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Francia. L’epidemia accelera, nuovo lockdown per la regione di Parigi

L’epidemia dovuta al Covid-19 è in una fase di accelerazione nell’Ile-de-France, la regione di Parigi e centro economico della Francia. Dopo esser stata per diversi giorni sul tavolo del governo, l’ipotesi di un nuovo lockdown – seppur limitato al fine settimana – si è concretizzata nell’annuncio fatto ieri sera dal Primo Ministro Jean Castex durante la consueta conferenza stampa settimanale sulla crisi sanitaria per il Covid-19.

A partire da sabato e per una durata di quattro settimane, nelle regioni Ile-de-France, Hauts-de-France, Eure, Seine-Maritime e Alpes-Maritimes sarà in vigore un lockdown con l’obiettivo di frenare quella che – finalmente! – è stata riconosciuta come una “terza ondata” della pandemia.

La crescita dei contagi in queste regioni è, secondo il Premier Castex, da attribuire in particolar modo alla cosiddetta variante inglese, la quale ha cominciato a diffondersi largamente già a gennaio, fino ad esser riscontrata in quasi i tre quarti dei casi registrati nell’ultima settimana.

Scommessa” persa per il Presidente Emmanuel Manuel il quale, con queste parole, si era espresso a fine gennaio per scongiurare un terzo confinamento. I termini da gioco d’azzardo ben descrivono la gestione fallimentare da parte del governo, che ha giocato con la salute e la vita di migliaia di persone.

Di fronte all’ormai annunciata sconfitta, qualche giorno fa lo stesso Macron ha fatto lacrime da coccodrillo, proprio mentre si faceva più concreta la possibilità di ulteriori restrizioni, in particolare nel fine settimana: nell’Ile-de-France, “non possiamo chiudere le persone dal venerdì sera alla domenica sera, è una vita impossibile”.

La “vita impossibile” è quella fatta di precarizzazione generalizzata, povertà diffusa, disoccupazione di massa, in cui si è costretti a scegliere tra il reddito e la salute, in cui i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri… “n’importe pas si quelq’un meurt”, per dirla alla francese.

Nel prossimo mese, nelle regioni in cui saranno valide le misure di lockdown, scuole elementari e medie continueranno a restare aperte, le aule dei licei accoglieranno soltanto metà degli studenti in presenza, mentre le università manterranno la didattica a distanza e nulla più, nonostante le rivendicazioni da parte degli studenti di forme di sostegno economico e materiale per fronteggiare la crisi sanitaria e sociale.

La deriva autoritaria e repressiva nella gestione della pandemia vedrà ancora una volta un dispiegamento massiccio di forze dell’ordine per sorvegliare e punire qualsiasi “violazione” delle misure predisposte.

Il governo continua ad ignorare le richieste di maggiori letti negli ospedali e risorse aggiuntive per la sanità pubblica, preferendo ricorrere ai controlli a tappeto della polizia, non senza i soliti e consueti abusi e le violenze sistematiche. “Verranno date severe istruzioni ai prefetti per impedire la frequentazione di certi spazi pubblici”, ha rimarcato Jean Castex.

Nei giorni precedenti alla conferenza stampa di Castex, a far suonare forte il campanello d’allarme è stato Martin Hirsch, direttore dell’Assistance Publique-Hôpitaux de Paris (AP-HP), in un’intervista a RTL France: “Il virus non è sotto controllo, il tasso di incidenza è superiore a 400. Ci sono tanti pazienti in terapia intensiva oggi quanti ce n’erano all’apice della seconda ondata. Siamo in una fase di accelerazione”.

Uno degli indicatori che Jean Castex aveva dichiarato di tenere in considerazione per l’adozione di misure restrittive più “dure” rispetto al coprifuoco alle 18:00 – valido sull’intero territorio nazionale dallo scorso 16 gennaio e che da sabato verrà posticipato alle 19:00 – è quello del tasso di incidenza dell’epidemia, ovvero il numero di persone (espresso su 100.000 abitanti) che nell’ultima settimana sono risultate positive ad un test PCR o antigenico per la prima volta in più di 60 giorni.

Intervistato da Samuel Étienne su Twitch domenica scorsa, il Premier Castex ha fissato esplicitamente il criterio che il governo ha adottato e intende utilizzare nelle prossime settimane: “Abbiamo introdotto [il confinamento nel fine settimana, ndr] in questi dipartimenti, quando il tasso d’incidenza era di 400 per 100.000 abitanti”; nell’Ile-de-France “è ancora sotto” e “non possiamo prendere le stesse misure”, ha aggiunto.

Ma i dati forniti dalla Santé publique France e aggiornati a domenica 14 marzo, già evidenziavano che in quasi tutti i dipartimenti dell’Ile-de-France il tasso di incidenza era superiore alla soglia fissata dallo stesso Castex: Parigi (396,3,8), Val-de-Marne (475,8), Seine-Saint-Denis (509), Hauts-de-Seine (356,2), Yvelines (326,4), Val-d’Oise (498,8), Essonne (427,2), Seine-et-Marne (451,2). Nel complesso, il tasso di incidenza è pari a 418,9 nell’intera Ile-de-France.

