’ questa la strategia che aveva portato alla caduta del muro di Berlino”. Il generale a riposo Wesley Clark ha addirittura dichiarato alla CNN che la Russia starebbe valutando la possibilità di usare armi nucleari contro la Nato; ma questo sarebbe un errore, ha detto. “Non credo che, dal momento che non disponiamo di intelligence, dovremmo subire un attacco improvviso da una Russia dominata da Putin. Tuttavia, essi hanno investito molto in una serie completamente nuova di attrezzature militari e hanno una nuova dottrina”.

Nelle stesse ore si sono mossi i tirapiedi “aborigeni” degli alti gradi yankee: lo scacchista “democratico par excellence”, Garri Kasparov, intervenendo a Washington al convegno dell’Istituto Aspen, ha voluto consigliare gli USA su come tenere sotto scacco (!) la cattivissima Russia. Definendo la crescita di popolarità del candidato repubblicano alla Casa Bianca, Donald Trump, una “versione americana del putinismo”, Kasparov ha detto che l’eventuale vittoria di Trump sarebbe la variante migliore “per Putin e il suo regime dittatoriale”. Respingendo come il maligno il “socialismo” di Bernie Sanders che, per Kasparov e “per chi è cresciuto in un paese comunista suona come una maledizione” e imputando all’attuale Segretario di stato John Kerry “un’eccessiva debolezza per la sua mania di colloquiare” con l’omologo russo Lavrov, Kasparov ha concluso che “l’unica cosa che potrebbe utilizzare l’America è l’autorità dello Studio Ovale la quale, oggi, non esiste. Voi non volete iniziare una guerra, ma, usando l’autorità, potete fare delle minacce, in modo da spaventare i cattivi”.

Alle pretese di USA e lacchè vari di “dare un avvertimento a Mosca”, dal Cremlino si è risposto: in via discorsiva e di fatto. Il presidente della Commissione difesa del Consiglio federale, Konstantin Kasačëv, ha detto che gli USA confondono i confini dei propri interessi coi confini mondiali. Ciò trascende il decoro e viene attuato da un paese che, nel tempo, ha guadagnato forza e crede che la verità stia nella forza”. Un paese, ha detto ancora Kasačëv, “che divide in classi la sicurezza collettiva: come sugli aerei di linea, dove in prima classe siedono solo i prescelti, nella business quelli che possono pagare e tutti gli altri in classe economica. La Nato è la prima classe; la business sono i paesi “leali” e tutti gli altri si arrangino come credono”.

Più prosaicamente, il Ministro della difesa russo, Sergej Šojgù, ha dichiarato che verranno adottate “adeguate misure tecnico-militari, con l’obiettivo di contrastare l’accrescimento delle forze Nato nelle immediate vicinanze dei confini russi” e, in risposta all’annuncio del dislocamento di ulteriori 4 battaglioni Nato in Polonia e nei Paesi baltici e all’arrivo di caccia F-22 in vari paesi dell’Europa orientale, ha annunciato per fine anno la formazione di tre nuove divisioni, ognuna forte di circa 10.000 uomini, da contrapporre alla Nato: due nella regione militare occidentale (Smolensk e Voronež) e una in quella meridionale (Rostov sul Don).

Direttamente dagli Stati Uniti, la rivista militare The National Interest scrive della prevista entrata in servizio nelle forze armate russe del sistema missilistico ZRK S-500 che, alla velocità di 7 km al secondo, sarebbe in grado di neutralizzare obiettivi a 200 km di altezza e distruggere fino a 10 missili balistici nemici contemporaneamente a oltre 640 km di distanza. Nel frattempo, si sta sperimentando il sistema missilistico semovente S-350 “Vitjaz”, capace, con 32 razzi, di neutralizzare 16 obiettivi contemporaneamente a 120 km di distanza e a un’altezza di 30 km. Secondo gli esperti di National Interest, i nuovi sistemi razzi russi sarebbero in grado di individuare anche i caccia USA cosiddetti “invisibili” F-22, F-35 e B-2.

L’esperto militare Andrej Koškin ha dichiarato a Pravda.ru che la Russia è oggi “in grado di dislocare sul proprio territorio armamenti  in grado di contrastare questo assalto” della Nato; “abbiamo mostrato al mondo, in particolare in Siria, che disponiamo di armi moderne e attrezzature militari, insieme a ottimi professionisti capaci di adoperarle”.

Alla fin fine, a Mosca hanno deciso di dimostrare, alla maniera lucreziana, il proprio punto di vista a “quanti, con la loro dottrina, scuotono le mura del mondo”.

Fabrizio Poggi

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