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Francia: ferme le centrali nucleari, nonostante le “aperture” di Valls

Di fronte al montare della protesta e alla scesa in campo in maniera determinata di alcuni settori sindacali più combattivi, il premier francese Manuel Valls ha nelle ultime ore tentato di accreditare presso i mezzi di informazione la possibilità di “apportare alcune modifiche, dei miglioramenti” alla legge di cui il movimento di contestazione continua comunque a chiedere il completo ritiro. “Non è possibile ritirare la riforma – definita dal Commissario Europeo Pierre Moscovici come ‘indispensabile’ – ma possiamo comunque migliorarla” ha detto il primo ministro. Il governo teme che i sindacati e le proteste giovanili riescano a paralizzare il paese scatenando le rimostranze degli imprenditori e di alcuni settori penalizzati dai blocchi, e soprattutto il boicottaggio degli Europei di calcio la cui apertura è prevista il 10 giugno, proprio nel mezzo dell’esame della Loi Travail da parte del Senato di Parigi. Ma se da una parte Valls ha cercato di disinnescare la protesta parlando genericamente di ‘aperture’ alle rivendicazioni dei contestatori, il premier ha poi smentito il suo ministro delle Finanze, Michel Sapin, e il capogruppo socialista all’Assemblea Nazionale Le Roux che avevano parlato della possibilità di modificare l’articolo 2 del Jobs Act francese, quello che sancisce la prevalenza degli accordi aziendali su quelli nazionali di categoria. “Il cuore della riforma”, ha chiarito il primo ministro socialista, “non si tocca”.

Gioco delle parti o contraddizioni interne al partito di governo? E’ presto per capirlo, fatto sta che l’amo è stato lanciato verso Force Ouvriere, sindacato più moderato della Cgt, dopo aver incassato un si, per quanto critico, della confederazione Cfdt. Il segretario di FO ha infatti già proposto al governo di riscrivere l’articolo 2 venendo incontro alle richieste dei lavoratori oppure di cancellarlo rinviando la regolazione della materia ad una contrattazione specifica tra Medef (la Confindustria) e i sindacati.

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Oggi si sta svolgendo l’ottava giornata di mobilitazione generale e di sciopero nazionale – ma non sciopero generale, come invece chiesto dalle correnti sindacali, sociali e politiche più radicali – indetta da sei diverse associazioni dei lavoratori da quando è scattata la protesta, il 31 marzo, contro la legge che precarizza e rende ancora più flessibile i contratti di lavoro e facilita i licenziamenti.

Nel pomeriggio di oggi si sono svolte grandi manifestazioni a Parigi ed in altre città dell’esagono. I primi scontri fra dimostranti e reparti antisommossa della polizia sono stati registrati a Parigi durante la manifestazione che ha sfilato da Place de la Bastille e che ha visto la partecipazione di circa 100 mila persone: i poliziotti hanno caricato i manifestanti. Almeno trenta persone sono state arrestate dopo che una parte dei dimostranti ha deviato dal percorso seguito dal corteo. Dopo gli scontri e gli arresti, lo spezzone composto da correnti radicali è tornato sul percorso iniziale.
A Bordeaux un centinaio di dimostranti ha attaccato una stazione di polizia, scagliando oggetti contro l’edificio e scontrandosi con gli agenti che hanno usato i lacrimogeni. A Le Havre circa 3.600 lavoratori portuali sono stati accolti con un applauso mentre marciavano nella piazza principale dove migliaia di persone manifestavano da alcune ore.
Nel sud della Francia, un automobilista ha ferito gravemente un militante della CGT forzando un blocco davanti alle raffinerie di Fos-sur-Mer. Scaramucce tra polizia e dimostranti ad Amiens e a Rennes; manifestazioni si sono svolte anche a Tolosa, Clermont-Ferrand, Saint-Nazaire, Rouen, Lione, Limoges, Poitiers, Strasburgo, Marsiglia, Caen.

lehavreContinuano intanto i blocchi ad alcune delle raffinerie e dei depositi di carburante, ad alcuni grandi cantieri edilizi, ad alcuni importanti snodi della logistica, ai porti e ad altri centri nevralgici dell’economia e dei trasporti. Anche se ieri la polizia ha attaccato e rimosso con la violenza i blocchi e le occupazioni a due raffinerie e a 11 depositi di carburante, molte pompe di benzina sono ancora a secco e una parte dei convogli ferroviari sono fermi. Dal lavoro si stanno astenendo anche i dipendenti delle 19 centrali nucleari francesi, che producono i tre quarti dell’elettricità totale, anche se i sindacati hanno garantito il mantenimento di una fornitura sufficiente ad evitare i black-out verificatisi nei giorni scorsi a causa della protesta dei lavoratori dell’energia.
Nelle città francesi si sono moltiplicati i picchetti che, tra le altre cose, hanno bloccato uno dei ponti principali sulla Senna nella capitale e un tunnel a Marsiglia.

Oggi non sono usciti nelle edicole neanche i quotidiani, la cui pubblicazione è stata bloccata dai lavoratori – tranne che nel caso de l’Humanitè – perché i giornali si sono rifiutati di pubblicare un intervento di Philippe Martinez, il segretario del sindacato Cgt, sigla che il governo sta tentando di criminalizzare e isolare all’interno di un’opinione pubblica stanca delle file ai distributori ma tuttora tendenzialmente critica nei confronti della Loi El Khomri.

Intanto alcuni settori del Partito Socialista e soprattutto i partiti di destra attaccano il governo, accusato di scarsa fermezza e di incapacità, e invocano la precettazione dei lavoratori in sciopero, misura già adottata nel 2010 quando nel mirino della protesta c’era la controriforma delle pensioni. Le Camere di commercio e la Federazione delle imprese delle costruzioni hanno già chiesto al Governo di intervenire «urgentemente per smantellare i blocchi». Da parte sua Patrick Pouyanné, presidente del gruppo Total – al quale appartengono sei delle otto raffinerie e che sta perdendo 45 milioni a settimana – ha minacciato nei giorni scorsi un taglio degli investimenti previsti in Francia nei prossimi anni. Un invito più che esplicito, nei confronti di Hollande e Valls, a usare la mano ancora più dura contro le proteste dei giovani e dei lavoratori.

Marco Santopadre

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