La pandemia colpisce ancor più duramente le strutture ospedaliere, dove si vive un’emergenza perenne e continuativa dalla prima ondata dello scorso anno, poiché le promesse del ministro della Salute Olivier Véran su un potenziamento dell’effettivo medico-sanitario e un ampliamento dei reparti di terapia intensiva non si sono mai concretizzate. Neanche un minimo segnale di inversione di rotta rispetto alla rovinosa traiettoria segnata dalle politiche di austerità sociale, privatizzazione e smantellamento dello Stato sociale, inclusa la sanità pubblica.

Ma le vane promesse – o colpevoli menzogne – del governo si scontrano poi con la realtà effettiva delle migliaia di persone che lottano tra la vita e la morte in terapia intensiva. Lunedì (15 marzo), nella regione Ile-de-France è stata superata una soglia tanto simbolica quanto drammatica: attualmente sono ricoverati per Covid-19 in unità di terapia intensiva più pazienti che durante il picco della seconda ondata lo scorso novembre: 1.166 rispetto ai 1.138 del 12 novembre. Numeri che non si registravano dal 9 maggio 2020, poco prima del primo lockdown quando la tendenza era però in calo.

Alcuni pazienti sono stati trasferiti dall’Ile-de-France ad altre regioni per cercare di alleviare la pressione negli ospedali, ma in numero decisamente inferiore a quanto necessario per raggiungere l’obiettivo per due motivi: le strutture ospedaliere di altre regioni si trovano ad affrontare una pressione simile, in molti casi ridotta ma con un effettivo medico più ristretto.

Inoltre, i TGV sanitari, progettati per trasportare circa 20 pazienti, non sono ancora stati utilizzati e questo perché un numero esiguo di pazienti in terapia intensiva è abbastanza stabile per essere trasportato. Piuttosto che incrementare le risorse e i mezzi per la sanità pubblica a livello regionale, il governo preferisce agire per ridurre le statistiche di alcuni dipartimenti.

Sempre secondo Martin Hirsch, direttore dell’Assistance Publique-Hôpitaux de Paris (AP-HP), la tensione è già massima: “Alla fine di marzo, pensiamo, senza che la tendenza acceleri o rallenti – e non rallenterà – di avere tra 1.700 e 2.100 pazienti” nei servizi di rianimazione dell’Ile-de-France.

Ma nonostante i numerosi messaggi d’allarme, i progetti di “ristrutturazione ospedaliera” (leggasi eliminazione dei posti letto e taglio del personale) sono stati mantenuti e altri sono ancora all’ordine del giorno.

La situazione ha ovviamente una ricaduta anche per gli altri pazienti. La settimana scorsa il direttore dell’Agenzia Regionale di Sanità (ARS) dell’Ile-de-France, Aurélien Rousseau, ha mandato una “direttiva decisa” agli stabilimenti pubblici e privati di deprogrammare il 40% delle loro attività, per passare da 1.050 a 1.577 letti di terapia intensiva disponibili per i pazienti Covid-19.

L’evoluzione del numero di contagi si riflette con alcune settimane di ritardo sui ricoveri e quindi sui numeri relativi alle terapie intensive. Il contesto sanitario rischia di continuare a peggiore nel breve termine perché, come evidenzia Martin Hirsch, “qualsiasi misura annunciata oggi o domani non avrà alcun impatto che entro 15 giorni”.

Per questo motivo, in un parere inviato all’esecutivo l’11 marzo – consultato da Le Monde prima della sua pubblicazione – il Consiglio scientifico evidenzia la necessità di una risposta “anticipata, regionale, adattata e mirata” alla crisi sanitaria.

Basandosi su modelli di evoluzione dell’epidemia sotto l’effetto della vaccinazione, i ricercatori dell’Istituto Pasteur hanno rilevato che l’effetto positivo della campagna di vaccinazione sarà “probabilmente insufficiente per evitare un aumento significativo dei ricoveri” che potrebbero continuare ad aumentare fino alla fine di maggio, superando il livello delle ondate precedenti se le misure di restrizione non dovessero cambiare.

Nel frattempo, durante un’audizione in una commissione all’Assemblée Nationale, il Primo Ministro Jean Castex ha annunciato che il governo intenderebbe prolungare anche oltre il 1° giugno lo “stato d’emergenza sanitaria”, il quadro normativo creato ad hoc per gestire la crisi sanitaria e che è stato rinnovato a più riprese dallo scorso 17 ottobre, quando era stato reintrodotto per fronteggiare la seconda ondata.

Ancora una volta il governo francese ha aspettato che la situazione sanitaria fosse oltre il limite del catastrofico e che gli ospedali arrivassero al pieno collasso per agire. Nessuna strategia di prevenzione è stata mai minimamente delineata, preferendo misure pro-padronali – con il plauso costante del MEDEF, la Confindustria francese – come il coprifuoco alle 18:00: “lavora, consuma, stai zitto”.

Non si può scaricare la colpa su una variante di Covid-19, far finta di nulla quando si lascia decidere alle multinazionali di Big Pharma tempi e modalità per la fornitura dei vaccini, oppure quando ci si fa consigliare dagli avvoltoi di McKinsey: “per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti”.

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