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Navi Nato nel mar Nero e flotta USA nel Mediterraneo

Si discute in questi giorni in Russia delle dichiarazioni del premier bulgaro Bojko Borisov di non voler coinvolgere il proprio paese nella progettata flottiglia permanente Nato nel mar Nero. “Ho sempre detto” ha dichiarato Borisov, “di voler vedere nel mar Nero pescherecci, yacht, navi da crociera, turisti sulle spiagge e non fregate militari… Non ho bisogno di una guerra nel mar Nero”.

Ufficialmente, la proposta iniziale di tale flottiglia sarebbe venuta da Romania e Turchia, insieme proprio alla Bulgaria e pare che Bucarest ne proporrà la creazione al prossimo vertice Nato del 8-9 luglio a Varsavia, “invitando” a partecipare al progetto Germania, Italia, Turchia e USA. Non poteva mancare Petro Poroshenko, che ha già annunciato la volontà dell’Ucraina di unirsi alla compagnia. Improvvisamente, però, Sofia, annuncia la propria volontà di non partecipare al piano: “Posso dichiarare categoricamente che rifiutiamo il gruppo navale, nella forma in cui è stato proposto”, ha detto Borisov. Pur se non è chiaro se Sofia respinga solo la forma del progetto, fatto sta che alle dichiarazioni di Borisov si sono aggiunte anche quelle del Presidente bulgaro Rosen Plevneliev e del Ministro della difesa Nikolaj Nenčev. Il rifiuto non sarebbe dettato da particolari simpatie filorusse, nota il commentatore di RIA Novosti, Mikhail Šejnkman: Sofia ha a suo tempo rifiutato il transito del South Stream; la Bulgaria è uno dei sei paesi dell’Europa orientale che ospitano Centri di comando della Nato; ha chiuso il proprio spazio aereo al transito dei caccia russi verso la Siria. Semplicemente, disturba l’élite bulgara vedersi rovinare il turismo nel mar Nero dalla presenza di navi da guerra in funzione “antirussa” volute da Ankara, Bucarest e dai loro partner (ancora non ufficialmente membri Nato) di Ucraina e Georgia. Sofia non prende le parti della Russia, nota Šejnkman: vuole semplicemente tenersi da parte. D’altronde, nota l’osservatore militare del canale Zvezda, Mikhail Khodarenok, la Bulgaria starebbe molto più semplicemente “facendo la volpe”, senza avere alcuna intenzione di togliere il proprio appoggio al progetto Nato: “Non esiste alcuna opinione differente da parte della leadership politica e militare bulgara; essi agiscono sempre secondo gli ordini di Washington e di Bruxelles”, afferma Khodarenok.

In ogni caso, appena fuori lo stretto dei Dardanelli e il mar di Marmara, si fa ogni giorno più attiva la presenza della VI flotta americana, che controlla l’intero bacino del Mediterraneo e i paesi che vi si affacciano e da cui solo poche miglia la separano proprio dal mar Nero. Al momento, nota l’esperto militare di Zvezda, Viktor Sokirko, l’attenzione principale del comando USA è rivolta soprattutto a Siria, Libano, in seconda battuta Cipro, Israele e Turchia; ma l’obiettivo principale rimane comunque la flotta russa, la cui presenza nel Mediterraneo si è fatta significativamente più consistente. L’ingresso in queste acque della portaerei “Dwight Eisenhower”, in sostituzione della “Harry Truman” che deve rientrare in USA a fine giugno, nota Sokirko, testimonia che la politica delle portaerei, che mise a ferro e fuoco la Libia nel 1986 e poi nel 2011, è lungi dall’essere terminata e agisce indipendentemente dalle squadre navali anche degli “alleati”. Tuttora quando vascelli di paesi europei sono impegnati nella scoperta di sei navi, partite da porti turchi con carichi d’armi destinate allo Stato islamico, la flotta USA semplicemente va per la sua strada, ignorando tale operazione. E’ la tattica standard degli USA, scrive il Direttore del Centro di analisi strategica Ruslan Pukhov: “determinare tutte le condizioni di un conflitto nella regione e presentarsi poi in qualità di pacificatore. Ora è la volta della Siria. Ma cacciatorpediniere e portaerei servono anche a “convincere” gli alleati riluttanti”.

In questo quadro, la Russia comincia a recuperare alcune posizioni. E’ così che fanno la loro apparizione nel bacino del Mediterraneo l’incrociatore atomico lanciamissili “Pietro il Grande” e l’incrociatore pesante portaerei “Ammiraglio Kuznetsov”; altro naviglio delle flotte del mar Nero, del Baltico e del mar del Nord sono pronti ad affiancarli. D’altronde, osserva Sokirko, “abbiamo anche basi più vicine, a partire da Sebastopoli e Novorossijsk, fino a Tartus; e fuoco di copertura può essere offerto dai sistemi “Kalibr” delle coste del Caspio e del mar Nero, così che la “Eisenhower” potrebbe essere liquidata in dieci minuti”. Inoltre, con la potenza di fuoco dei moderni vascelli, “si può dire tranquillamente che il dominio delle portaerei, in qualunque mare, sia oggi definitivamente tramontato. Si possono mostrare i  muscoli di fronte a un avversario debole; ma non è questo il caso. Nella contrapposizione nel Mediterraneo, difficilmente gli americani possono giocare a fare il gorilla, che si colpisce il petto con le zampe per spaventare l’avversario. Noi, di solito, colpiamo subito un altro punto: direttamente il nemico”. Più chiaro di così.

 

Fabrizio Poggi

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